Commento alle letture di giovedì 15 Agosto 2019 – Carlo Miglietta

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Il commento alle letture di giovedì 15 agosto 2019 a cura di Carlo Miglietta, biblista; il suo sito è “Buona Bibbia a tutti“.

MARIA, ARCA DELL’ALLEANZA, IN VIAGGIO MISSIONARIO E DIACONALE

La visita di Maria ad Elisabetta va letta sulla falsariga di vari brani dell’Antico Testamento (2 Sam 6,9.11.18; 1 Cr 15,28; 2 Cr 5,13; Gdt 13,18; Dt 28,3-4).

  1. Maria è l’arca dell’alleanza:

a) di fronte alla quale ci sente indegni: “A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?” (1,43), esclama Elisabetta, come Davide che aveva detto: “Come potrà venire a me l’arca del Signore?” (2 Sam 6,9);

b) che resta tre mesi (1,56-> 2 Sam 6,11: “L’arca del Signore rimase tre mesi in casa di Obed-Edom di Gat e il Signore benedisse Obed-Edom e tutta la sua casa”);

c) davanti a cui si danza :”il bambino ha danzato di gioia nel mio grembo” (1,44), come Davide di fronte all’arca (2 Sam 6,14.16);

d) di fronte a cui esplode la benedizione e la lode: Elisabetta “anafonesen”(1,42), innalza a gran voce il grido litugico degli accompagnatori dell’arca (1 Cr 15,28: “Tutto Israele accompagnava l’arca dell’alleanza del Signore con grida”; cfr 16,4; 2 Cr 5,13);

d) arca incorruttibile, nascosta per la fine dei tempi (2 Mac 2,4-8: “Si diceva anche nello scritto che il profeta (Geremia), ottenuto un responso, ordinò che lo seguissero con la tenda e l’arca. Quando giunse presso il monte dove Mosè era salito e aveva contemplato l’eredità di Dio, Geremia salì e trovò un vano a forma di caverna e là introdusse la tenda, l’arca e l’altare degli incensi e sbarrò l’ingresso. Alcuni del suo seguito tornarono poi per segnare la strada, ma non trovarono più il luogo. Geremia, saputolo, li rimproverò dicendo: Il luogo deve restare ignoto, finché Dio non avrà riunito la totalità del suo popolo e si sarà mostrato propizio. Allora il Signore mostrerà queste cose e si rivelerà la gloria del Signore e la nube, come appariva sopra Mosè, e come avvenne quando Salomone chiese che il luogo fosse solennemente santificato”; cfr ->Ap 11,19): da tale riflessione nascerà il dogma dell’Assunzione.

  1. Maria è la benedetta (1,42.45.48), perchè in lei si incarna il Benedetto: è l’unico macarismo ad personam del Nuovo Testamento con quello di Pietro in Mt 16,17. Maria è “la donna riassunto del femminile aperto a Dio e al suo progetto: Gioele, Giuditta, Sara, Rebecca, Lia, Rachele. Tamar, Raab. Betsabea, Rut, Anna e Elisabetta” (G. Bruni). E solo nello Spirito Santo (1,41) è possibile lodare Maria. In questa occasione Elisabetta proclama la beatitudine di Maria: “Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore” (Lc 1,45).

Maria è beata perché donna di fede. La sua felicità consiste nella fiducia che ha riposto pienamente nel suo Signore. Ella è chiaramente un modello per ogni credente, beato proprio perché credente. Con forza sottolinea Agostino: “Beatior Maria percipiendo fidem Christi quam concipiendo carnem Christi”; la fede è fonte di maggiore felicità, rispetto al fatto di essere madre secondo la carne. Continua il grande dottore: “A nulla sarebbe giovato a Maria la vicinanza materna, se non fosse stata contenta di portare Cristo più nel cuore che nella carne”. Il valore della maternità di Maria sta dunque nell’atteggiamento originale di fede che l’ha resa possibile.

