LA PARUSIA (13,24-27)
Il genere apocalittico (da โapo-kalupteinโ = โs-velareโ, togliere il velo del mistero) รจ una rimeditazione sugli annunci profetici riguardanti gli interventi di Dio nella storia, ma soprattutto una rilettura immaginifica della teologia del โGiorno di IHWHโ: esso sarebbe stato il momento del giudizio finale di Dio contro le nazioni infedeli e contro lo stesso Israele peccatore (Is 13,6-13; Sof 1,14; Gl 4,14-20; Zc 14,1; Ml 3,14-19…), ma anche di salvezza dei giusti dopo un periodo di tribolazione e di afflizione, con retribuzione terrena o futura (Dn 9; 11; 12). In un tempo di crisi e di oppressione, si rinnova la speranza in Dio che, tramite il suo Messia, interverrร per sconfiggere gli empi e far trionfare i buoni.
Gesรน utilizza questo genere letterario simbolico parlandoci del โprincipio dei doloriโ (Mc 13,8) (cfr le โdoglie del partoโ: Rm 8,22; Ap 12,2) per esprimere la condizione di sofferenza e di dolore in cui giace ogni uomo a causa della sua creaturalitร e della logica interna di questo mondo, ma da cui Dio trarrร una nuova creazione. L’โabominio della desolazioneโ (Mc 13,14) si riferisce alla profezia di Daniele (Dn 9,27; 11,31; 12,11), quando Antioco IV Epifane nel 168 a. C. profanรฒ il Tempio mettendo in esso la statua di Zeus Olimpo: tra le varie interpretazioni, pare piรน chiaro il riferimento alla Morte di Gesรน stesso, quando il Figlio stesso di Dio รจ dai Sommi Sacerdoti consegnato ai pagani.
Nel brano odierno, secondo un tipico schema apocalittico (prodigi nel cielo, avvento glorioso del Messia, riunificazione degli eletti), viene descritto il trionfo di Cristo.
LโApocalisse non รจ qualcosa che deve venire. LโApocalisse cโรจ giร stata. LโApocalisse รจ stata la battaglia cosmica delle forze del male che cercavano di stroncare il Messia.
Il Messia accetta la volontร del Padre, muore sulla croce e, cosรฌ facendo, distrugge definitivamente il male, la malattia, la morte, il peccato. LโApocalisse non si riferisce ad una venuta ulteriore del Signore: si riferisce alla venuta del Signore che culmina con la sua morte in croce.
ร il giorno che lโApocalisse definisce โdi Armagheddonโ (Ap 16,16). Giovanni, parlando di Armegheddon, tenta un gioco di parole chiaro per lโuditorio ebraico ma non piรน per chi non conosce bene la Bibbia, i procedimenti rabbinici e la storia di Israele: Har = montagna + Meghiddo = montagna come a Meghiddo. A Meghiddo muore Giosia di cui si dice: โFece scomparire gli idoli e gli abomini per mettere in pratica le parole della legge. Prima di lui non era esistito un re che come lui si fosse convertito al Signore con tutto il cuore, con tutta lโanima, con tutta la forza, e dopo di lui non ne sorse un altro simileโ (2 Re 23). Durante il suo regno il faraone Necao si mosse per soccorrere il re di Assiria sul fiume Eufrate: il re Giosia gli andรฒ incontro ma fu ucciso a Meghiddo (2 Cr 34-35). A Meghiddo muore un giusto, colui che รฉ reputato lโultimo re davidico giusto, ma su un monte (Har), il Golgota, muore un altro discendente di Davide, re ma non di questo mondo, e giusto come colui che morรฌ a Meghiddo. Giovanni vuole dirci che come a Meghiddo morรฌ lโultimo re giusto dellโA. T., su un monte vicino a Meghiddo e come a Meghiddo muore lโultimo giusto; questa morte รจ la vittoria nella battaglia contro il male. E allora Armagheddon รฉ il Golgota.
