Dave Hach – Commento al Vangelo del 1 Gennaio 2021

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«Il Figlio di Dio ha in terra solo la Madre, e noi abbiamo in cielo solo il Padre. Per questo chiama se stesso figlio dell’uomo, perché gli uomini chiamino Dio Padre celeste». (Sant’Atanasio)

La scena del Vangelo dell’evangelista Luca, e nel suo genere deliziosa, può dare sicuramente l’impressione di essere collocata in un passato ormai concluso. Ma ci sfuggirebbe il particolare più importante, se dimenticassimo che il punto forte di questo brano sta nella conclusione: «Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore». Ora ed allora, il meditare di Maria dà il senso della scena, un senso che è duraturo, ben oltre l’evento. Ma, come Lei, anche la Comunità cristiana custodisce e medita la Parola di Dio, mettendola a confronto con le diverse e mutevoli situazioni che incontra lungo il suo percorso.

Di tutte le relazioni possibili dal punto di vista affettivo tra persone umane sembra davvero che la relazione più resistente, più tenace, invincibile, rimanga appunto quella di una madre con la propria creatura. Sia pure con tutte le deviazioni e le storture che ci possono essere, la relazione fondativa della vita rimane questa. Ed è certa soprattutto una relazione di cura e di custodia: ogni madre sente di esistere proprio con questo compito fondamentale. Le epoche, le culture possono interpretare in modo diverso questa relazione, ma in ogni caso rimane vero che non vi è legame più forte di quello di una madre con la propria creatura.

In secondo luogo vi è un elemento stupendo nel cuore delle madri: una profonda volontà benefica, l’intenzione del bene riguardo la propria creatura. Anche qui il bene può essere interpretato in diversi modi, e qualche volta anche in modi distorti, ma ciò non toglie che questa volontà benefica sia sempre presente, aldilà di tutto. Non vi è autorità, non vi è persona importante, non vi è struttura politica, nulla che abbia la forza della volontà benefica di una madre o di chi, anche senza esserlo realmente, in forza di un amore più grande sa assumere un cuore di madre.

E, in terzo luogo, una specie di fedeltà, che qualche volta definiremmo disperata. La fedeltà disperata di certe madri nei confronti delle proli, quando sembra che tutto sia irrecuperabile, che tutto sia stato inutile, eppure ancora, in un modo che sembra non aver più nulla di razionale, la fedeltà resiste.

Il silenzioso dolore materno e anche paterno, è la somma di dolore più grande che esiste nella vita delle persone. Molti dolori ci sono, alcuni clamorosi, tragici, raccapriccianti, ma c’è, sotto tutto e tutti, questo strato di sofferenza delle madri e dei padri. Essi, proprio perché sono fatti per curarsi di…, per volere il bene di…, per sperare e desiderare di essere fedeli a…, sono anche destinati a patire, e di un patimento fecondo, se sanno offrirlo a Dio, perché è benedetto e ricade in benedizione.

E Dio, che è Padre, ha affidato a un perfetto cuore di Madre il mondo, alla sua e nostra Madre: è proprio questa la festa che oggi celebriamo.
Sicché la piccola scena di Vangelo, che ha il suo centro nel racconto dell’evangelista Luca, notiamo che Maria, a cui il Figlio non può rifiutare nulla, a cui tutto concede, è davvero la nostra Madre attenta e amorosa. Ricordiamo le nozze di Cana, con quella sua frase, piccola, breve, umile nella preghiera implicita: «Non hanno più vino», e con la sua richiesta dolce e insieme autorevole: «Fate tutto quel che vi dirà».
Ordunque, un anno che termina, un tempo che ricomincia, affidato a questo cuore pieno di cura per noi, di volontà benefica e di fedeltà, è veramente ben iniziato. Vivremo così un anno diverso, pur non facendo nulla di molto differente, se avremo dentro di noi lo Spirito che guida nella direzione giusta, secondo i gusti e i desideri di Gesù venuto sulla terra per donarci la sua pace; pace che celebriamo oggi, 1° gennaio, in quanto ricorrenza della «Giornata Mondiale della Pace», come fondamento di un’autentica pace.

Quando l’essere umano si lascia illuminare dallo splendore della verità, diviene interiormente audace, artefice di pace; e per ricevere il dono della pace, ognuno deve aprirsi alla verità che si è rivelata nella persona di Gesù, il quale ci ha trasmesso il contenuto e congiuntamente il metodo della pace, ossia l’Amore.

Dio, difatti, che è Amore perfetto e sussistente, si è rivelato nel Figlio unigenito, sposando la nostra condizione umana. In tale maniera ci ha anche segnalato la via della pace: il dialogo, il perdono, la solidarietà. Ecco l’unica via che ci porta alla vera pace in questo nuovo tempo che ricomincia.

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