Commento al Vangelo di domenica 17 settembre 2017 – mons. Giuseppe Mani

Tutta la pedagogia divina prepara l’uomo al perdono. E’ un cammino lungo . Dio deve sottrarre l’uomo alle sue passioni e farlo entrare in un piano di carità. Già nel caso di Caino, l’omicida, Dio promette che chi lio ucciderà sarà vendicato sette volte. Nel Deuteronomio, mettendo fine ad una giustizia sfrenata Dio limita all’ “occhio per occhio e dente per dente”. Oggi Gesù nel Vangelo ci dice di perdonare sempre e nella preghiera ci insegna “Perdona a noi le nostre colpe come noi le perdoniamo ai nostri debitori”. Il perdono diviene un nuovo comandamento ed è scritto nel cuore stesso della preghiera dei suoi discepoli- Ai contemporanei appare come una mancanza di forza.

Nell’interpretazione comune si pensa che il cristiano perdoni perché non può fare altrimenti. Il perdono ,così, è l’arma dei deboli perché in ultima analisi è sempre subire una violenza ad cui non è possibile reagire.. Così si instaura il sistema in cui il debole subisce e il forte sopraffà. Si instaura così uno stato di schiavitù sociale utile per coloro che detengono il potere e assicurarsi il proprio dominio. Questa è la filosofia del XX secolo che si riassume così: la religione del perdono è quella del debole e di colui che si compiace nell’oppressione. Perdonare non è facile. Perdonare non significa che ciò che è stato commesso non è più grave o non ha importanza. Perdonare significa rifiutarsi di giudicare una persona soltanto per un atto della sua vita. Il peccatore vale più dei suoi atti perché è creato ad immagine e somiglianza di Dio. Rifiutiamo di comportarci con i nostri offensori secondo la gravità dei loro atti ma accettiamo di rinnovare quella relazione che esisteva prima del’offesa che tra l’altro non è irreversibile.

Questa misericordia applicata non ignora l’esigenza della giustizia a cui lo stesso Dio tiene. E’ così che conviene distinguere il perdono dalla riparazione che si articolano tutti e due nello stesso movimento di riconciliazione. Col peccato è l’uomo che offende Dio e i fratelli e il peccatore per ritrovare la sua dignità ha bisogno di riassumere i suoi atti e ripararli. IL Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda questo dovere di riparazione sia verso la verità che verso i beni materiali. E’ troppo facile pensare al perdono di Dio a buon mercato. Dio perdona a chi domanda la sua misericordia con un vero pentimento ma Dio nella sua giustizia richiede anche una riparazione del male fatto. Se questa riparazione non avviene in questa vita potrà avvenire nell’altra col Purgatorio.

Perdonando, come oggi Gesù ci insegna a fare, ci invita a perdonare a noi stessi. Perdonarci è la cosa più difficile. Il nostro cuore è pieno di rancore e di collera e il cuore si indurisce e fa morire in noi l’amore che ci unisce a Dio. In realtà “Colui che non ama il fratello che vede , non può amare Dio che non vede”. Perdonare è conteplare l’esempio di Gesù che si dona e perdona. E’ mettersi alla sua scuola per assomigliargli. Sulla Croce Gesù supplica il Padre per i suoi crocifissori e chiede per loro il perdono. E nella sua benevolenza Gesù va oltre facendosi loro avvocato “Non sanno quello che fanno”. Gesù perdona con tutto il cuore ed è per questo che ci invita al suo seguito a perdonare. Facendo così il nostro cuore si dilata ed è più grande e disponibile a ricevere l’amore di Dio.

Formiamoci in cielo un tesoro di misericordia.

Commento a cura di mons. Giuseppe Mani dal sito www.lamiavocazione.it

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XXIV Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

Mt 18, 21-35
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 17 – 23 Settembre 2017
  • Tempo Ordinario XXIV
  • Colore Verde
  • Lezionario: Ciclo A
  • Salterio: sett. 4

Fonte: LaSacraBibbia.net

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