Commento al Vangelo del 25 maggio 2014 – Congregazione per il Clero

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PENTECOSTE

Citazioni:

Nella gioiosa accoglienza del dono dello Spirito giunge a compimento il cammino pasquale dei discepoli. Essi, che hanno risposto alla chiamata di Gesù, lo hanno seguito ed ascoltato, hanno dubitato e sofferto di fronte alle sofferenze e alla morte del Maestro, e, infine, hanno gioito per la sua gloriosa risurrezione, attraverso l’effusione dello Spirito possono finalmente intraprendere e vivere in pienezza la loro vocazione.

Se l’Ascensione al cielo di Gesù ha segnato, per così dire, il momento della “maturità” dei discepoli, avendo il Maestro affidato loro la responsabilità e la missione dell’annuncio del Vangelo, la solennità odierna li vede ricevere la forza e i doni di Dio, attraverso lo Spirito, per poter adempiere alla missione ricevuta. Le chiamate che il Signore rivolge a ciascuno sono sempre proporzionate a chi le riceve, e, soprattutto, Colui che chiama dà anche i mezzi per rispondere alla chiamata.

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«Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi»; ecco il mandato che Gesù ha affidato ai discepoli di ogni nazione e di ogni tempo, in virtù del dono dello Spirito. Ma, potremmo chiederci, mandati, in che senso? Ci vengono in aiuto le parole di Papa Francesco (Udienza Generale, del 13 novembre 2013): «La missione della Chiesa è evangelizzare e rimettere i peccati». In questo siamo accompagnati dallo Spirito, a questo servono i Suoi doni.

Evangelizzare significa dare forma al Vangelo con la nostra vita, annunciare col nostro agire, con le nostre scelte e i nostri comportamenti che Gesù è risorto e le porte del cielo si sono aperte. Possiamo pensare all’invito rivolto da San Francesco ai suoi frati, «predicate sempre il Vangelo, se necessario usate le parole», per sentirci richiamati ad una vita ordinaria di testimonianza, che riguarda tutti. Il dono dello Spirito è fatto a tutti, perché ciascuno, secondo i suoi carismi, il suo stato di vita, la sua vocazione, faccia la sua parte. L’unica vocazione che il Signore non manda, potremmo dire, è quella dello “spettatore a vita”; il popolo di Dio è chiamato e coinvolto nel suo insieme, nessuno è ignorato.

Ricevere il perdono dei peccati è per tutti il segno tangibile dell’amore e della misericordia di Dio, pertanto è fondamentale che tale “fonte” di bene sia costantemente accessibile per tutto il popolo di Dio. E ciò avviene in due modi e in due distinti momenti della vita, come ha ricordato il Santo Padre (Udienza Generale, del 13 novembre 2013); c’è una prima remissione, perché «nel sacramento del Battesimo sono rimessi tutti i peccati, il peccato originale e tutti i peccati personali, come pure tutte le pene del peccato». Tuttavia, «questo intervento salvifico non toglie alla nostra natura umana la sua debolezza; e non ci toglie la responsabilità di chiedere perdono ogni volta che sbagliamo! Io non mi posso battezzare più volte, ma posso confessarmi e rinnovare così la grazia del Battesimo. È come se io facessi un secondo Battesimo. Il Signore Gesù è tanto buono e mai si stanca di perdonarci».

Il cammino del popolo di Dio è sospinto dallo Spirito e dai Suoi doni, in vista dell’annuncio del Vangelo a tutte le genti, attraverso una vita cristianamente vissuta, con carità, perseveranza, coraggio, e con “fedeltà creativa” alla Parola ed alla Tradizione. È un cammino in cui non mancano le cadute, ma l’amore di Dio e la Sua misericordia restano sempre più forti e sovrabbondanti rispetto ad ogni nostra mancanza. Non è un “colpo di spugna”, che azzera quanto è avvenuto e le conseguenze, ma un dono d’amore che ci permette sempre di ripartire e vivere nella gioia.

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