Dal Sussidio per l’Avvento/Natale CEI – Commento alle Letture di domenica 10 Dicembre 2023

Commento al brano del Vangelo di: โœ Mc 1, 1-8

Data:

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La II domenica dโ€™Avvento celebra la preparazione escatologica e pone la comunitร  riunita accanto a Giovanni, il precursore dei tempi messianici. Come il profeta ha preparato il โ€œresto dโ€™Israeleโ€ al ritorno del popolo dallโ€™esilio babilonese, come Giovanni ha preparato il popolo ad accogliere il messia, cosรฌ la Chiesa prepara lโ€™umanitร  ad accogliere la pienezza del Signore Veniente: ยซPopolo di Sion, il Signore verrร  a salvare le gentiยป (Is 30,19.30; cf. Antifona dโ€™ingresso).

La dimensione della preparazione si puรฒ esprimere valorizzando durante la settimana la cura dello spazio liturgico dove si riunirร  la comunitร  per celebrare lโ€™eucaristia domenicale, coinvolgendo i ministeri liturgici e altri operatori pastorali. Liturgicamente la preparazione si esprimerร  anche immediatamente prima della celebrazione domenicale aiutando lโ€™assemblea celebrante con le prove dei canti e il silenzio di raccoglimento sia nellโ€™aula liturgica sia in sacrestia per i ministri.

Anche la proposta della preparazione del presepe in famiglia e in altri ambienti di vita (Cf. Direttorio su Pietร  popolare e liturgia, n. 104) potrร  essere un modo pastoralmente indicato per valorizzare la dimensione dei โ€œprecursori del Signoreโ€.

Indicazioni liturgiche

  • Per il saluto liturgico si propone di utilizzare Ef 6,23 (MR p. 310).
  • Per lโ€™Atto penitenziale si puรฒ utilizzare il III formulario introdotto dalla monizione โ€œRiconosciamoci tutti peccatoriโ€ (MR p. 312) e le invocazioni del Tempo di Avvento 2 (MR p. 315).
  • Come orazione colletta si suggerisce di pregare quella alternativa per il Tempo di Avvento. II domenica B (MR p. 1004).
  • I temi biblici della venuta del Signore, della sua preparazione, dei cieli nuovi e della terra nuova suggeriscono la scelta del Prefazio dellโ€™Avvento I/A: Cristo, Signore e giudice della storia (MR p. 330).
  • Per la benedizione finale si suggerisce la Benedizione solenne 1: nellโ€™Avvento (MR p. 456).

Monizione introduttiva

Oggi, la liturgia ci pone accanto alla testimonianza di Giovanni il precursore. Allโ€™inizio di ogni esperienza di salvezza cโ€™รจ sempre una Parola di Dio, un lieto messaggio, una notizia bella. Cosรฌ ha inizio il ritorno del popolo esiliato nella propria terra; cosรฌ ha inizio il Vangelo di Marco; cosรฌ ha inizio la testimonianza e la missione di Giovanni, scelto e mandato dal Signore a preparare la via al Messia. Anche noi come Giovanni il precursore vogliamo accogliere la missione che il Signore ci dona: aiutare gli altri ad incontrare il vero Salvatore del mondo: Gesรน Cristo.

Invochiamo ora lo Spirito Santo perchรฉ ci prepari a celebrare i divini misteri, in cui gusteremo ancora una volta gli inizi dei cieli nuovi e della terra nuova.

ยซAlcuni parlano di lentezzaยป (2Pt 3,9). Questa frase tratta dalla seconda lettera di Pietro, il testo piรน tardivo del Nuovo Testamento, ci descrive una situazione in cui la prospettiva del ritorno di Cristo e della ricapitolazione della storia non era piรน cosรฌ presente nella comunitร  cristiana. Oramai dalla venuta del Messia nella carne era passato molto tempo e cominciava a circolare lโ€™idea che forse egli non sarebbe piรน tornato. E cosรฌ ogni prospettiva futura si ripiegava su una assolutizzazione del presente, unico orizzonte plausibile.

ยซAlcuni parlano di lentezzaยป รจ una frase che descrive bene la smania dellโ€™uomo di vedere subito tolti i suoi mali, subito esaudite le sue suppliche. Le crisi devono trovare un esito immediato e le relazioni interrotte devono trovare un ristabilimento istantaneo, diversamente non si รจ molto disposti ad entrare nel lungo e faticoso processo del perdono. Si tratta di una mentalitร  molto presente anche nella nostra cultura contemporanea che tende a uccidere ogni attesa vedendola come tempo perso. Siamo sempre piรน abituati a volere qualcosa e subito ad averla.

