Commento al Vangelo di domenica 5 Febbraio 2023 – Comunità Kairos

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Questo brano è collocato immediatamente dopo le beatitudini (Mt 5,1-12) nel cuore del cosiddetto discorso della montagna in cui viene delineata l’identità del discepolo. In continuità con tale discorso, Gesù si rivolge direttamente a chi ha deciso di seguirlo, interpellando ciascun credente con quel “voi” che include sia i discepoli del tempo di Gesù sia quelli di ogni epoca, fedeli all’insegnamento ricevuto nel “beati voi”.

Le due immagini del sale e della luce usate da Gesù che identificano lo “stare al mondo” del cristiano, rientrano entrambe nell’ambito dell’indispensabile per l’uomo, in particolare per gli uomini e le donne di Galilea al tempo in cui Gesù di Nazareth predicava. La luce infatti caratterizzava il ritmo della vita attiva e sociale, senza la quale l’uomo era destinato all’inattività, ed il sale, oltre ad insaporire i cibi, ne garantiva una più lunga conservazione.

Dopo aver proclamato le beatitudini Gesù quindi si rivolge ai suoi discepoli e dice loro: “Voi siete il sale della terra” (v.13), e qui l’immagine del sale rimanda anche ad un altro importante significato per quei tempi, perché è l’elemento che rende valida e vera un’alleanza. Era consuetudine infatti conferire validità ad un documento spargendovi sopra del sale, un gesto dalle radici antiche. Nell’AT il sale rappresenta il segno dell’alleanza di Dio con il suo popolo: “Nella tua oblazione non lascerai mancare il sale dell’alleanza del tuo Dio; sopra ogni tua offerta offrirai del sale” (Lv 2,13). Il sale allora rende valida e continua questa alleanza, e Gesù nelle beatitudini proclama la nuova alleanza tra Dio e il suo popolo. I discepoli, ovvero coloro che accolgono tale alleanza, devono esserne garanti e testimoni con la loro vita e le loro opere. Pertanto la fedeltà dei discepoli alle beatitudini rende valida la nuova alleanza e consente l’instaurazione del regno di Dio qui ed ora, “Il regno di Dio è in mezzo a voi” (Lc 17, 21). E così coloro che stanno alla sequela di Gesù di Nazareth sono chiamati in primo luogo ad essere per gli altri, a dare “sapore” e “sapienza” alla vita di chi gli sta accanto; il sale infatti conferisce gusto a qualcos’altro, vivendo senza ostentazione nel nascondimento al punto da non essere più individuabili, e mantenendo quel sapore che proviene da Cristo stesso.

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In altre parole, il cristiano di ogni tempo e di ogni luogo è chiamato ad esercitare un discernimento per il suo stare nel mondo nella solidale compagnia degli uomini e delle donne, una solidarietà vissuta fino a “nascondersi” come il sale negli alimenti con la consapevolezza di essere solo “apportatori di gusto”. Ma Gesù mette in guardia che per svolgere la funzione del sale nel mondo, bisogna essere fedeli alle beatitudini per non diventare “insipidi”, ovvero privi di gusto. Se il sale non mantiene la sua proprietà, allora non serve più, e può solo essere buttato via: “ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? Non ha più forza per niente, se non per essere gettato fuori e calpestato dalla gente” (v.13). Allo stesso modo anche la comunità cristiana, che accoglie con entusiasmo il messaggio evangelico ma non lo mette in pratica, e non è più in grado di mantenere la sua specificità e fedeltà alla Parola, perde il suo sapore e non ha più ragione di essere.

La seconda immagine utilizzata da Gesù, “Voi siete la luce del mondo” (v.14), rimanda al sole e alla vita, e ricorre molto spesso in tutte le Scritture, la luce è infatti l’immagine più forte della presenza di Dio e di Gesù. La luce è essenziale per la vita e per questo Dio è celebrato nelle Scritture mediante questa metafora:“In te è la fonte della vita, nella tua luce noi vediamo la luce” (Sal 36,10), “Sei avvolto in un manto di luce” (Sal 104,2), “Dio è luce e in lui non ci sono tenebre” (1 Gv 1,5), e quindi il suo insegnamento e le sue parole sono “luce”. Ed i protagonisti di una missione voluta da Dio sono anch’essi luce: “Alzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla

sopra di te” (Is 60,1). La comunità cristiana allora non risplende di luce propria, ma la riceve dal suo Maestro e Signore e la riflette: “Io sono la luce del mondo” (Gv 8,12), e per questo i discepoli sono dunque “figli della luce” (Lc 16,8; Gv 12,36) e devono pertanto brillare come stelle annunciando la Parola: “dovete splendere come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita” (Fil 2,15-16).

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La missione della comunità cristiana è ben rappresentata dall’immagine della città sul monte, visibile da lontano quale punto di riferimento, “non può restare nascosta una città che sta sopra un monte” (v.15), ovvero quella di illuminare e orientare i cammini dell’umanità. Questo è un impegno ed una responsabilità che i cristiani devono portare avanti senza trionfalismi e senza proselitismi, dimorando là dove siamo stati chiamati a vivere, e permettendo che la luce donataci da Dio si diffonda sugli altri che incontriamo durante il nostro cammino di umanizzazione: “né si accende una lampada per metterla sotto un moggio, ma sopra il lucerniere, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa” (v.15). Il credente è chiamato pertanto a promuovere, secondo il messaggio evangelico, pace e giustizia in un mondo costantemente dilaniato dai conflitti, a donare aiuto e conforto agli ultimi ed agli emarginati verso le “periferie sia geografiche che esistenziali” senza alcuna ricerca di consenso e senza forme di prevaricazione. Allora la luce che inonda la società ed il mondo proviene dalle “belle opere”, frutto della pratica delle beatitudini che manifesta chi è l’uomo ma soprattutto manifesta visibilmente chi è Dio, “così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre belle opere e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli” (v.16).

Ecco quindi il fulcro di tutto il brano: deve essere glorificato il “Padre vostro che è nei cieli”, a Dio va riconosciuta l’origine di ogni azione di luce compiuta dai discepoli di Gesù di Nazareth, affinché quelle azioni di misericordia e di giustizia narrate già dal profeta Isaia nella Prima Lettura (Is 58,7-10), quando sono osservate dagli altri possano provocare in loro il riconoscimento dell’amore gratuito di Dio Padre riversato a tutti gli uomini e a tutte le donne di ogni tempo e di ogni luogo poiché “Dio non fa preferenza di persone” (At 10,34).


A cura di Luigi per la Comunità Kairos.

Immagine di Dimitris Vetsikas da Pixabay