don Alessandro Dehò – Commento al Vangelo del 5 ottobre 2025

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Forse è proprio una domanda sbagliata, non mi serve più fede, perché con più fede avrei risposte, starei tranquillo, mi siederei al centro del mondo con pace incrollabile.

Forse è proprio una domanda sbagliata, la fede non è qualcosa da accrescere, la fede è la vita, tutta la mia vita, la fede sono io che respiro e cerco e mi perdo e mi domando. E io non devo crescere, io devo morire, per lasciare che Cristo viva in me.

La mia fede sei tu, Cristo, Signore, Amato: non tanto, non poco: tutto.

Fede vera è sentire che siamo un granellino di senape, solo un granellino di senape, nessuno chiede a un seme di essere altro che sé stesso. Fede è sentire che siamo chiamati a morire, a spazzare le pareti per esplodere in trasfigurata vita con l’Eterno, morire per dare frutto.
(Signore Tu sei il seme, che morendo risorge ogni cosa)

Fede vera non è ciò che si accresce ma la libertà da ciò che ci paralizza. Fede vera è imparare ad accettare che siamo come gelsi, e come ogni gelso ci aggrappiamo al terreno delle nostre sicurezze, fede vera è accettare di essere finalmente sradicati, vivere radici al vento, immergerle nell’Infinito mare, vita nomade, da Esodo continuo, non siamo fatti per restare. Non siamo radicabili. Siamo gelsi in volo verso l’Eterno.
(Signore tu, sei il gelso, albero della croce, fioritura che non si trattiene, tu radicato nell’Oceano che è il Padre)

Fede vera è essere servi di questa vita che chiede solo di essere arata. Servono forza e precisione e costanza per aprire ferite sulla crosta terrestre, per forzare le chiusure, per amare così tanto le apparenze da saperle schiudere e fecondare di seme. Fede è arare la vita e ara la vita solo chi riesce a vedere il frutto maturo nel deserto. Fede vera è di chi vede la somiglianza divina sotto le apparenze. Fede vera è di chi ara per seminare qualsiasi cosa. Persino l’errore, il fallimento, la malattia, la morte.
(Signore sei tu il servo capace di arare d’Eterno la crosta delle apparenze, tu il servo che arriva a trasformare un sepolcro in solco e la morte trasfigurarla in resurrezione)

Fede vera è pascolare il gregge, qualsiasi gregge. Prendersi cura dei dispersi, fare gregge dei nostri desideri buoni, dare nome alla nostra fame di pascoli infiniti, proteggere la vita, accompagnarla, creare le condizioni perché nasca e rinasca.
(Signore solo tu il pastore buono, tu solo ad accompagnare i nostri confusi desideri d’amore alla pienezza della fonte infinita)

Fede vera è continuare a servire così tanto l’uomo da mettersi fino alla fine, fin oltre la fine, dalla parte del servo. Fede vera è quella di Cristo che ancora ci invita alla sua tavola dopo averci preparato del pesce su quella riva di lago che stiamo lentamente raggiungendo giorno dopo giorno.

Fede vera è Cristo, e Cristo non lo puoi aumentare o diminuire, Cristo è tutto, lui che non ha fatto altro che eseguire gli ordini ricevuti dal Padre: ama, perdona, dilata l’eterno a partire dalle pieghe della vita.

Fede vera è Cristo, il servo inutile. Inutile a calmare le nostre paure, inutile a costruire una società più giusta, inutile a risolvere i problemi della fame. Inutile. La fede è il Cristo crocifisso e risorto, inutile per il mondo, servo fino alla fine e oltre la fine. Inutile come i martiri, come un sepolcro vuoto, come un servo che implora i suoi padroni di credere che l’amore sia più forte della morte, inutile come chi giura che siamo nati per imparare ad approdare in Dio, per sentire che ogni cosa conserva nel cuore la vocazione a vivere eternamente in Lui.

Inutile amore, tu mi sei indispensabile.

Per gentile concessione dell’autore don Alessandro Dehòpagina Facebook

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