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don Andrea Vena – Commento al Vangelo di domenica 3 Dicembre 2023

Commento al brano del Vangelo di: ✝ Mc 13, 33-37

Iniziamo oggi un nuovo Anno Liturgico, simbolo del cammino della vita, stella polare che sola è capace ad allenare i nostri passi verso l’Incontro con il Signore che viene. Un percorso fatto di silenzio e di stupore, di ascolto e di  impegno, di allenamento e di fatica, di solitudine e fraternità: è la vita. Il primo tempo dell’Anno Liturgico è  l’Avvento, contraddistinto dal colore viola-morello dei paramenti: meno scuro di quello di Quaresima, per  sottolineare la gioia verso la quale si va incontro, la nascita di Gesù; senza il canto del Gloria e con una presenza  minimale di fiori, talvolta sostituiti dalla corona d’Avvento (salvo l’8 dicembre, per la solennità dell’Immacolata). 

Lungo questo cammino liturgico veniamo educati ad abbandonare lo stile mendicante, quello nel quale non sai da  dove vieni ne’ dove vai, per assumere lo stile di pellegrino: «Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo  conoscere la via Gli disse Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me»” (cfr  Gv 14,5). Un cammino lungo il quale ciascuno è invitato a porsi sempre una domanda: «Quanto sto facendo mi porta  all’incontro con il Padre del cielo? O no? Mi avvicina o mi allontana?». Questo chiede di ponderare le cose, di non  agire sull’onda di istinti, emotività o superficialità: chiede vigilanza interiore. Maturità, tenendo fisso lo sguardo in  Colui che si offre a noi come modello di autentica umanità, Gesù (cfr Ef 4,12-15). 

Una delle caratteristiche del pellegrino, ci ricorda il testo della prima lettura, è saper fare «memoria», il tener vivo  nel cuore il senso della vita e della storia: da Chi provengo e verso Chi vado (Dio). Un far «memoria» anche nei  momenti difficili: «Perché ci lasci vagare lontano dalle tue vie… lasci indurire il nostro cuore!… Ritorna per  amore!» (63,18). Un grido che nasce da una presa d’atto: «…Tu sei adirato, abbiamo peccato contro di te da lungo  tempo e siamo stati ribellinessuno invocava il tuo nome» (64,4-6), animato da una fiducia: «Ma, Signore, tu sei  nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci dà forma, tutti siamo opera delle tue mani» (64,7). Ed è proprio a  partire da questa consapevolezza che il credente-pellegrino sa osare nella sua richiesta: «Se tu squarciassi i cieli e  scendessi!”. Parole che nel salmo responsoriale si fanno supplica: «Risveglia la tua potenza, vieni a salvarci!  Ritorna! Guarda dal cielo, vedi e visita… e promessa …da te più non ci allontaneremo» (salmo). Ma non basta  chiedere, supplicare se poi non ci si pone in atteggiamento di attesa, di ascolto… Ed ecco il vangelo.  

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v. 33: «State attenti vegliate…non sapete quando sarà il momento». 

Vegliare vuol dire «stare svegli», stare con gli occhi aperti, «fare attenzione». È l’atteggiamento della sentinella  che veglia la notte, lottando contro il sonno. Attesa e attenzione vanno dunque di pari passo.  v34: «E’ come uno che è partito per un viaggio…ha lasciato la propria casa e dato il potere ai servi».  Gesù, per spiegare il significato del vigilare nell’attesa, si serve dell’immagine di un uomo che lascia le sue cose ai  servi fino al suo ritorno; cioè condivide con loro le sue responsabilità (parabola dei talenti, cfr Mt 25,14ss, testo che  abbiamo meditato il 19 novembre, cioè a conclusione dell’Anno liturgico e questo aiuta a cogliere come il cammino  liturgico è concatenato, è parte di un unico progetto).  

v. 35b: «Vigilate… non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del  gallo o al mattino».  

