Commento al Vangelo di domenica 22 aprile 2018 – mons. Giuseppe Mani

Il vangelo di questa domenica si riferisce ad un uso pastorale dell’epoca di Gesù. Le pecore durante la notte venivano custodite dentro un unico recinto. Al mattino ciascun pastore si metteva sulla porta dell’ovile per prendere le sue pecore e condurle al pascolo Le pecore non potevano sbagliarsi perché riconoscevano la voce del suo pastore e non correvano il pericolo di sbagliar pastore perché il pastore le chiamava ciascuna per nome.

Una vera specie di appello. Durante la mia esperienza in Sardegna ho avuto la gioia di assistere a questo bello spettacolo. Allo stesso modo anche noi ogni mattina aspettiamo Gesù ammassati alla porta aspettandoci che ci chiami e ci conduca al pascolo. Lui camminerà alla testa e noi lo seguiremo. Prima di seguirlo dobbiamo attraversare la porta e Gesù non è soltanto il pastore ma anche la porta. Il pastore si identifica con la porta e per seguirlo dobbiamo attraversare la porta, cioè attraversare Gesù. La porta è unica.

“Nessuno viene al Padre se non per me” dirà Gesù. Ci dice Gesù che molti esitano o prendono altre strade più gratificanti, vaste e spaziose ma che non conducono da nessuna parte. Tutte le mattine si aprono diverse porte dinanzi a noi, larghe ma soprattutto meno basse che non chiedono di abbassarsi come ha fatto Gesù ma che conducono alla morte e noi spesso esitiamo e purtroppo sbagliamo.

Anche noi spesso abbiamo sbagliato e ci siamo messi per una strada sbagliata, cosa normale in una vita umana che ha bisogno di tempo per aggiustare a poco a poco le proprie scelte. Ogni mattina ci è offerta una scelta e possiamo o sbagliarci o attraversare la porta buona.

Le occasioni perdute non valgono le nuove. Questa è la pedagogia di Dio che non vuol perdere nessuna delle sue pecore ma vuole che abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza, che è pronto ad abbandonare le novantanove pecore per andare a cercare l’unica smarrita e una volta che ci ha trovato ci mette sulle spalle e , felice, ci riporta all’ovile. Una sola cosa può toglierci le nostre esitazioni: la gioia che proviamo all’arrivo del pastore, il suono della sua voce e il nostro nome che giunge all’orecchio del nostro cuore.

Niente altro. E, se durante la nostra vita avessimo sbagliato, quando si aprirà l’ultima porta , quella della nostra morte, non si aprirà più che su di Lui che sarà la nostra unica e definitiva beatitudine. E noi, ritrovati e riconosciuti da Lui non abbiamo altro che da acconsentire ad essere riportati sulle sue spalle alla casa di suo Padre.

Commento a cura di mons. Giuseppe Mani dal sito www.giuseppemani.it

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IV Domenica del Tempo di Pasqua

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Gv 10, 11-18
Dal Vangelo secondo Giovanni

11Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. 14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. 17Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 22 – 28 Aprile 2018
  • Tempo di Pasqua IV
  • Colore Bianco
  • Lezionario: Ciclo B
  • Anno: II
  • Salterio: sett. 4

Fonte: LaSacraBibbia.net

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