  1. Il viaggio di Maria è missionario: per Luca non vi è “andare” che non sia determinato dallo Spirito. L’“in fretta” del v. 39 corrisponde al “Non salutate nessuno lungo la strada” di Lc 10,4, e l”entrata in casa salutò” di Lc 1,40 all’“In qualunque casa entriate, prima di tutto dite:<<Pace a questa casa>>” di Lc 10,5, le ammonizioni tipiche ai discepoli in missione.
  2. Il viaggio di Maria è diaconale: Maria resta a servizio dell’anziana parente fino alla nascita di Giovanni. E’ la “serva del Signore” (1,38) dove egli vuole essere servito, nei fratelli.

 

IL MAGNIFICAT

Alcuni cantici  celebrano liturgicamente il mistero dell’incarnazione di Gesù.

Il “Benedictus” di Zaccaria (1,67-79) è ringraziamento a Dio “perchè ha suscitato una salvezza potente”, e profezia  della missione di Giovanni (1,76-77) e di Gesù (1,78-79).

Il “Magnificat” di Maria (1,46-55) è un centone di frasi veterotestamentarie.

a) Maria, donna di fede radicata nelle Scritture, legge alla loro luce la sua vicenda.

b) Maria è esempio di lode, come Maria sorella di Aronne (Es 15), Anna (1 Sam 2,1), Abacuc (Ab 3,18), Isaia (Is 61,10), lode che parte dalla zikkaron”, memoria benedicente.

c) Maria è la povera di IHWH che ricorda, con un duro inno “classista”, che Dio sceglie i poveri e gli ultimi e condanna i ricchi e i potenti, in sintonia con Anna (1 Sam 2,8), Ezechiele (Ez 21,31), Giobbe (Gb 12,19), Siracide (Sir 10,14-15) e i Salmi (Sl 113,7).

“Il Magnificat è un testo fondamentale, come una cerniera tra l’Antico e il Nuovo Testamento che si incontrano nei “poveri di IHWH”, nuovo popolo della promessa, di cui Maria è l’espressione privilegiata. Il canto è un brano ecclesiale messo sulle labbra di Maria, che la comunità ripete incessantemente unendo la sua voce a quella di Lei. Molte liturgie orientali hanno dato al Magnificat un posto d’onore; la liturgia latina lo ha incluso, a partire dal V – VI secolo, nella recita giornaliera del Vespro. Impressionante è anche quante volte la musica ha cantato il Magnificat. Il solo Orlando di Lasso, nel XVI secolo, ha composto ben 101 Magnificat da 4 a 6 voci.

Dalla fine del XIX secolo il Magnificat è anche oggetto di profonde ricerche critico – esegetiche che hanno portato a feconde attualizzazioni. Oggi il Magnificat presenta la concretezza e la coralità degli antichi canti di liberazione del popolo di Dio, intonati spesso, come nel nostro caso, da donne eccezionali come Myriam, Deborah, Giuditta ecc.

Inoltre la riscoperta della valenza antropologica e sociopolitica del Magnificat ha conferito notevole impulso alla rivalutazione della donna, di cui Maria, si rivela sempre di più archetipo credibile ed espressione privilegiata.

Perché c’è oggi tanta attenzione al Magnificat? Perché in esso ci sono elementi che:

– sottolineano la misericordia di Dio verso i poveri;

– esaltano il suo energico intervento contro gli oppressori;

– presentano Maria come serva e povera del Signore e come modello di identificazione di ogni credente;

– considerano Maria come portavoce della comunità e come donna fedele e obbediente alla Parola;

– manifestano l’unità del canto nella glorificazione di Dio e nella lode a Colei che ha creduto

Per questi elementi il Magnificat è espressione eccellente del nuovo popolo di Dio, canto e preghiera della Chiesa di tutti i Tempi.

Canto storico – salvifico

Il Magnificat è un canto liturgico o un inno di liberazione politicosociale? I due aspetti non sono affatto alternativi ma complementari ereciproci. La Liturgia infatti che celebra gli eventi salvifici, contiene anche un elemento episodico – pasquale e cioè celebrare la Liturgia significa che la salvezza si è veramente realizzata.