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Le ore richiamano il cambio della guardia dei soldati romani, ma nello stesso tempo ci riportano ai momenti decisivi  della vita di Gesù: la sera del giovedì, quando Gesù si consegna ai suoi come nutrimento nella cena pasquale (cfr Mt 26,26, “Questo è il mio corpo”); a mezzanotte quando è nel Getsemani e Giuda tradisce l’Amore con un falso  gesto d’amore, il bacio (cfr Mt 26,49); al canto del gallo, quando Pietro lo rinnega (cfr Mc 14,72); all’alba, quando  viene condannato a morte (Mt 27,26). Momenti in cui i discepoli furono trovati impreparati/“addormentati” (cfr Mc  14,37ss). 

v. 37: «Quello che dico a voi lo dico a tutti: vegliate!».  

Se prima Gesù parlava ai suoi discepoli, ora conclude invitando “tutti” a “vegliare”, indicando in questo modo che  questo è l’atteggiamento fondamentale del credente: “Vegliate!”. (cfr “Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico,  il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede” (1Pt 5,8). 

II. Cosa dice a me la Parola/Gesù 

All’inizio di questo nuovo cammino, primo giorno dell’Anno Liturgico, la liturgia ci indica la Meta da raggiungere,  verso Chi stiamo andando, la Via da percorrere, come vivere nell’attesa, e come accogliere Colui che viene. Modo  maturo di vivere la vita, di vivere la fede. Stiamo parlando dell’Avvento ultimo ossia della terza venuta di Gesù,  quando Egli tornerà nella gloria, Signore e Re dell’Universo (solennità che celebreremo nell’ultima domenica  dell’Anno Liturgico il prossimo anno, novembre). Nella prima venuta Gesù, senza far rumore, ha squarciato i cieli ed è venuto in mezzo a noi nel Bimbo di Betlemme (cfr Lc 2); oggi, ancora senza far rumore, continua a venire in  mezzo a noi nel volto di ogni fratello/sorella (cfr Mt 25), e continua a venire, sempre senza far rumore, nella rugiada  della grazia dei Sacramenti. Queste coordinate ci permettono di orientare la “bussola della vita” e, senza far  rumore, imparare a testimoniare con la vita stessa, e se serve con la parola (san Francesco), la gioia dell’andare  incontro al Padre. 

L’inizio di questo nuovo Anno Liturgico rappresenta la nuova opportunità che il Signore Dio ci offre per crescere  nel suo Amore, per convertirci a Lui con tutto noi stessi. L’atteggiamento di fondo che viene chiesto di assumere  all’inizio del cammino è quello della «vigilanza», dello stare svegli e all’erta. Dell’essere preparati perché nessuno  sa quando e come il padrone tornerà. Attraverso questa parabola il Signore Gesù ci ricorda che, anche se possiamo  illuderci di avere la vita in mano, in realtà non conosciamo né i tempi né dominiamo il tempo, ma siamo chiamati  a ricordarci, a fare memoria che la vita non è nostra, è un «dono». Solo questo aiuterà a vivere il tempo, la vita e il  cammino che oggi iniziamo in modo consapevole, maturo e responsabile.

Infatti la vigilanza non consiste tanto nel  «fare qualcosa», ma nel tenere accesa la lampada del cuore (cfr dieci vergini, Mt 25,1-13), consapevoli che siamo in  cammino verso l’Incontro con il Signore che viene. La vigilanza è dunque l’arte del discernimento, dello scrutare e  del cogliere i segni che Dio getta a piene mani nel giardino della nostra vita. Cogliere che in questa vita concreta,  impastata di virtù e di fragilità e di peccato, Dio comunque opera grandi meraviglie: a noi lasciarci stupire dalle sue  sorprese. Ecco perché la liturgia nelle domeniche d’Avvento ci affianca il profeta Isaia, quale maestro di desiderio,  di attesa, di sentinella. Ce lo affianca perché possiamo imparare da Lui a vivere l’attesa e divenire così credenti  maturi, capaci di sorridere alla vita perché capaci di lasciarci sorprendere dalle sorprese di Dio.  

