Commento al Vangelo di domenica 30 Dicembre 2018 – mons. Giuseppe Mani

Le nostre famiglie, questo microcosmo, presentano tutte le figure possibili. Ci si scoprono tutti i vizi, le crudeltà e le pretese che si trovano nella società. Le coppie si costituiscono per interesse o, soprattutto oggi, per attrazione naturale. Se non c’è che l’interesse o la volontà di sposarsi ad ogni costo i conflitti sono immediati e continui.

L’attrazione da sola non dice niente della vivibilità della coppia perché può, essere anche l’espressione del più grande egoismo. I conflitti genitori-figli sono dello stesso tipo, ogni volta si trova lo stesso schema: ciascuno vuol seguire le proprie idee, i propri gusti o le proprie passioni senza tener conto di ciò che l’altro desidera.

Né l’amore dell’uomo e della donna, né l’amore materno o paterno istintivi trasformano magicamente gli atteggiamenti profondi di ciascuno, soprattutto in maniera durevole. Questi atteggiamenti son sempre discutibili in partenza. In breve, la famiglia in se stessa non ha una virtù terapeutica o, per usare un linguaggio ecclesiastico: santificatrice. La famiglia è una realtà umana come le altre. Realtà fondamentale, certo, ma che essendo il luogo in cui si legano le relazioni primarie, mette in luce ciò che c’è di meglio e di peggio nell’uomo.

Ecco perché la famiglia come tutte le cose deve essere evangelizzata per non ridursi ad un nido di vipere. La famiglia di Gesù. Ci viene descritta la famiglia di Gesù come una famiglia senza problemi in cui ciascuno è tutto amore degli altri. Si può legittimamente supporlo, anche se i vangeli non ci dicono niente anche perché, sapere come le cose andavano in quella famiglia, non era necessario alla rivelazione. Tuttavia di questa famiglia la Scrittura ci dice qualcosa. Matteo ci parla delle difficoltà di Giuseppe che decide di separarsi dalla sua fidanzata poco prima del matrimonio alle prese con un problema difficile.

Per passare dalla paura alla fede ha bisogno di essere evangelizzato. (Mt 4,18-25) Luca parla di incomprensione dei parenti nei riguardi del figlio (2,50). Nel nostro Vangelo Gesù manifesta chiaramente la sua indipendenza. Maria lo riprende e Lui anziché gettarsi tra le sue braccia per chiedere scusa, si difende, contesta la ricerca di cui è stato oggetto e finalmente ha l’ultima parola.

Essi non comprendono ma non impongono la loro autorità. Al v.51 non dice “essi lo ricondussero a Nazareth” ma Egli ridiscese…..e fu loro sottomesso”: Gesù è il soggetto, rientra e si sottomette perché Lui lo vuole. Soprattutto il rispetto. Benchè i testi non ne parlino il rispetto si impone sia per la posizione presa da Giuseppe in Matteo che per l’atteggiamento di Maria e Giuseppe in Luca. Rispetto per il mistero dell’altro che anche nella propria famiglia è sempre il mistero di Dio.

Il rispetto è la prima espressione dell’amore e può anche essere il suo coronamento. Può essere anche la sua condizione, quando non si sa più che l’altro è mistero e si sa tutto di lui può diventare un oggetto ben conosciuto di cui non ci si aspetta più niente da lui. Questo rispetto non è soltanto un atteggiamento morale ma anche un atteggiamento di fede dinanzi al lavoro di Dio nell’altro. Il nostro prossimo sono anche il luogo in cui Dio affronta e supera il male dell’uomo.

Ciascuno ha il suo ruolo da giocare in questa lotta. Il nostro ruolo è soltanto: noi non possiamo prendere né la responsabilità né la decisione. Questo è il rispetto. Le generazioni. Ciascuno di noi deve giocare il suo ruolo nel mondo degli uomini, poi sparire di scena. Questo ruolo è tra l’altro un ruolo di trasmissione. Ciascuno ha ricevuto la vita e deve passarla. Noi siamo relazione. Questo è vero per la vita, per la scienza e per la cultura. Infine è vero anche per la fede.

Ci sono le generazioni, il legame continuo che formano un unico legame tra l’umanità. La vita ci viene da Dio attraverso gli uomini che sono i nostri genitori e va a Dio attraverso uomini che sono i nostri figli. Da questo il rispetto e l’onore per coloro che ci precedono e coloro che ci seguono (prima e seconda lettura). Anche i celibatari sono un passaggio da Dio a Dio.

Commento a cura di mons. Giuseppe Mani dal sito www.giuseppemani.it

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