Commento al Vangelo di domenica 25 marzo 2018 – Comunità Monastica Ss. Trinità

Domenica delle Palme e della Passione del Signore

Processione

Con la domenica odierna si aprono le celebrazioni della settimana santa. In questo giorno la liturgia ci invita a fare memoria della passione del Signore, facendoci riascoltare i racconti evangelici che narrano gli ultimi eventi dell’esistenza terrena di Gesù. La celebrazione eucaristica vera e propria è però preceduta da un gesto simbolico che fa come da portale d’ingresso alla settimana che ci conduce alla Pasqua: la processione delle palme in onore a Cristo Re. In questa processione, più che la commemorazione aneddotica dell’entrata trionfale del Signore in Gerusalemme, dobbiamo vedere la salita del popolo di Dio, la nostra salita con Gesù verso il Calvario, verso la croce. È ciò che mette bene in luce la breve esortazione che il celebrante recita all’inizio di questo rito: «Accompagniamo con fede e devozione il nostro Salvatore nel suo ingresso nella città santa, e chiediamo la grazia di seguirlo fino alla croce…».

Il testo di Mc 11,1-11 (la liturgia omette il v. 11) ci presenta l’ultimo decisivo tratto di quel cammino che Gesù sta percorrendo ormai da molti giorni, in compagnia dei suoi discepoli, verso la mèta finale rappresentata da Gerusalemme e dal suo luogo santo per eccellenza: il tempio (Marco è il solo evangelista a menzionare esplicitamente l’entrata di Gesù nel tempio: cfr. v. 11).

La città santa è ormai alle porte e Gesù, con il corteo che lo segue, fa una breve sosta presso il monte degli Ulivi, luogo carico di risonanze bibliche (cfr. 2Sam 15,32; Ez 11,23), dal quale, secondo la profezia di Zaccaria, Israele aspettava la venuta del Signore per il giudizio definitivo contro i suoi nemici (cfr. Zc 14,4). Qui Gesù prende una singolare iniziativa: manda due dei suoi discepoli a cercare un asinello «sul quale nessuno è ancora salito» (v. 2). Stupisce l’importanza data a questo asinello, tanto che l’evangelista dedica addirittura più di metà del suo racconto (ben 6 versetti su 11!) per descrivere la sua ricerca. L’episodio, però, appare meno strano se lo si legge alla luce della profezia di Zc 9,9-10, dove si parla del re messianico, umile e pacifico, che viene a dorso di un asino. La dichiarata volontà di Gesù di entrare in Gerusalemme su questa cavalcatura di pace (che lo stesso Zaccaria, nel passo citato, contrappone ai cavalli quali strumenti di guerra) è già indicativa di quale messianicità egli voglia rivestirsi.

«Il Signore ne ha bisogno» (v. 3). Oltre a manifestare un «bisogno» di Gesù alquanto inusuale (proprio di quell’asinello ha bisogno e non di altro!), questa affermazione è estremamente interessante perché è la prima volta che Gesù si autodesigna col titolo di «Signore». In tutta la narrazione evangelica di Marco, infatti, Gesù ha sempre cercato di nascondere al pubblico la sua vera identità e, tutt’al più, usava per sé l’appellativo «Figlio dell’uomo». Dobbiamo pensare che qui fa un’eccezione al suo abituale riserbo? È forse giunto il momento di alzare finalmente il velo sul mistero della sua persona? Senza dubbio, il fatto di entrare in Gerusalemme con un apparato simbolico che ricalca da vicino la profezia di Zaccaria significa che Gesù vuole consapevolmente essere riconosciuto come il Messia di Israele che viene a portare la salvezza e la pace al suo popolo. La Passione ha già qui il suo preludio ed è venuta l’ora di sciogliere ogni ambiguità. Se la scena, a cui assistono entusiasti i discepoli e la numerosa folla, assomiglia sempre più a una vera e propria intronizzazione regale (cfr. 1Re 1,38-40; 2Re 9,13), Gesù sa che il ‘trono’ sul quale rivelerà definitivamente, e senza più rischi di fraintendimenti, la sua regalità lo attende di lì a breve (dall’alto della croce non campeggerà forse la scritta: «Il re dei Giudei»?).

