don Andrea Vena – Commento al Vangelo di domenica 5 Novembre 2023

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Ci prepariamo alla 31esima domenica e così a piccoli passi ci stiamo avvicinando alla 34esima, ultima domenica del  tempo ordinario, nella quale contempleremo Gesù, Re dell’Universo. Come ho già avuto modo di dire, l’Anno Liturgico  è la nostra vita in miniatura, la vita «in scala»: in esso vediamo lo svolgersi dell’intera nostra esistenza. Un pellegrinaggio  – quello della vita – tutto orientato all’incontro con il Signore Dio, il Vivente e oggi Re dell’Universo.

Lungo questo cammino il Signore ci accompagna e attraverso la Liturgia ci educa, ci forgia, ci corregge per arrivare preparati a questo  Atto Ultimo della vita. Se perdiamo di vista questo orizzonte, molte proposte del Signore non le comprenderemo, ma  se teniamo fisso lo sguardo alla Meta, allora capiremo che ogni tassello è finalizzato a farci trovare pronti, con le lampade accese (cfr Mt 25,25ss). Le guide servono a questo: valeva per gli scribi e i farisei del tempo di Gesù (vedi vangelo)  e, attualizzando, vale per i sacerdoti oggi; e poi vale per tutti: genitori, educatori, maestri, allenatori, padrini… perché  ciascuno è in fondo «guida» per chi incontra lungo il cammino della vita. Non ci salviamo da soli, ma insieme. E oggi la  Liturgia ci offre proprio una riflessione su questo dono e questa responsabilità.  

Il testo della prima lettura, tratta dal profeta Malachia, richiama le guide del popolo alla loro responsabilità: non basta  avere il titolo, se poi non si assolve al dovere: «Avete deviato dalla retta via e siete stati d’inciampo a molti con il  vostro insegnamento… Perciò anche io vi ho reso spregevoli e abietti davanti a tutto il popolo, perché non avete  seguito le mie vie… avete usato parzialità nel vostro insegnamento…». Il testo è particolarmente duro, ma dettato da  una convinzione profonda: «Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due?…» (cfr Lc 6,39). Si  comprendono così le parole del salmo che segue la prima lettura: una supplica consapevole e dolce, un atto di abbandono nelle mani di Dio, perché il cuore non monti in superbia: «Signore, non si esalta il mio cuore… non vado cercando  cose grandi… Resto quieto e sereno: come un bimbo in braccio a sua madre…». Per questo un vero maestro, una vera guida  è proprio colui che resta saldo nel Signore, come il tralcio alla vite (cfr Gv 15,1-8).  

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vv. 1-7: «Gesù si rivolse alla folla dicendo: “Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e os servate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti  fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con  un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si  compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di  essere chiamati “rabbì” dalla gente».  

In queste domeniche abbiamo meditato su alcune diatribe tra Gesù e i farisei-sacerdoti e che il brano odierno sembra  riassumere. La parabola dei due figli, dei quali il primo dice no ma poi va, il secondo dice si, ma poi non va (Mt 21,28-32,  XXVI domenica) sembra riflettere l’espressione odierna «dicono e non fanno»: è l’espressione di una mancata relazione  autentica tra padre e figlio e quindi tra Dio che chiama il figlio, gli affida il compito e lo invia ad agire, e il figlio che  accetta a parole ma poi non fa. Segue poi l’accusa di Gesù per la stortura nelle relazioni con gli altri: ripensiamo agli  operai della vigna chiamati a varie ore del giorno: i primi sono arrabbiati perché gli ultimi hanno ricevuto come loro lo  stesso salario.

Anziché guardare alla gioia di stare col Padre, guardano al profitto (XXV domenica, Mt 20,16), fatto che  ritroviamo condannato nelle parole odierne di Gesù: «costringono a fare ciò che neanche loro fanno». Una terza e forse  la più pesante accusa, va al cuore di tutte le storture, ossia ritenersi padroni quando si è solo affidatari: si pensi alla  parabola della vigna dove il padrone anziché ricevere i frutti del raccolto si ritrova servi e Figlio uccisi, perché i servi si  sono illusi di impossessarsi della vigna e mostrarsi «padroni-migliori di altri» (XXVII domenica, Mt 21,33-43). Condotta  che possiamo vedere riflessa nelle odierne parole di Gesù: «Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente».  Dall’insieme dei testi comprendiamo che c’è la «Cattedra di Mosè», ossia c’è un qualcuno che è chiamato ad assolvere a  un compito a favore del popolo. Un servizio per ricordare quanto Dio ha compiuto lungo la storia per liberare il popolo  dalla schiavitù, e per indicare la via per custodire questa memoria continuando a vivere in un cammino di libertà. Ma chi è stato chiamato a questo servizio e ha accettato di assolvere a questo compito, ha tradito. La denuncia è chiara. Dicono  ma non fanno, legano fardelli inutili a tal punto da svuotare la Legge di Mosè con le loro stesse prescrizioni umane (cfr Lc  7,8); fanno non per servire ma per mettersi in mostra… Gesù denuncia questo agire e invita gli uditori a vivere diversa mente.  

