Commento al Vangelo di domenica 12 novembre 2017 – ElleDiCi

PER ANNUNCIARE LA PAROLA

NEL CAMMINO VERSO DIO

La colletta ci ricorda una realtà che per il cristiano è assolutamente certa e d’importanza essenziale, la più importante per capire il significato della nostra esistenza: «Dio grande e misericordioso, allontana ogni ostacolo nel nostro cammino verso di te». Questo è la vita: un cammino verso Dio, nostra mèta, nostro ultimo fine. Questa verità, che dovrebbe esserci sempre presente, ci è stata richiamata con una forza particolare quando, all’inizio di questo mese, la liturgia ci ha ricordato i fratelli che nel cammino verso Dio «ci hanno preceduti con il segno della fede e dormono il sonno della pace» (Canone romano). Oggi la parola di Dio, «lampada per i miei passi… luce sul mio cammino» (Sal 118,105), ci è di particolare aiuto a scorgere questa via e camminarvi in modo da raggiungere la mèta, come fa l’automobilista attento alle indicazioni stradali, il pilota che preparandosi alla discesa osserva la pista illuminata dai riflettori.

La sapienza è radiosa e indefettibile

«La natura intellettuale della persona umana raggiunge la perfezione, com’è suo dovere, mediante la sapienza, la quale attrae con soavità la mente dell’uomo a cercare e ad amare il vero e il bene, e, quando l’uomo ne è ripieno, lo conduce attraverso il visibile all’invisibile. L’epoca nostra, più ancora che i secoli passati, ha bisogno di questa sapienza, perché diventino più umane tutte le sue nuove scoperte» (Gaudium et Spes, 15). Necessaria perché l’uomo possa pienamente realizzarsi come uomo, secondo la vocazione che ha da Dio, la sapienza è dunque indispensabile perché egli possa conoscere la mèta che Dio gli ha prefissato e trovare la via per raggiungerla. Essa è dono di Dio che la dà generosamente a chi la domanda con fede (cf Gc 1,5). Anzi, già nel libro della Sapienza, preludendo alla piena rivelazione del Nuovo Testamento, la Sapienza si presenta con connotati che fanno pensare a una persona, a Cristo, «potenza di Dio e sapienza di Dio, il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione» (1 Cor 1,24-30). Essa si lascia contemplare da chi l’ama trovare, da chi la ricerca, anzi «previene, per farsi conoscere, quanti la desiderano». Tocca a noi dunque cercarla con sollecitudine, accoglierla, «riflettere su di essa», vegliare per lei, far tesoro dei suoi insegnamenti. Come il pio ebreo che prega nel salmo responsoriale: «O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, di te ha sete l’anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz’acqua». In pratica, cercheremo e accoglieremo la Sapienza ascoltando e meditando la parola di Dio, rivolgendoci a lui nella preghiera, trovando il tempo per il silenzioso colloquio con lui in qualsiasi momento, anche «nelle veglie notturne».

Saremo sempre con il Signore

Oggi la Sapienza, per bocca di Paolo, ci illumina, ci dà conforto e speranza quando pensiamo – e dovremmo pensarci spesso! – ai «nostri» morti, a tutti i morti, a noi stessi, che in un giorno più o meno lontano saremo pure tra i morti. Ci assicura che la morte non è la fine, come non lo è stata per Gesù: «Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risuscitato; così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui». La risurrezione del Signore, cardine della nostra fede, è anche il pegno sicuro della nostra risurrezione: «Se si predica che Cristo è risuscitato dai morti, come possono dire alcuni tra voi che non esiste risurrezione dei morti? Se non esiste risurrezione dei morti, neanche Cristo è risuscitato! Ma se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede» (1 Cor 15,12-14).

I Tessalonicesi, che attendevano prossima la venuta gloriosa del Signore, si interrogavano sulla sorte di quelli che erano morti: che sarebbe stato di loro, a confronto con quelli che Gesù avrebbe trovato vivi? Ciò che interessa per noi è che risorgeremo con lui, poco importa quando e come, e che «saremo sempre con il Signore». «Prima di regnare con Cristo glorioso, tutti noi compariremo “davanti al tribunale di Cristo, perché ciascuno ritrovi ciò che avrà fatto quando era nel suo corpo, sia in bene che in male” (2 Cor 5,10), e alla fine del mondo “ne usciranno, chi ha operato il bene a risurrezione di vita, e chi ha operato il male a risurrezione di condanna” (Gv 5,29; cf Mt 25,46)» (Lumen gentium, 48). Paolo ha detto il motivo per cui dà questi ammonimenti «sulla parola del Signore»: «Perché non continuiate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza». E conchiuderà: «Confortatevi dunque a vicenda con queste parole».