Il Signore non tarda a realizzare la sua promessa!

La parola di Dio oggi ci invita a riconsiderare lo spessore del tempo e il valore dei processi lenti. Rispetto allโ€™epoca del proto-cristianesimo, sono cambiati decisamente i contenuti della speranza: la seconda lettera di Pietro (2Pt 3,8-14) lascia intuire che lโ€™attesa che rischiava di affievolirsi aveva a che fare con un futuro radicalmente nuovo, con un ritorno risolutore del Cristo che avrebbe portato il Regno di Dio alla pienezza della sua manifestazione. Oggi lโ€™oggetto della speranza riguarda generalmente un tempo di pace, delle relazioni ristabilite, la possibilitร  di vedere ancora un futuro per questo nostro mondo che soffre dal punto di vista sociale, culturale ed ecologico; ben vengano anche queste nostre speranze โ€œimmanentiโ€, poichรฉ esse allenano il cuore a coltivare anche lโ€™ultima e definitiva speranza, quella dei ยซnuovi cieli e una terra nuova, nei quali abita la giustiziaยป (3,13).

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Purtroppo la questione รจ che la velocitร  vertiginosa del nostro tempo tende a contrarre nelle persone la capacitร  di sperare in qualcosa che non trova subito corrispondenza in una realizzazione manifesta. Ecco che la seconda lettura di oggi ci offre due riflessioni molto attuali.

La prima: il tempo รจ โ€“ nella percezione che si ha di esso โ€“ relativo. Noi tendiamo ad assolutizzare la nostra percezione, ma sappiamo bene che gli altri percepiscono in modo diverso: ciรฒ che a me appare troppo lungo e noioso, per altri puรฒ essere veloce e viceversa. Tanto piรน la mia percezione del tempo รจ assolutamente soggettiva se paragonata ai tempi di Dio, lui che ha nelle mani lโ€™intera storia, che รจ allโ€™origine della stessa creazione del tempo e che desidera un compimento di bene per tutti: mille anni e un giorno solo sono le due unitร  di misura che ci fanno intuire la sproporzione tra ciรฒ che a noi puรฒ apparire come unโ€™eternitร , ma che in realtร  รจ solo il frammento della nostra percezione, noi che siamo solo una goccia rispetto allโ€™oceano della storia.

Ma cโ€™รจ una seconda nota molto suggestiva: ciรฒ che a noi appare come una lungaggine di Dio in realtร  รจ la cifra della larghezza del suo cuore! Il verbo makrothymรฉo (3,9), tradotto ยซรจ magnanimoยป, indica propriamente lโ€™avere un โ€œanimo lungoโ€, cioรจ che sa aspettare senza pretendere, che sa dare tempo ed รจ generoso, come un creditore che accorda una dilazione a chi รจ in debito con lui o come il contadino che lascia ancora un anno di tempo al fico per produrre frutti. Non รจ ritardo, ma รจ una concessione per noi, perchรฉ ยซtutti abbiano modo di pentirsiยป.

In effetti รจ cosรฌ: la sazietร  ci impedisce di prendere coscienza davvero delle cose; un poโ€™ di privazione, di mancanza (il desiderio di una pienezza che manca) ci fa invece tornare a contatto con il nostro cuore. Esattamente come accadde per il popolo errante nel deserto, la cui fame e sete gli permise di capire che cosa avesse nel cuore (se avrebbe osservato o no i comandamenti di Dio: cf. Dt 8,2). La mancanza รจ lo spazio della veritร  di sรฉ e dunque anche del pentimento.

Ma perchรฉ pentirsi รจ necessario?

Lโ€™Avvento ci รจ necessario per capire che non รจ la sazietร  la condizione piรน favorevole per aprirsi alla visita di Dio, ma la mancanza. Chi non fa un poโ€™ di vuoto come potrร  lasciare entrare la salvezza? Chi non sente di avere anche โ€œzone dโ€™ombraโ€, chi non ammette di non essere cosรฌ lineare e retto come spesso invece ci illudiamo di essere, come potrร  comprendere di non essere il signore della propria esistenza? In tutta la Scrittura, la condizione che prepara lโ€™intervento di Dio รจ il grido che sale da una condizione di schiavitรน o di indigenza o di bisogno (cf. Es 2,23-24) e che per essere innalzato ha bisogno di tempo (senza che subito ci sia appagamento).