L’Avvento diventa così non solo il tempo che ci prepara al Natale, la sorpresa più bella che Dio mai ha realizzato  per noi, ma è la cifra, la chiave stessa di lettura della vita, di un vivere nell’attesa del suo ritorno nell’ultimo giorno.  Vivere nell’attesa di Lui non significa stare tutto il giorno in ginocchio a mani giunte, ma vivere dentro questa  concreta storia personale e scorgere i segni della sua Presenza: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?»  (At 1,11), dissero gli angeli ai discepoli dopo l’Ascensione al cielo di Gesù; «Egli vi precede in Galilea» (Mt 28,7), cioè  dentro la vita ordinaria, quotidiana, feriale. L’Anno Liturgico inizia così, aiutandoci a vivere la vita coltivando uno  sguardo sul futuro.

Tenendo fisso lo sguardo alla Meta, la sola che da’ senso al cammino e alle scelte che questo  cammino richiederà. Se viene meno questo sguardo, se viene meno la certezza della Presenza di Gesù nella mia e  nostra vita, se viene meno la fede in Gesù… anche il cammino perde di senso e di significato. Questo chiede di vivere nel mondo, ma senza lasciarci prendere dalle cose del mondo (Gv 15,18-21). Questo è lo spazio e il tempo  che Dio ha dato a ciascuno per affinare il cuore, lo sguardo… per cogliere i segni della sua Presenza e saper così  cantare la gioia della vita, la gioia di non sapersi soli, perché Gesù, il Signore, è qui, è con me/noi. Questo spinge a  mettersi in gioco, a diventare operai laboriosi, servi capaci di mettere in gioco i talenti ricevuti… non guardando a  quanto gli altri hanno o non hanno, ma a saper gioire perché grazie ai doni che ciascuno ha ricevuto partecipiamo  all’unico disegno d’Amore di Dio.

Ciascuno ha ricevuto un compito, ossia ciascuno ha il giusto posto nella vita e,  nell’Amore di Dio, siamo dipendenti l’un l’altro. Questo sarà o comunque dovrebbe essere il segno più bello e  tangibile che possiamo mostrare agli altri, che possiamo testimoniare agli altri. Pellegrini, amici che camminano insieme tenendo fisso lo sguardo alla Meta e da essa lasciandoci orientare e sostenere, motivare e rafforzare,  «Gareggiando nello stimarsi a vicenda… facendo il bene, ferventi nello spirito… lieti nella speranza, costanti nella  tribolazione…perseveranti nella preghiera…premurosi nell’ospitalità» (cfr Rm 12,10-13). Vigilare, essere di sentinella  non è dunque un «fare» quanto un modo di essere, di stare nella vita, ben sapendo a Chi apparteniamo, Chi ci ha  fatti, Chi attendiamo… Siamo opera d’arte, tra le mani di un Vasaio che ci ama di amore eterno, ci ama…da morire!  Un’attenzione fatta di silenzi e di sguardi, di ascolto e di risposta, di servizio e prossimità. Allora viviamo nell’attesa, non col volto triste e cupo, ma con la gioia di chi sa attendere Colui che certamente viene per introdurci nella gioia  del Cielo. 

Questo è lo stile da viversi lungo questo anno. Questo è lo stile da vivere nella vita, educandoci sempre ad andare  all’essenziale.  

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Mc 13, 33-37 | don Andrea Vena 118 kb 2 downloads

I Domenica di Avvento, anno B – Is 63,16-17.19; 64,2-7 Sal 79 1Cor 1,3-9 Mc 13,33-37…

Per gentile concessione di don Andrea Vena. Canale YouTube.

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