don Andrea Vena – Commento al Vangelo di mercoledì 1 Novembre 2023

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Il 1° novembre si celebra la solennità di tutti i Santi. Non si tratta di persone più o meno «migliori» degli altri, ma di loro  si dice che sono «beati»; così infatti li definisce Gesù nel vangelo delle beatitudini che la liturgia ci presenta: «Beati».  Nell’indicare l’orizzonte delle beatitudini Gesù segnala che questo orizzonte di vita è una bella vita, è una vita che merita di essere vissuta. Poveri, miti, operatori di pace, misericordiosi, affamati di giustizia… Non sono persone migliori o più  felici delle altre: anche per loro la vita non ha fatto sconti! Anche loro hanno incontrato fatiche, fragilità, tempi difficili… ma sono «beati» perché hanno accolto esperienza della normalità del vivere e vi hanno riconosciuto la presenza di Dio. 

«Beati» quindi, non perché poveri, miti o altro, ma perché in compagnia del Signore Gesù che li ha aiutati a trasformare  la vita. Non ha tolto loro la fatica e la sofferenza, come un tempo non tolse la povertà: «I poveri li avete sempre con voi»  (Mc 14,7). Il Signore Gesù non è venuto a togliere la «croce», ma ad aiutarci a prenderla sulle spalle sapendo che Lui la  porta con noi. In questo, modo mentre gli uomini e le donne di oggi e di ieri spesso si accontentano di cercare felicità e  speranze umane, Gesù ci invita ad alzare lo sguardo. 

v. 1: «Beati»: è un invito alla felicità, alla pienezza di vita, a comprendere che solo Gesù può dare tale pienezza: «Se  chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà» (Gv 16,23). «Beati», quindi, perché amati, ascoltati… perché «benedetti»: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi…» (Mt 25,34). Un  concetto che si fa esperienza di gioia, pur intrisa da prove e sofferenze.

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Ma è gioia perché «stai bene», perché sai e senti  che Dio è con te: «Io sono il Signore tuo Dio, che ti tengo per la destra e di dico: “non temere, io ti vengo in aiuto”» (Is  43,13). E non è un’esperienza di pochi eletti: «Vidi: ecco, una moltitudine immensa che nessuno poteva contare… E  gridavano a gran voce: “La salvezza appartiene al nostro Dio, seduto sul trono, e all’Agnello» (Ap 7, I lettura). O,  come recita il prefazio (la preghiera prima del canto del Santo), «La città santa, la Gerusalemme del cielo che è nostra  madre, dove l’assemblea festosa dei nostri fratelli glorifica in eterno il tuo nome…». A partire da questa chiave sarà allora  possibile declinare le singole beatitudini.  

«Poveri nello spirito», ossia nel cuore: con umiltà si tratta di imparare ad attendere cosa Dio ti riserva. Essere nel pianto è la certezza che Dio, il consolatore, asciuga ogni lacrima (cfr Sal 56,9) nell’attesa del giorno in cui  «Dio tergerà ogni lacrima» (Ap 7,17).  

Essere miti significa vivere su questa terra senza prepotenza o violenza, senza rinchiudersi nell’unica «mia» certezza,  ma accogliendo e coinvolgendo anche gli altri; aver fame e sete di giustizia significa non accettare la legge della forza ma farsi forti perché tutti possano vivere bene.  Essere misericordiosi perché Dio ci ha amato del suo amore misericordioso e alla fine ci ricolmerà. Essere puri di cuore significa vedere gli altri e il creato con gli occhi di Dio, gli occhi del cuore: «Dio illumini gli occhi del  vostro cuore per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i  santi» (Ef 1,18). È la gioia di capire che l’altro è dono di Dio e io l’accetto come dono, non come desiderio di possesso. 

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La solennità dei santi non è qualcosa che riguarda il futuro, ma riguarda noi oggi: «Vedete quale grande amore ci ha  dato il Padre per essere chiamati figli Dio, e lo siamo realmente» (1Gv 3, II lettura). Con il battesimo tutti già parteci piamo di questa gioia, di questa santità, di questa festa: dobbiamo solo rendercene conto! Noi siamo abituati a pensare  solo ai santi del cielo, e facciamo bene, perché sono «amici» che ci aiutano e intercedono per noi. Ormai potremmo dire che loro dal cielo fanno il tifo per noi, affinché ciascuno raggiunga quella pienezza di gioia che il cuore desidera.

Tutti,  come ci ha ricordato la prima lettura, «abbiamo ricevuto impresso il dono dello spirito» (I lettura). Per semplificare il  concetto, potremmo dire che tutti portiamo il cognome di Dio (cfr papa Francesco), radice della nostra santità. Questo  cammino brilla in tutta la sua pienezza nel Signore Gesù, il Figlio di Dio, e di riflesso in quanti lo hanno seguito cercando  di valorizzare i talenti ricevuti, i santi appunto. In ciascuno di loro si è reso presente Cristo e loro hanno permesso che  Cristo regnasse in loro, brillasse in loro.

Ma ora tocca a noi prolungare nel tempo questa testimonianza di luce, certi di  trovare in Gesù stesso e negli Amici che ci hanno preceduto l’aiuto e la forza. Tenere fisso lo sguardo al cielo non ci estranea, non ci allontana, ma ci aiuta a immergersi ancor di più nel nostro presente per portare qui ed ora schegge di  cielo, di luce, di speranza, di amore. Riprendo il testo del prefazio: «Verso la patria comune, noi pellegrini sulla terra,  sorretti dalla fede, affrettiamo il cammino, lieti per la sorte gloriosa di questi membri eletti della Chiesa, che nella nostra  debolezza ci doni come sostegno e modello di vita».

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Mt 5, 1-12a | don Andrea Vena 73 kb 2 downloads

Solennità di tutti i Santi (1° novembre) Ap 7,2-4.9-14 Sal 23 1Gv 3,1-3 Mt 5,1-12a…

Per gentile concessione di don Andrea Vena. Canale YouTube.