La folla acclama e grida in un tripudio di festa: «Osanna! Benedetto…». Essa sembra proprio riconoscere in Gesù il giungere dell’atteso «Regno del nostro padre Davide» (v. 10). Le speranze e i sogni dei presenti sono tutti orientati a un Messia che restaurerà il regno davidico. Ma sappiamo che Gesù, durante il suo ministero, non ha annunciato altro regno che quello di Dio. Il linguaggio della folla rimane dunque impreciso e ambiguo. E se così facilmente ora acclama e osanna Gesù che vede venire in vesti di re messianico, con altrettante facilità, non molto più tardi, griderà: «Crocifiggilo!» (15,13-14), che è, a dir poco, un’acclamazione alla rovescia! La folla allora preferirà Barabba e non saprà che farsene di questo Messia che delude le sue attese. Un altro Messia essa si aspettava… Ma per i suoi discepoli, per noi che desideriamo seguirlo sulla via crucis, colui che viene, povero e mite, cavalcando un asinello, è veramente colui nel quale prende corpo la benedizione di Dio (cfr. Ef 1,3ss). Una benedizione che ci raggiunge, paradossalmente, attraverso lo strumento della massima maledizione: «Maledetto chi pende dal legno» (Gal 3,13; cfr. Dt 21,23).

Celebrazione eucaristica

La proclamazione dell’evangelo della Passione ci inserisce direttamente nel clima pasquale di questa santa settimana. Nell’ascolto attento e partecipe di questo testo già viviamo, in tutta la sua ricchezza, quel mistero di morte e risurrezione che ci apprestiamo a celebrare in modo più solenne nei prossimi giorni.

Il racconto di Marco è sobrio, spoglio, essenziale; i fatti sono presentati nella loro nudità in modo sconcertante. Il ritmo della narrazione è incalzante e gli episodi si susseguono in una progressione implacabile, quasi come un gioco tragico che procede senza posa verso la sua ineluttabile conclusione. Marco, per far emergere la sua teologia, non ha bisogno di affidarsi a lunghi discorsi, né di introdurre troppi interventi personali nel corso del testo: gli basta mettere il suo lettore «davanti allo ‘shock’ delle immagini e dei fatti» (M. Berder). Il paradosso della croce è fatto risaltare in tutta la sua evidenza semplicemente dalla forza drammatica con cui vengono dispiegati i singoli avvenimenti. Gli eventi parlano da soli per chi li sa ascoltare…

Un tratto tipico – comune ai quattro evangelisti – del racconto della Passione è lo spazio abbondante dato ai riferimenti scritturistici, in buona parte tratti dal libro dei Salmi. Al riguardo, è emblematico che le rarissime volte in cui si vogliono rendere manifesti i sentimenti di Gesù si ricorra quasi esclusivamente a citazioni di salmi (al Getsèmani Gesù esprime la sua tristezza mortale con le parole del Sal 42-43; sulla croce grida il suo abbandono con le parole del Sal 22). Per le prime comunità cristiane era importante trovare un senso allo scandalo di un Messia crocifisso e questo lo si poteva fare solamente interrogando le Scritture, cercando di scorgere in esse il piano di Dio. Come poteva lo scandalo della Croce rientrare nel disegno salvifico di Dio? La fede dei primi cristiani ha trovato luce nelle pagine del Primo Testamento, soprattutto là dove esse svelano che spesso la riuscita di Dio passa attraverso lo scacco degli uomini da lui eletti, che il suo piano «va sempre a buon fine attraverso il fallimento» (J. Delorme). Così i giusti perseguitati, di cui trabocca il Salterio, diventano figure trasparenti attraverso cui guardare il dramma del Giusto perseguitato per eccellenza. Così anche il misterioso personaggio del Servo del Signore (di cui ci parla la prima lettura tratta dal profeta Isaia) diventa figura capace di illuminare la vicenda dolorosa e insondabile del Figlio dell’uomo «consegnato nelle mani dei peccatori» (14,41).