Una lettura unilaterale del Magnificat è errata: sia quella intimistica e privata, sia quella solo sociopolitica. Il Magnificat proclama Dio salvatore potente che depone i grandi ed innalza gli umili. Questo protagonismo di Dio e la condizione di povertà nella quale interviene, non possono essere scissi tra loro perché il Magnificat perderebbe tutto il suo significato. Maria non è un’eroina o una creatura superiore, ma una persona liberata dalla sua povertà, che collabora con Dio e proclama la sua salvezza.

Canto natalizio e pasquale

Il Magnificat celebra la nascita di Cristo al mondo o la sua gloriosa Resurrezione? Secondo il contesto reale in cui è inserito, tra le annunciazioni e le nascite, non può non evocare anzitutto che un clima natalizio. Ma ci si rende subito conto che esso ha molte cose in comune con salmi e inni di liberazione. Il canto di Maria celebra l’evento Cristo, compreso a partire dalla Pasqua e che si prolunga fino alla sua nascita terrena. Tutti i racconti dell’infanzia sono testi pasquali che proiettano la gloria del Risorto sugli eventi delle sue origini terrene. E’ sintomatico che Maria non nomini mai il bambino e non parli della sua prossima maternità.

Per questo suo sottofondo pasquale, il canto di Maria va letto alla luce del Canto del mare di Esodo 15, 1-27 che celebra, anch’esso, la liberazione pasquale del popolo.

Il canto di Maria, quindi, è:

– memoria degli eventi passati;

– celebrazione attuale della definitiva salvezza operata da Cristo;

– profezia di un futuro in cui la vittoria di Dio trionferà sul mondo.

Canto teologico e mariano

Il Magnificat è un canto teologico o mariano? Anche qui non c’è divergenza, ma convergenza totale tra i due aspetti:

– è un canto mariano perché teologico, in quanto la vicenda della fanciulla di Nazaret è tutta opera di Dio;

– è un canto teologico perché mariano, in quanto l’azione di Dio si manifesta in Maria allo stato puro, senza compromessi con gli uomini o le logiche dei potenti del mondo.

Il canto attribuito a Maria racconta la storia di una “povera” del Signore, ma è il racconto tipico di tutti i “poveri di IHWH”. Maria scompare quasi nell’intero popolo di Dio e si confonde con esso.

In risposta agli elogi di Elisabetta, Maria benedice il Signore, appare qui veramente realizzarsi l’antico adagio: Maria è l’eco di Dio: tu dici Maria, ella ripete Dio. Canto mariano e teologico, quindi: la Vergine di Nazaret è la prima destinataria della salvezza operata da Dio in Cristo, la sua prima testimone, colei che proclama senza fine la benedizione, la misericordia e la liberazione di Dio.

Letture riduttive del Magnificat

Vi sono alcune letture interpretative del Magnificat che devono essere scartate per non mortificare il suo completo significato. Esse sono:

– la lettura “spiritualistica” per cui i potenti e i ricchi sono soltanto gli orgogliosi e i poveri e gli affamati sono gli umili. Padri e dottori della Chiesa vi hanno letto questo significato (Cirillo d’Alessandria, S. Bernardo, Ugo di S. Vittore ecc.), ma ridurlo solo a questo significa andare verso l’astoricismo di stampo agnostico. In questa visione non si leggono, infatti, le mediazioni storiche del maligno, come ad esempio fa l’Apocalisse, cioè si interpreta il canto senza alcun significato per e nella storia e lo si rende socialmente insignificante;

– la lettura “spiritualistica – moderata” che accetta il senso realista del Magnificat, ma lo mette in sordina, vanificandone il significato a favore dell’interpretazione spiritualistica;

la lettura “enragée”, rabbiosa, cioè quella che vede in Dio il “Signore degli eserciti” e della “guerra santa” e considera il Magnificat come l’invito ad una guerra santa, contrassegnata dallo spirito di odio e di violenza;

– la lettura “enragée – moderata” che oltre a quanto detto sopra riconosce anche il significato religioso dell’inno, dandogli però un posto secondario.