Nel testo di Isaia proposto dalla liturgia odierna (Is 40,1-5.9-11) risuonano proprio questi temi tratti dallโ€™antica epopea dellโ€™Esodo e riletti in chiave profetica a partire dalla nuova situazione del popolo esiliato in Babilonia. Lo scotto dellโ€™esilio diventa la possibilitร  per gli scacciati da Gerusalemme di rileggere il proprio passato e di riconoscerne il peccato (in termini di autoreferenzialitร  e millantata sicurezza): ยซParlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che [โ€ฆ] la sua colpa รจ scontataยป (40,2). Il deserto รจ quindi il luogo simbolico che parla di un popolo che si riscopre limitato, bisognoso di salvezza, radicalmente dipendente dal Creatore: รจ la fase che prepara il ritorno.

Il testo di Isaia parla di un deserto dove โ€œpreparare la via al Signoreโ€. Essa รจ la strada che conduce gli esuli nuovamente alla terra (come, sempre attraverso il deserto, condusse il popolo liberato dallโ€™Egitto). รˆ la strada sulla quale Dio conduce il popolo alla salvezza. La preparazione di cui parla il profeta naturalmente non serve a Dio, ma allโ€™uomo che ha bisogno di coltivare le predisposizioni giuste per lasciarsi incontrare e salvare. Le immagini del terreno da spianare, degli avvallamenti da innalzare e dei monti da abbassare sono simbolicamente ricche e aperte a diverse possibili attualizzazioni di natura sociale (processi di integrazione, disuguaglianze da combattere, povertร  da contrastareโ€ฆ) o psicologica (ricerca di linearitร  interiore, orgoglio o cedimento alla tristezza da contrastareโ€ฆ). รˆ nello sforzo di compiere questa preparazione che si puรฒ tornare capaci di vedere la manifestazione del Signore (ยซsi rivelerร  la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedrannoยป: 40,5). Infatti sono proprio le strutture sociali di peccato oppure i dinamismi interiori non lineari che spesso ci impediscono di cogliere lโ€™opera di Dio; il peccato rende ciechi e sordi.

Il testo profetico insiste dunque sullโ€™annuncio di speranza che deve essere gridato in modo insistente e a cui ci si deve invitare reciprocamente, proprio perchรฉ lโ€™uomo รจ spesso piรน incline ad ascoltare gli annunci di morte e di disperazione o โ€“ comunque โ€“ raramente รจ disponibile ad accogliere nel suo mondo interiore una parola di novitร .

ยซCome sta scritto nel profeta Isaia, vi fu Giovanni che battezzava nel desertoยป.

Il vangelo di Marco, di cui la liturgia ci fa ascoltare oggi lโ€™inizio (Mc 1,1- 8), stabilisce una stretta continuitร  tra lโ€™invito del profeta e lโ€™attivitร  del Battista nel deserto. La prassi battesimale di Giovanni, per come Marco la introduce nel suo racconto, attualizza quella preparazione di cui Isaia parla (ancora il luogo simbolico del deserto emerge in modo forte). Il battesimo di Giovanni viene definito ยซbattesimo di conversione per il perdono dei peccatiยป; come nelle altre letture la disposizione dellโ€™uomo ad accogliere la visita di Dio passa attraverso il pentimento.

Qui perรฒ lโ€™accento รจ posto sulla parola โ€œconversioneโ€ che in greco (metanoia) indica un cambiamento di mentalitร , un orientamento diverso dato al proprio modo di pensare e di vedere la vita. Ma certamente dietro a questa terminologia cโ€™รจ anche la semantica del verbo ebraico shuv (โ€œritornare, rivolgersi indietroโ€) utilizzato molte volte nella Bibbia per indicare la conversione vista come โ€œritorno al Signoreโ€ da cui ci si era allontanati. Unโ€™autentica conversione non implica solo il pentimento delle colpe passate, la volontร  di ripararle (il desiderio e lo sforzo di cambiare vita); lโ€™elemento essenziale รจ il ritorno sincero al Signore, per ristabilire con lui un rapporto di fiducia e di adesione totale alla sua volontร . Ancor prima che un discorso morale (โ€œnon voglio peccare piรนโ€) cโ€™รจ un discorso relazionale (โ€œritorno a fidarmi di Dio e a rivolgermi a luiโ€).

In effetti al cuore della buona notizia, come stabilisce con forza Marco nel titolo della sua opera (1,1), non cโ€™รจ un messaggio o un pensiero ma una persona (Gesรน) che rende presente la volontร  di Dio di salvare il suo popolo (รจ Cristo, cioรจ Messia) e la sua manifestazione in mezzo agli uomini (รจ figlio di Dio).

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