Commento al Vangelo di domenica 30 Settembre 2018 – don Marino Gobbin

L’AMORE E LA GIUSTIZIA

Le letture di questa domenica richiamano due temi di fondo che sono presenti in tutta la Bibbia: l’amore di Dio e la sua giustizia. Poiché la parola di Dio dobbiamo accettarla tutta intera, senza mutilarla a nostro arbitrio, ascolteremo oggi con fede sia il messaggio che parla d’amore, sia il severo richiamo alla giustizia di Dio.

“Chi non è contro di noi, è per noi”
L’apostolo Giovanni ha denunciato a Gesù un fatto giudicato riprovevole dal gruppo dei discepoli e aspetta dal Maestro una parola di condanna. C’è uno che non fa parte del gruppo, eppure caccia i demoni nel nome di Gesù. Ma Gesù non è d’accordo con i suoi: “Chi non è contro di noi, è per noi”. Non condanna, ma comprensione e condiscendenza. Un chiarimento sembra opportuno. S. Matteo (12,30) e s. Luca (11,23) riferiscono una parola di Gesù che sembra contraddire quella citata or ora: “Chi non è con me è contro di me”. Ma qui si parla dell’opposizione radicale e irriducibile fra Gesù e Satana, mentre l’esorcista di cui informa Marco non era certo un avversario di Gesù se invocava il nome di lui per cacciare i demoni. Il Maestro vuole allontanare dall’animo dei discepoli ogni sentimento di gelosia ed esortarli col suo esempio alla bontà verso tutti.

Come Mosè, che rifiuta d’impedire a quelli che profetizzano in modo ritenuto arbitrario da alcuni, ma al contrario si augura che a tutti il Signore voglia dare lo spirito di profezia. Ciò nel senso in cui Origene spiega l’episodio: “Mosè, e lo Spirito che era in lui, era una lampada di luminoso splendore, dalla quale Dio accese altre settanta lampade; a queste giunse lo splendore di quella luce, senza che la sorgente da cui derivava ne abbia subìto alcun danno”.
Non è che Gesù trascuri i suoi. Al contrario, quello che segue mostra come essi gli stanno a cuore: “Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa”. Egli li ama: lo fa capire qui, lo dirà più tardi nei termini più espliciti: “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi” (Gv 15,9); “Voi siete miei amici, se farete ciò che vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi” (Gv 15,4-15).

Immediatamente prima ha mostrato come il suo amore lo porta fino a dare la vita per loro: “Nessuno ha un amore più grande di questo, dare la vita per i propri amici” (v. 13). Cosa sono i suoi miracoli se non altrettante prove del suo amore, soprattutto verso i bisognosi, i malati, i sofferenti? Le conseguenze pratiche vengono spontanee: confidare in lui, nel suo amore: “Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me” (Gv 14,1). E a conclusione della lunga conversazione del Cenacolo: “Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia: io ho vinto il mondo!” (Gv 16,33).

Amare Gesù. Non è una pia esortazione per chi vive in convento, ma un invito che il Signore rivolge a tutti, un dovere fondamentale per chi si dice cristiano: “Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore” (Gv 15,9-10); “Se qualcuno non ama il Signore sia anatema” (1 Cor 16,22).

Amare i fratelli, sull’esempio di Gesù: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,34-35); “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati” (Gv 15,12). Ricordando che “tutti nella Chiesa, sia che appartengano alla gerarchia sia che da essa siano diretti, sono chiamati alla santità”, cioè alla “pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità”, il Concilio afferma: “Il dono primo e più necessario è la carità, con la quale amiamo Dio sopra ogni cosa e il prossimo per amore di lui” (Lumen Gentium, 39.41.42). Questo vale per la Chiesa universale, come vale per i rapporti tra i singoli membri della Chiesa, come per la diocesi; è un incitamento a vivere in modo sempre più impegnativo la comunione, nell’amore sincero e generoso e nell’operosa collaborazione alle iniziative della Chiesa locale.

“Piangete e gridate per le sciagure che vi sovrastano!”