In Marco, a differenza di Matteo (Mt 24), non cโรจ accenno alla fine del mondo: โNiente in queste parole, nรฉ nella piccola apocalisse giudaica di base, annunzia una cosa diversa dalla crisi messianica imminente e dallโattesa liberazione del popolo eletto, che si รจ compiuta in effetti con la rovina di Gerusalemme, la resurrezione del Cristo e la sua venuta nella Chiesaโ (Bibbia di Gerusalemme).
LโApocalisse annuncia la fine dei tempi, e la fine dei tempi avviene nella morte del Signore, e nella sua Resurrezione, in cui per sempre รจ sconfitto il Satana e incatenato, e noi entriamo nella gloria di Dio.
Certo, dirร san Paolo, noi siamo sospesi tra il โgiร โ e il โnon ancoraโ. Il battezzato รจ giร morto e risorto in Cristo: โCon lui infatti siete stati sepolti insieme nel battesimo, in lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio… Con lui Dio ha dato vita anche a voiโ (Col 2,12-13); โSiete risorti con Cristoโ (Col 3,1);ย il credente รจ giร collocato con Gesรน nei cieli: โDa morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo… Con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieliโ (Ef 2,5-6)!
In tal senso nasce poi, secondo la lettura moderna, il testo dellโApocalisse: siamo โgiร โ salvati, โgiร โ redenti, โgiร โ possessori dei beni del Regno, la grazia, la vita di Dio, la vittoria sul peccatoย e sul male, anche se, ancora imprigionati nella dimensione spazio-temporale tipica della creaturalitร , โnon ancoraโ li gustiamo esperienzialmente: per ora solo nella Fede partecipiamo a questo evento, finchรฉ la nostra morte, liberandoci dalla nostra dimensione terrena e lanciandoci nellโeternitร di Dio, ci permetterร di vivere in pienezza la salvezza e lโincontro con Dio. Per lโApocalisse, grande messaggio di speranza, nella Croce e Resurrezione giร si รจ realizzato il โgiorno del Signoreโ, e nella nostra morte noi entreremo nella dimensione di Dio, in cui, fuori dallo spazio e dal tempo, il โgiudizio particolareโ di ciascuno di noi e il โgiudizio universaleโ coincidono.
Ecco perchรฉ il credente anela di uscire dalla sua dimensione corporea per incontrarsi con Dio nel momento della sua morte. Ecco perchรฉ la morte per il credente non dovrebbe essere qualche cosa di spaventoso, ma dovrebbe essere il tempo glorioso in cui io Sposo si ricongiunge con la Sposa: ecco perchรฉ quando noi diciamo: โMaranathร !โ, โSignore, vieni!โ (Ap 22,27.20), in fondo noi non chiediamo altro al Signore che presto venga nella nostra vita ad accoglierci nel suo Regno.
Il credente รจ convinto che la sua vita sia un dono, e sa che la sua morte non รจ una cosa tragica ma รจ un passaggio nelle braccia di Dio, quindi aspira e aspetta la sua venuta, che รจ proprio il momento della morte.
LA PARABOLA SUL DISCERNIMENTO (13,28-32)
28 Dal fico imparate questa parabola: quando giร il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che lโestate รจ vicina; 29 cosรฌ anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli รจ vicino, alle porte. 30 In veritร vi dico: non passerร questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenute. 31 Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. 32 Quanto poi a quel giorno o a quellโora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre.
Il riferimento alla passione, morte e resurrezione di Gesรน รจ evidente: โNon passerร questa generazione prima che tutte queste cose siano avvenuteโ (13,30). La venuta di Dio nella nostra vita รจ certa, come lโestate quando fiorisce il fico (13,28-29): ma nessuno la conosce, se non il Padre (13,32): a noi non resta che vegliare, vivendo il presente con impegno, lasciando ad altri i calcoli, la paura, le previsioni catastrofiche.
Carlo Miglietta
Il commento alle letture di domenica 7 novembre 2021 a cura di Carlo Miglietta, biblista; il suo sito รจ โBuona Bibbia a tuttiโ.



