In questa 25.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui i discepoli di Gesรน discutono tra loro chi sia il piรน grande. Il Signore, esortandoli a servire se vogliono essere grandi, pone un bambino in mezzo a loro e, abbracciandolo, dice:
ยซChi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandatoยป.
Su questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del carmelitano, padre Bruno Secondin, docente di Teologia spirituale alla Pontificia Universitร Gregoriana:
Contrasto forte oggi nel Vangelo, ma anche nelle altre letture. Da una parte il Figlio dellโuomo, simbolo di Gesรน e di ogni suo umile discepolo, che passa per tribolazioni e umiliazioni, e dallโaltra forti desideri di potere e progetti di prepotenza. Era giร toccato a Pietro prendersi una bella lavata di capo per la mentalitร che sognava successo e gloria e rifiutava la sofferenza; questa volta sono tutti i Dodici che sono invitati ad uno stile di servizio e a non sgomitare per primeggiare. Che impressione strana: Gesรน ripete che per Lui si avvicina la sofferenza e la morte, e i discepoli litigano per garantirsi i primi posti. Essere servo degli altri, lโultimo di tutti, perdere la propria vita per sostenere quella degli altri? Non riescono proprio ad accettarlo, per quanto Gesรน insista. E allora Gesรน cambia linguaggio: prende un bambino, lo abbraccia e lo indica come esempio per la sua debolezza, e modello per la sua fiducia serena. Il bambino e il povero, nella loro fragilitร , sono incarnazione di quello che Dio si aspetta da noi: anzi sono il volto umano, quotidiano, di Gesรน salvatore: accogliere loro รจ accogliere Lui, imparare da loro e servire loro ci forma veri discepoli.
Fonte: RadioVaticana