Commento al Vangelo di domenica 15 Marzo 2020– mons. Giuseppe Mani

La sete

“Era l’ora sesta”(Gv 4,6) La stessa ora in cui sul Calvario disse “ho sete”. Alla samaritana dirà “Ho sete” (Gv19,28) “Donna dammi da bere”(Gv 4,7).
Giunge la donna al pozzo e vede quel giudeo a cui potrebbe offrire gentilmente da bere ma come può farlo ad un giudeo lei che una samaritana.

Gesù rompe il silenzio accorciando le distanze: “Donna dammi da bere”. E’ l’inizio della rivelazione di Dio che si presenta chiedendo un favore come se avesse bisogno di acqua. Ed è così. Ha bisogno di dare acqua. Per questo dar da bere a Gesù è accettare i suoi torrenti di acqua viva, dare da bere al pozzo. Ma che sete ha una sorgente. La sete di Dio. La sete di dare Spirito Santo, la sete di essere amato dalla creatura. La donna non poteva mai immaginare che Dio avesse bisogno del suo amore. Dio la conquista perché è figlia, la vede come figlia, come un vero tesoro. In tutta la conversazione Gesù tiene sempre un tono superiore dalle realtà terrene, parla di acque che sgorgano dal suo costato “Le sorgenti del Salvatore” (Is12,1)
Dopo alcune battute anche ironiche Gesù le contestò ”Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è che ti chiede da bere saresti tu che chiederesti acqua viva”. Ma la samaritana non capisce e Gesù con una pazienza infinita continua la conversazione per portarla alla conclusione in cui lei dice che deve venire un Messia che dirà tutto e a quel punto Gesù si rivela “Sono io che ti parlo”. A questo punto la donna lascia il secchio dell’acqua e va a dire alla gente che ha trovato un uomo che potrebbe essere il Messia. La sete di Dio espressa da Gesù sulla Croce è la sete degli uomini: dissetare gli uomini della loro sete.

Dio, creando l’uomo ha messo nel suo cuore una misteriosa sete che niente al mondo potrà soddisfare ma Lui solo. “Ci hai fatti per te Signore, dice sant’Agostino, e il nostro cuore è inquieto finche non riposa in te”. Questa nostra misteriosa sete, tutte le nostre sete di quaggiù – e il nostro assoluto bisogno vitale di trovare da bere – non sono che il segno lontano, che il simbolo, dei richiami discreti. Tanto discreti che non siamo neppur capaci di decifrarli. Ci contentiamo generalmente delle bevande della terra, alterate e che creano nuova sete come quando beviamo l’acqua salata. La prova è che tutte queste nostre seti si aggiungono senza fine l’una all’altra: sete di possedere, sete di gioire, sete di potere, di sapere. Tutte queste seti non sono che un travestimento sottile di un’altra sete che dissimulano. Anche la Samaritana fa difficoltà a capire e fa sempre riferimento al pozzo di Giacobbe, della sua acqua ordinaria. A forza di aver sempre sete di qualcosa, di più cose finiamo per percepire che la nostra sete insaziabile è sete di Dio ma per divenirne coscienti bisogna un giorno come la Samaritana essere incontrati da Gesù che, con un rispetto e un tatto infinito, tocca il nostro cuore in qualche fessura segreta che solo Dio conosce e ci rivela che l’uomo non è che desiderio di Dio, desiderio lancinante del suo amore.

La vera sete è correttamente identificabile, grazie alla presenza di Gesù, l’acqua è immediatamente disponibile. E’ Gesù in persona che la porta con se e basta chiedergliela. “Se tu conoscessi il dono di Dio tu la domanderesti e ti darebbe acqua viva” E non soltanto acqua ma la sorgente stessa. L’acqua che Gesù ci darà e che è il suo Spirito presente nei nostri cuori si cambierà dentro di noi in sorgente di “acqua viva che zampilla nella vita eterna”. E colui che berrà di quest’acqua non avrà più sete in eterno.

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