Sintesi tra fede e vita

Perché la lettura del Magnificat sia integrale, bisogna interpretare l’inno in una doppia luce:

– alla luce dell’Esodo per rilevarne la dimensione etico – sociale e storica, dimensione che riguarda soprattutto Israele;

alla luce della Pasqua per rilevare la dimensione soteriologia ed escatologica della liberazione messianica, dimensione che riguarda soprattutto la Chiesa.

Il Magnificat appare, dunque, un canto messianico aperto e inclusivo, primieramente soteriologico, ma che richiede anche un “messianismo politico” come una sua dimensione interna. La dimensione sociale del Magnificat non può essere quindi sottaciuta e la Chiesa deve riscoprire e valutare anche questa dimensione se vuole fare un discorso completo sui poveri e sugli oppressi.

In altre parole, secondo Hőring, il Magnificat incarna la sintesi tra la lode di Dio e l’umile servizio del prossimo per cui nel suo carattere “sinfonico” esso è un punto di incontro tra diverse categorie di persone: liberali e carismatici, cattolici e protestanti, cristiani e non cristiani, credenti e non credenti, uomini e donne ecc.

Nel Magnificat echeggiano le attese fortemente terrestri e storiche tipiche dell’Antico Testamento e la realizzazione della salvezza escatologica, inaugurata dalla Pasqua e della Pentecoste nel Nuovo Testamento. La fede cristiana comprende, esprimendosi nel Magnificat, che la salvezza ultima deve e può realizzarsi anche nella società storica in termini di liberazione sociale e che questa liberazione è e deve essere protesa verso il traguardo escatologico. Il Magnificat è la sintesi tra l’escatologico e lo storico: le realtà ultime attraversano e superano allo stesso tempo le “realtà penultime”.

Contesto del Magnificat

Qual è il contesto del Magnificat? Possiamo leggervi un contesto remoto e un contesto immediato.
Contesto remoto è lo sfondo sociale in cui si trovava a vivere Maria di Nazaret che si può riassumere in questi tratti:

– povertà sociopolitica dovuta al sistema coloniale romano basato sul latifondo e il regime delle imposte;

– dominazione sociopolitica da parte di un potere straniero e pagano sostenuto dalle sue legioni;

– oppressione ideologico-religiosa ad opera del sistema farisaico;

– sommosse rivoluzionarie da parte degli zelati;

– attesa di una liberazione apocalittico – messianica da parte delle folle stanche e sfinite.

Contesto immediato è l’episodio della Visitazione che narra un incontro che ha questi caratteri rilevanti:

– sono due donne ad incontrarsi, fatto che contesta fortemente la subordinazione della donna nella società patriarcale palestinese;

– sono due donne povere, ambedue disprezzate, l’una perché sterile e l’altra perché vergine;

– sono due donne incinte e quindi “benedette” perché portatrici della vita, delle quali una porta anzi la Vita per eccellenza.

Origine letteraria del Magnificat

L’ipotesi più probabile è che, a partire da qualche frase di lode detta da Maria stessa nella Visitazione, la primitiva Chiesa giudeo – cristiana, forse anche una comunità di “anawin” convertiti, avrebbe ampliato questa breve dossologia in un Salmo vero e proprio, che cantava le meraviglie compiute da Dio in Gesù Cristo e che lo ringraziava per la salvezza manifestata nell’evento della resurrezione. Luca avrebbe ripreso questo canto e lo avrebbe rielaborato liberamente, facendo in esso riecheggiare anche il contesto di persecuzione politico-religiosa che la Chiesa in quel momento stava soffrendo e trasformandolo anche in un inno dei perseguitati e dei martiri (80 d.C. circa).

