Dave Hach – Commento al Vangelo del 27 Giugno 2021

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«Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli, infatti, ha creato tutte le cose perché esistano». Questa splendida dichiarazione del libro della Sapienza, può essere la sigla spirituale che accompagna il racconto marciano, di oggi: due miracoli intrecciati fra loro; la donna colpita da emorragie, la risurrezione della figlia di Giairo, ed inoltre, l’esordio, dell’odierna narrazione, fatto con questa preziosa annotazione: «In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva»; che significa non quella alla quale ci invita a passare, rivelandosi così il Dio a cui importa la riva della nostra esistenza, nella quale è approdato per essere rivelazione, comunione e salvezza.

Dinanzi ai misteri della vita pubblica del Maestro, sovente ci soffermiamo a riflettere e a domandarci: chi è realmente questo Gesù che guarisce i malati e fa risorgere i morti?

A questa domanda il Vangelo ci riporta già le prime risposte, certamente decisive come la risposta che ci dà una povera donna, malata da ben dodici anni ed emarginata dalla società per paura del contagio, in quanto emorroissa. Questa donna è convinta che il Maestro mentre passa possa essere decisivo per la sua guarigione ed è ancor più convinta che, superando le convinzioni che le impediscono di toccare chiunque, toccando il Suo mantello, cioè entrando in contatto indiretto con Lui, sarà guarita. Allora, anche in questo caso Gesù si dimostra salvezza. Anzi, le dona qualcosa di più: la fede, la fiducia che incontrando Lui, ogni uomo e donna ha nel cuore l’antidoto contro il male dell’impotenza rassegnata e contro la sorgente di ogni tristezza e malattia della creatura umana: l’isolamento.

L’altra risposta su chi è realmente Gesù ce la dà una fanciulla di dodici anni, e, ancora prima, la fiducia di suo padre Giairo, il quale cerca disperatamente il Maestro, superando anch’egli le barriere sociali in quanto capo della Sinagoga, quindi persona pubblica, che non doveva esporsi in medicine alternative e guarigioni pericolose.

Questo ci fa capire che la vita è un miracolo divino, e non va sprecato. Anzi, Dio condivide con noi questo miracolo; vuole farcene protagonisti attivi e responsabili. Siamo considerati, dunque, le sue mani; ci chiama a ripetere le Sue parole: «Talità kum», alzati, nasci, esisti, sii consapevole di essere persona, amata da Dio, chiamata all’esistenza e non nata per la morte. Se crediamo al miracolo della vita, queste parole risuoneranno anche per noi: «Talità kum… La tua fede ti ha salvata. Va’ in pace». E sarà nuovamente miracolo anche oggi.
Ecco, allora, che i miracoli sono segni a favore della fede, ma non sminuiscono il coraggio di credere, perché sono un dono, una risposta alla sincerità della persona che cerca il Signore: non servono là dove c’è chiusura e ostinazione. Gesù non compie miracoli dove le genti hanno già deciso e pretendono di essere loro a stabilire le modalità dell’agire di Dio.

Il miracolo a cui il Signore ci chiede di aderire è quello della fede che trasforma le nostre coscienze; è quello del miracolo della carità.
L’evangelista Marco, allora, vuole far intravedere in quella fanciulla di dodici anni che ritorna alla vita, ciò che l’evangelista Giovanni farà balenare nella narrazione della risurrezione di Lazzaro: per il cristiano la morte è un sonno e la resurrezione è un risveglio nel giorno perfetto del Signore.

Ora, la donna che da molti anni aveva perdite di sangue e la figlia di Giairo, paragonata a Lazzaro, dopo i miracoli di Gesù, sono, nuovamente, restituite alla famiglia, alla comunità, alla mensa, come anche noi siamo restituiti alla vita e alla Mensa Eucaristica.
Tutto questo ci rende chiaro il messaggio del Padre che ha creato la persona per l’immortalità, per farla entrare nel circolo della vita, per far sì che ciascun credente nel Figlio diventi uno che dona vita, restituendo amore.

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