HomeVangelo del Giornodon Antonello Iapicca - Vangelo del giorno - 8 Gennaio 2024

don Antonello Iapicca – Vangelo del giorno – 8 Gennaio 2024

Commento al brano del Vangelo di: Mc 1, 14-20

L’incontro con il Signore trasforma radicalmente il nostro cuore, lo libera trasfigurando il lavoro, e ogni opera delle nostre mani, in un fecondo dono d’amore. Non si pesca più per sfamarsi, ma si diviene esche d’amore per salvare gli uomini dalla morte annunciando il Vangelo.

IL VANGELO CI PESCA DALLA RETE DELLA ROUTINE GRIGIA DI INCOMPIUTEZZA PER FARCI APOSTOLI CHE GETTANO SE STESSI NELL’AMORE CHE PESCA GLI UOMINI DALLA MORTE 

Spesso soffriamo perché vorremmo comprendere a che cosa il Signore ci stia chiamando ma non vediamo nulla. Inseguiamo una luce sulla volontà di Dio, immaginandoci sposati, presbiteri, suore, e soffriamo, uggiosi ai margini delle giornate, perché stentiamo a comprendere i segni che Dio vi depone.

Il punto è che sbagliamo criterio. Non siamo noi che dobbiamo capire cosa dobbiamo fare, perché la chiamata del Signore giunge a noi come il frutto di qualcosa che è già compiuto. Ci attrae con amore e misericordia in un disegno che, in Lui, ha già visto la pienezza: “il tempo è compiuto” e Lui è qui, oggi, ci guarda, ci fissa, mira al cuore e scocca la freccia.

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E’ una parola che infiamma, illumina e libera. “Venite dietro di me e vi farò diventare pescatori di uomini”: la volontà di Dio è seguire Gesù obbedendo alla sua Parola oggi, e ogni istante, fonte di pienezza e fecondità per la nostra vita. L’incontro con il Signore ha il potere di trasformare radicalmente il cuore, lo libera trasfigurando l’essere pescatori di Giovanni e Giacomo, di Simone ed Andrea.

Trasforma il loro lavoro, l’opera delle loro mani, in un fecondo dono d’amore, capace di portare gli uomini in salvo annunciando il Vangelo. Non si tratterà più di pescare per sfamarsi, ma di farsi pescare per sfamare, divenendo il pesce che Gesù saprà moltiplicare per essere donato alle moltitudini.

Non a caso nei primi secoli nelle ca­tacombe romane uno dei primi simboli di Cristo fu il pesce, probabilmente pensato da un cristiano di Alessandria che compose l’acrostico Icthys, che in greco significa pesce, dalla frase Iesus Christos Théou Uios Soter, ov­vero Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore. Il pesce, inoltre, è simbolo dell’Eucarestia, del Signore che si offre ai fedeli come alimento.

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L’anziano Abercio, presbitero o forse ve­scovo di Hierapolis di Fri­gia, alla fine del II secolo ha lasciato la sua testimonianza su un cippo funerario scoperto ad Hamman’in Turchia: «Io, Abercio, visitai tutte le metropoli della Siria, persino Nisbi oltre l’Eufrate, e dappertutto trovai dei fratelli… Era la fede a guidarmi e a propormi ogni vol­ta come cibo un pesce che veniva da una fonte viva, immenso, puro, concepi­to da una casta vergine».

A poco a poco i pesciolini divennero an­che simbolo dei cristiani, come scrissero Tertulliano, “Ma noi piccoli pesci nasciamo nell’acqua”, e Ambrogio, “Ti è stato riservato che le acque ti rigeneri­no con la grazia, come es­se hanno generato gli al­tri esseri viventi alla vita terrestre. Imita questo pe­sce”.

La volontà di Dio per noi, concretissima, è seguire la via del Signore che “passa sul mare” mentre le “sue orme rimangono invisibili” (cfr. Sal 76) perché sommerse dalla morte alla quale si è consegnato per “pescare” gli uomini che gli appartengono. Il prossimo ci attende per riconoscere in noi Cristo che prende il peccato e perdona. In famiglia e al lavoro, in ogni relazione, ci attende un mare dove gettare la nostra vita come una rete, maglie fitte di misericordia, pazienza, tenerezza, verità e parresia, perché nessuno sfugga all’amore di Dio.

Pescatori di uomini essendo quello che siamo, studenti, impiegati, o quello che sia, senza dover inseguire fantasie, sogni o desideri di riscatto in chissà quale nuova occupazione. Il riscatto e il valore della nostra vita emerge a partire da ciò che siamo, dalle nostre reti, dalla barca, da nostro padre.

“Lasciare tutto e seguire Gesù” significa consegnargli la nostra vita oggi, perché operi in essa quello che da sempre ha pensato. Significa lasciarsi attrarre nel “tempo compiuto”, nella radicale novità del Vangelo, nell’amore di Gesù che tutto trasfigura. E’ questa la sua volontà fondamentale: accedere alla libertà di figli per essere trasformati in puro amore.

Sito web di don Antonello

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