Luca tuttavia pone questo inno sulle labbra di Maria, facendone la portatrice dei sentimenti della Chiesa in un contesto di sofferenza. Perché? Perché Luca pensa a Maria come alla Serva del Signore, povera e perseguitata con e come suo Figlio. Si potrebbe concludere, quindi, che se anche il Magnificat non fosse stato composto da lei, potrebbe in verità esserlo perché, secondo Luca, corrisponde perfettamente ai suoi sentimenti. La prima Chiesa ha sentito la Madre di Gesù come la figura più autorevole per pronunciare il Magnificat della Comunità povera e sofferente. Maria si eleva quindi a rappresentante privilegiata di tutti i poveri.

Al di là di questa interpretazione, è certo che Maria emerge nel Magnificat come la personificazione o il tipo del Popolo di Dio di tutti i tempi, per cui i cristiani di oggi devono riprendere questo inno e riviverlo nella fede e nella pratica con e come Maria di Nazaret, secondo le parole di Agostino: “In ognuno di voi sia l’anima di Maria a magnificare il Signore; in tutti noi sia lo spirito di Maria a esultare in Dio”.

Il Magnificat si pone dunque tra passato, presente e futuro in questo doppio rapporto:
Chiesa primitiva – MAGNIFICAT-  Chiesa del III millennio.

Questa lettura non deve trascurare l’ottica dei poveri su cui il Magnificat è centrato, dato che è proclamato da una povera e dalla Chiesa dei poveri e perseguitati e questo per riscoprire tutta la sua potenza liberatrice nei confronti degli ultimi. Tutto il Magnificat, infatti, è risonante delle voci dell’Antico Testamento e mostra una Maria-Chiesa impregnata di fede biblica, una fede fortemente messianica e liberatrice che guarda all’Esodo e all’avvento del Messia. Maria è l’Israele in cui si realizzano le promesse.

Struttura del Magnificat e ottica di lettura

Secondo la valida formula suggerita da J. Dupont, Il Magnificat può essere suddiviso in tre parti:

– I Parte: discorso spirituale – religioso (vv. 46 – 50): da: “L’anima mia…” a “quelli che lo temono”.

Questa parte è incentrata sulla serva (doúlee), e canta il Potente (Dynatós) che ha fatto grandi cose (megála) in favore della Vergine. Domina qui la misericordia di Dio (élios).

– II Parte: discorso politico – religioso (vv. 51-53) : da: “ha spiegato la potenza…” fino a “mani vuote i ricchi”.

Questa parte è centrata sugli umili (tapeinoús) e parla dei prepotenti (dynástas) contro i quali Dio ha fatto prodezze, rovesciandoli dai troni (katheîlen). Domina qui la potenza di Dio (krátos).

– III Parte: discorso etnico – religioso (vv. 54-55): da: “ha soccorso” fino a “sua discendenza per sempre”.
La parte centrale del canto è costituita dai vv. 50 – 53 ed è costituita da tre antitesi:

– contrapposizione tra i superbi che saranno dispersi da Dio e i timorati di lui, verso i quali egli stende invece la sua misericordia;

– contrapposizione tra i potenti che saranno rovesciati e gli umili che saranno innalzati;

– contrapposizione tra i ricchi che saranno svuotati e gli affamati che saranno invece ricolmati.

Questa parte centrale è preceduta dalla prima parte dominata dalla figura di Maria ed è seguita dalla terza parte che pone in rilievo la figura di Israele. Le due figure, la prima e l’ultima, si incontrano in quanto sia Maria che Israele sono “servi del Signore”:

– in riferimento a Maria si parla della sua “umiliazione” a cui corrispondono le “grandi cose” operate da Dio in lei (aspetto religioso – soteriologico);

– in riferimento ad Israele si parla delle “promesse” che si stano compiendo definitivamente (aspetto etico – religioso)” (Conferenza del Prof. Antonino Grasso agli Oblati di S. Benedetto del 28 maggio 2006 a Catania).