S. Agostino commenta: «Può esserci un cuore d’uomo che non provi dolore per un morto che gli è molto caro: non è meglio se un cuore umano trova conforto nel suo dolore piuttosto che non provare dolore e diventare disumano?». E ricorda il pianto di Maria, sorella di Lazzaro, e di Gesù stesso, che pure stava per richiamarlo in vita. E ancora: «È inevitabile che vi sentiate tristi: ma quando sei triste, la speranza ti consoli… Quale consolazione? Perché il Signore stesso, ad un ordine, alla voce dell’arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo; quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nubi, per andare incontro al Signore nell’aria. E questo solo per un certo tempo? No: e così saremo sempre con il Signore».

Vegliate dunque

S. Agostino riconosceva già la difficoltà di spiegare punto per punto la parabola raccontata qui da Matteo, particolarmente si domandava chi si vuole indicare con le dieci vergini. Possiamo seguirlo quando vede rappresentata in esse non una categoria determinata di persone, ma tutta la Chiesa. Ciò è importante per le conseguenze pratiche che ne derivano in ordine alla conclusione indicata da Gesù stesso: «Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora». Ci fermeremo su questo, senza affrontare i difficili problemi che presenta la parabola a volerla interpretare nei particolari. S. Paolo ci ha parlato della «venuta del Signore», alla fine dei tempi, quando Dio «per mezzo di Gesù radunerà tutti quelli che sono morti insieme con lui». Per ciascuno di noi il Signore verrà al momento della nostra morte, che segnerà l’incontro con lui. Quando, sia per la prima sia per la seconda venuta, non sappiamo. Egli stesso ci dice che verrà come un ladro, nell’ora che non immaginiamo, e perciò ci esorta a vegliare (cf Mt 24,42-44).

Che vuol dire vegliare? Attendere il Signore che verrà a giudicarci, con l’umiltà e il timore che c’ispira la coscienza dei nostri peccati. Se uno sapesse, ci avverte s. Gregorio Magno, quando deve morire, potrebbe dedicare il tempo che crede ai piaceri, riservandosi poi un altro tempo per pentirsi. «Ma colui che ha promesso il perdono a chi si pente, non ha promesso il domani a chi pecca. Dobbiamo dunque sempre attendere con timore il giorno ultimo, non potendolo mai prevedere». Vuol dire non starsene neghittosi ma attendere seriamente al nostro dovere, come spiega s. Ilario: «Le vergini sagge sono quelle che impiegano bene il tempo destinato all’azione mentre si è nel corpo; si sono preparate ad andare prontamente incontro al Signore che viene. Le stolte, quelle che, trascurate e negligenti, si sono date premura solo per il presente, dimenticando le promesse di Dio senza guardare avanti nella speranza della risurrezione».

S. Agostino si domanda: «Se dobbiamo dormire, come possiamo vegliare?». E risponde: «Veglia col cuore, veglia con la fede, veglia con la speranza, veglia con la carità, veglia con le opere: e quando col corpo avrai dormito, verrà l’ora di alzarti. Quando ti sarai alzato, prepara le lampade. Non si spegneranno quando saranno alimentate dall’olio spirituale della coscienza. Oggi fatichiamo e le nostre lampade oscillano tra i venti di questo mondo e le tentazioni, ma arda con forza la nostra fiamma, così che il vento della tentazione ravvivi la fiamma anziché spegnerla».
Ascoltiamo ancora s. Ilario: «L’olio è il frutto delle opere buone». Anche s. Agostino: «Hanno le lampade nel senso che hanno le opere buone, di cui il Signore ha detto: “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli” (Mt 5,16). Così pure dice ai discepoli: “Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese” (Lc 12,35)». E più avanti: l’olio è la carità. S. Gregorio Magno, a sua volta, ravvisa nell’olio le buone opere, ma nascoste, come l’olio nella lucerna, sotto il velo dell’umiltà.
È questo il nostro modo di pensare, di vivere? Abbiamo bisogno della sapienza di Dio che c’illumini. Abbiamo bisogno della «forza dello Spirito Santo», che ci viene comunicato nel sacramento che celebriamo; preghiamo che «rimanga in noi e trasformi tutta la nostra vita» (preghiera dopo la comunione).

 Fonte

Tratto da “Omelie per un anno 1 e 2 – Anno A” – a cura di M. Gobbin – LDC

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XXXII Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

Mt 25, 1-13
Dal Vangelo secondo  Matteo

1Allora il regno dei cieli sarà simile a dieci vergini che presero le loro lampade e uscirono incontro allo sposo. 2Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; 3le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio; 4le sagge invece, insieme alle loro lampade, presero anche l’olio in piccoli vasi. 5Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono. 6A mezzanotte si alzò un grido: “Ecco lo sposo! Andategli incontro!”. 7Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. 8Le stolte dissero alle sagge: “Dateci un po’ del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono”. 9Le sagge risposero: “No, perché non venga a mancare a noi e a voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene”. 10Ora, mentre quelle andavano a comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. 11Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: “Signore, signore, aprici!”. 12Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. 13Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 12 Novembre  – 18 Novembre 2017
  • Tempo Ordinario XXXII
  • Colore Verde
  • Lezionario: Ciclo A
  • Salterio: sett. 4

Fonte: LaSacraBibbia.net

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