Questa severa minaccia di Giacomo sembra contrastare con le parole di Gesù che suonano condiscendenza, bontà, amore. Ma anche questa lettera, di cui abbiamo ascoltato vari passi nelle scorse domeniche, è parola di Dio e dobbiamo prenderla sul serio. Qui si rimproverano e si condannano i ricchi che pongono la loro fiducia nelle ricchezze e che per accumulare sempre di più sfruttano senza scrupolo i deboli. Sentiamo qui un’eco e uno sviluppo delle parole di minaccia pronunciate da Gesù: “Guai a voi ricchi, perché avete la vostra consolazione. Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame” (Lc 6,24-25). I profeti non erano stati meno duri contro i ricchi egoisti, ingiusti e senza cuore, avidi di quello che s. Pier Damiani chiamava lo “sterco dell’avarizia”. “Guai a voi, che aggiungete casa a casa e unite campo a campo, finché non vi sia più spazio, e così restate soli ad abitare nel paese” (Is 5,8). Amos stigmatizza la crudeltà di coloro che “hanno venduto il giusto per il denaro e il povero per un paio di sandali; essi che calpestano come la polvere della terra la testa dei poveri” (2,6-7; cf 8,6). Li spoglierà delle loro ricchezze: “Demolirò la casa d’inverno insieme con la casa d’estate e andranno in rovina le case d’avorio e scompariranno i grandi palazzi” (3,15).

Che cosa rimprovera s. Giacomo ai ricchi? Il porre la loro fiducia nelle ricchezze come se potessero contarci sopra per essere felici per sempre, mentre tutto ciò che considerano più prezioso è destinato ad imputridirsi e andare in rovina, mentre alla fine li aspetta il castigo di Dio. Come il ricco della parabola che, dopo un raccolto abbondante, diceva a se stesso: “Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà?” (Lc 12,19-20). Come quell’“uomo ricco, che vestiva di porpora e bisso e tutti i giorni banchettava lautamente”, ma finì “nell’inferno fra i tormenti” (Lc 16,19-23).

Tra le parole di Gesù ce n’è una che suona durissima, ma non per questo possiamo cancellarla dal Vangelo: “Quant’è difficile, per coloro che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!” (Lc 18,24).

Che cosa rimprovera s. Giacomo ai ricchi? L’ingiustizia verso i lavoratori dipendenti a cui negano la mercede dovuta, cioè l’oppressione di chi non può far valere i propri diritti. Come il profeta Amos alle donne della buona società che inducono i mariti a opprimere i deboli, a schiacciare i poveri (4,1); ai prepotenti “oppressori del giusto, incettatori di ricompense” (la vecchia storia delle bustarelle!), che “respingono i poveri nel tribunale” (5,12). Non c’è bisogno di cercare lontano per vedere come tutto questo è attuale.

Ma le minacce divine non colpiscono solo l’avidità del denaro e l’oppressione dei poveri. Gesù si scaglia con parole di fuoco contro chi scandalizza “uno di quei piccoli che credono”. Certo, i disordini stigmatizzati da Giacomo sono anch’essi una forma di scandalo che può mettere a repentaglio la fede dei “piccoli”, di coloro che difficilmente sanno distinguere la Chiesa dai suoi membri indegni. Ma ogni forma di scandalo, ogni peccato pubblico che può indurre altri in tentazione merita i terribili castighi di Dio e dev’essere evitato a qualsiasi costo. L’incredulità e l’ostentata avversione a Dio e alla Chiesa, la sfrontata immoralità nel campo sessuale, l’odio e la violenza ispirati dall’odio.

Qualunque sacrificio deve affrontare il seguace di Cristo, piuttosto che esporsi, dando scandalo o cedendo allo scandalo, al supplizio eterno che attende chi ostinatamente si ribella all’amore del Salvatore.
Giustizia e amore. Vogliamo poter contare sull’amore che perdona e non costringere Dio, giusto giudice, a infliggerci i castighi ch’egli minaccia? È ancora s. Giacomo che risponde: “Parlate e agite come persone che devono essere giudicate secondo una legge di libertà, perché il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà usato misericordia; la misericordia invece ha sempre la meglio nel giudizio” (2,12-13). Usare misericordia, perdonare, amare i fratelli, amare lui nei fratelli che sono la sua immagine, che sono come noi suoi figli, amati da lui fino a mandare il suo Figlio per dare a tutti la vita eterna (cf Gv 3,14-15). Perché “Dio è amore” (1 Gv 4,8-16); perché, l’abbiamo ricordato a lui, con umiltà e fiducia, nella preghiera, egli rivela la sua “onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono”.

Fonte

Tratto da “Omelie per un anno 1 e 2 – Anno A” – a cura di M. Gobbin – LDC

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XXVI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B

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Chi non è contro di noi è per noi. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala.

Mc 9,38-43.45.47-48
Dal Vangelo secondo Marco

In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi.
Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 30 Settembre – 06 Ottobre 2018
  • Tempo Ordinario XXVI
  • Colore Verde
  • Lezionario: Ciclo B
  • Anno: II
  • Salterio: sett. 2

Fonte: LaSacraBibbia.net

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