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vv. 8-12: «Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non  chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà,  sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato». 

Dopo la dura denuncia verso farisei e sacerdoti, Gesù non invita alla ribellione, ma a coltivare un altro stile di vita, a  ricordarsi e riconoscere che non si vive e non ci si salva da soli; per questo dice: «Ma voi non fatevi chiamare rabbì, perchè  uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli… Uno solo è la vostra Guida». La proposta di Gesù è quella di mettere  ordine nella nostra vita, di riordinare pensieri e affetti affinché tutto sia orientato verso il Vero, il Giusto, il Bello. Verso  Dio. Un processo che non segue la logica del mondo: «I miei pensieri non sono i vostri pensieri» (Is 55,8, XXV domenica:  testo che aiutava a comprendere il passo del vangelo dedicato agli operai della vigna pagati tutti allo stesso modo!).

O  che dire delle domeniche dedicate alla Misericordia, quando Gesù invita a perdonare 70 volte sette: anche qui, l’agire di  Dio è lontano dal nostro agire (XXIV domenica, Mt 18,21-35). Questi esempi che ci aiutano a cogliere che seguire Gesù  come Guida non è facile, non è secondo il mondo, come bene si evince dalle parole di Gesù stesso: «Chi si umilierà sarà  esaltato». Ma bisogna prima umiliarsi! Ed è qui la vera grandezza. E uno solo è la Guida in grado di prepararci a questo,  come Lui stesso ci ha mostrato: «…Si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano… Vi ho dato un esempio,  perché anche voi facciate come io ho fatto voi…» (Gv 13,1-15).

La proposta di Gesù è far parlare i fatti, non le parole! È  evitare di recitare ma imparare a vivere; è evitare inutili e dannosi esibizionismi e vivere il culto in spirito e verità (cfr Gv 4,23). Alcuni dettagli aiutano a capire. Portare dei segni visibili, chiamati “filatteri” (=preghiera) voleva dire che ci si  riconosceva nel Dio che ha liberato il popolo dalla schiavitù (es 13,9-16), invece erano diventati sempre più grandi e  preziosi pur di farsi ammirare e ritenendosi migliori. Così valeva per il mantello, simbolo di protezione e testimonianza  che credi che Dio ti protegge; invece anche qui, diventa una sfilata di moda per farsi ammirare! Da questo Gesù mette  in guardia: «Ma voi non così…».  

Gli ammonimenti di Gesù, al tempo rivolti a scribi e sacerdoti, oggi sono rivolti a ciascuno di noi, alle nostre coscienze.  Gesù si propone quale unica Guida, unico Maestro e lo predica facendo, mostrando un altro modo di essere e di agire:  ama per primo, perdona oltre misura, accoglie… e anche se appare una proposta impegnativa, controcorrente, si tratta  di un «peso leggero e soave» perché Lui lo porta con noi (cfr Mt 11,29-30).  

Nessuno può sentirsi estraneo o escluso dalla critica che oggi Gesù rivolge. Siamo invitati a lasciarci interpellare da  questa Parola così chiara ed esigente, a interrogarci dove siamo mancanti. Chissà quante scelte compiamo per farci  notare – anche noi preti, e anche molte e troppe nostre liturgie! -; chissà di quante parole «evangeliche» e «liturgiche»  ci riempiamo la bocca solo per farci credere migliori degli altri e fino a umiliare gli altri! Ecco, Gesù ci invita a cambiare  direzione, vita. Ne vale la nostra vera gioia, ne vale la nostra salvezza: e il tempo stringe. Si, ma come fare, dove andare,  chi seguire? Penso che il Signore risponderebbe: ma come, dopo tanto tempo che cammino con voi non l’hai capito?  «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,5-6). Non ci sono ragionamenti  da fare, ma impegni da assumere, sapendo che vivere il vangelo, seguire il Signore Gesù, nostra Guida, è garanzia di  gioia vera: «Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica» (Gv 13,17).  

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Mt 23, 1-12 | don Andrea Vena 73 kb 19 downloads

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