Fin dai primi capitoli del suo vangelo, Marco ci aveva preparati all’eventualità di una fine violenta del Maestro di Nàzaret. Infatti, già in 3,6, dopo una guarigione operata di sabato, si dice: «i farisei con gli erodiani tennero consiglio contro di lui per farlo morire». Ora il momento è inesorabilmente arrivato e Gesù si avvia solo, tradito e abbandonato da tutti (cfr. 14,50!) verso il luogo in cui si consumerà la sua passione. Egli sa a cosa sta andando incontro, eppure continua, nonostante tutto, a rendere grazie (cfr. 14,22-23), a riaffermare la sua confidenza in Dio, il suo Abbà (cfr. 14,36), a mantenere la fiducia in un al di là vittorioso (cfr. 14,9; 25.28), a confessare la sua grande speranza in un’aurora di luce, quando verrà sulle nubi del cielo «seduto alla destra della Potenza» (14,62). L’interrogativo che affiora a più riprese nel corso del secondo vangelo («Chi è dunque Gesù?») trova qui una risposta definitiva: Gesù stesso, rispondendo al sommo sacerdote che gli domandava se è il Cristo, il Figlio del Benedetto, dichiara: «Io lo sono!» (14,62); e sotto la croce sarà inaspettatamente un pagano a riconoscere in quell’uomo agonizzante il Figlio di Dio: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio» (15,32). Possiamo dire che, proprio nell’estremo «svuotamento», nell’estrema «umiliazione», nell’estremo «abbassamento» (per usare le parole dell’inno di Fil 2,6-11) di una morte infame e maledetta, si rivela agli occhi della fede l’identità vera di Gesù. Proprio quella morte (e quel modo di morire) fa alzare il velo sul mistero della sua persona, rende palese il segreto a lungo taciuto. Il silenzio della croce è più eloquente di molte parole, il buio di quella morte è più luminoso di tante luci…

Ma il racconto della passione non vuol semplicemente informarci sulle ultime ore terrene di Gesù, esso vuole soprattutto invitarci a un coinvolgimento personale – il cammino di Gesù deve diventare il nostro cammino – e vuole anche farci riflettere sulla vicenda di alcuni personaggi che compaiono nel corso della narrazione, con tutto il loro carico di coraggio e di codardia, di fedeltà e di tradimento, di coerenza e di contraddizione, di amore e di odio. È utile anche riflettere sulle motivazioni profonde del loro agire (Marco si premura di rendercene note alcune: per esempio, in 15,10, ci dice che i capi del popolo hanno consegnato Gesù alla morte «per invidia»…). Significative, a questo proposito, sono le due figure speculari di Giuda e di Pietro. Entrambi della cerchia dei Dodici, l’uno tradisce il Maestro, l’altro lo rinnega; l’uno passa dalla parte degli oppositori, l’altro rivela tutta la fragilità e l’inconsistenza della sequela del discepolo. Essi, in qualche modo, non cessano di rappresentarci, perché in Giuda riconosciamo il traditore in potenza che è in ciascuno di noi e in Pietro riconosciamo le nostre paure, le nostre debolezze, la nostra poca fede.

Ci sono però altri personaggi minori, più positivi, che, seppure fanno una breve comparsa sulla scena, lasciano dietro di sé una scia luminosa. La donna di Betània che, con un solo gesto, mostra di comprendere Gesù più di ogni altro discepolo (cfr. 14,3-9); il misterioso ragazzo che segue Gesù dopo che tutti i discepoli lo hanno abbandonato (cfr. 14,51-52); Simone di Cirene che porta la croce di Gesù come un buon discepolo (cfr. 15,21); il centurione che, unico tra i presenti, confessa la sua fede sotto la croce (cfr. 15,39); le donne che, a dispetto dei discepoli, hanno continuato a seguire Gesù e sono salite con lui sul Calvario (cfr. 15,40-41); Giuseppe d’Arimatea che, con coraggio e pietà, va a chiedere il corpo di Gesù per assicurargli una degna sepoltura (cfr. 15,43-46). Figure curiose ed esemplari che, con la loro presenza e il loro atteggiamento, si fanno prossimi e solidali al Crocifisso rendendo, in certa misura, meno cupo il dramma della sua passione.

Fonte: Monastero Dumenza

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DOMENICA DELLE PALME – ANNO B

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Mc 14, 1 – 15, 47
Dal Vangelo secondo Marco

– Cercavano il modo di impadronirsi di lui per ucciderlo
Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Àzzimi, e i capi dei sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di catturare Gesù con un inganno per farlo morire. Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo».

– Ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura
Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo. Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco di profumo? Si poteva venderlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei.
Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la infastidite? Ha compiuto un’azione buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto».

– Promisero a Giuda Iscariota di dargli denaro
Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. Quelli, all’udirlo, si rallegrarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportuno.

– Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?
Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua.

– Uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà
Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: «In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». Cominciarono a rattristarsi e a dirgli, uno dopo l’altro: «Sono forse io?». Egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che mette con me la mano nel piatto. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!».

– Questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue dell’alleanza
E, mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio».

– Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai
Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, perché sta scritto:
“Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse”.
Ma, dopo che sarò risorto, vi precederò in Galilea». Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!». Gesù gli disse: «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, questa notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». Ma egli, con grande insistenza, diceva: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano pure tutti gli altri.

– Cominciò a sentire paura e angoscia
Giunsero a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse via da lui quell’ora. E diceva: «Abbà! Padre! Tutto è possibile a te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu». Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. Poi venne di nuovo e li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapevano che cosa rispondergli. Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Basta! È venuta l’ora: ecco, il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino».

– Arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta
E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani. Il traditore aveva dato loro un segno convenuto, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta». Appena giunto, gli si avvicinò e disse: «Rabbì» e lo baciò. Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il servo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio. Allora Gesù disse loro: «Come se fossi un brigante siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno ero in mezzo a voi nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!». Allora tutti lo abbandonarono e fuggirono. Lo seguiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato cadere il lenzuolo, fuggì via nudo.

– Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?
Condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del palazzo del sommo sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco. I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. Molti infatti testimoniavano il falso contro di lui e le loro testimonianze non erano concordi. Alcuni si alzarono a testimoniare il falso contro di lui, dicendo: «Lo abbiamo udito mentre diceva: “Io distruggerò questo tempio, fatto da mani d’uomo, e in tre giorni ne costruirò un altro, non fatto da mani d’uomo”». Ma nemmeno così la loro testimonianza era concorde. Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi a? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma egli taceva e non rispondeva a. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». Gesù rispose: «Io lo sono!
E vedrete il Figlio dell’uomo
seduto alla destra della Potenza
e venire con le nubi del cielo».
Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti sentenziarono che era reo di morte. Alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: «Fa’ il profeta!». E i servi lo schiaffeggiavano.

– Non conosco quest’uomo di cui parlate
Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una delle giovani serve del sommo sacerdote e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo guardò in faccia e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». Ma egli negò, dicendo: «Non so e non capisco che cosa dici». Poi uscì fuori verso l’ingresso e un gallo cantò. E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: «Costui è uno di loro». Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pietro: «È vero, tu certo sei uno di loro; infatti sei Galileo». Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quest’uomo di cui parlate». E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinnegherai». E scoppiò in pianto.

– Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?
E subito, al mattino, i capi dei sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo portarono via e lo consegnarono a Pilato. Pilato gli domandò: «Tu sei il re dei Giudei? ». Ed egli rispose: «Tu lo dici». I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi a? Vedi di quante cose ti accusano!». Ma Gesù non rispose più a, tanto che Pilato rimase stupito. A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. Un tale, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. Pilato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia. Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla perché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa volete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gridarono più forte: «Crocifiggilo!». Pilato, volendo dare soddisfazione alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

– Intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo
Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. Lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano davanti a lui. Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

– Condussero Gesù al luogo del Gòlgota
Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo. Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.

– Con lui crocifissero anche due ladroni
Poi lo crocifissero e si divisero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avrebbe preso. Erano le nove del mattino quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra.

– Ha salvato altri e non può salvare se stesso!
Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scendendo dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e dicevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.

– Gesù, dando un forte grido, spirò
Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.

Qui ci si genuflette e si fa una breve pausa.

Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!».
Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salome, le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.

– Giuseppe fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro
Venuta ormai la sera, poiché era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato, Giuseppe d’Arimatea, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe. Egli allora, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro. Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 25 – 31 Marzo 2018
  • Settimana Santa
  • Colore Rosso
  • Lezionario: Ciclo B
  • Anno: II
  • Salterio: sett. 2

Fonte: LaSacraBibbia.net

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