Commento al Vangelo di domenica 13 Maggio 2018 – ElleDiCi

ASCENSIONE DI NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO

«Fu assunto in cielo»

Queste parole, che troviamo all’inizio degli Atti degli Apostoli, sono come la cerniera che unisce questo libro a quello scritto prima dal medesimo Luca, il terzo Vangelo. Qui egli narrava, come gli altri evangelisti, «tutto quello che Gesù fece e insegnò da principio fino al giorno in cui, dopo aver dato istruzioni agli apostoli che si era scelti nello Spirito Santo, egli fu assunto in cielo». Negli Atti racconterà le vicende della prima comunità cristiana, con particolare attenzione all’opera degli apostoli Pietro e Paolo. Oggi siamo invitati a guardare anche noi, come gli «uomini di Galilea», a Gesù «elevato in alto», «portato verso il cielo», dove siede «alla destra di Dio». È un linguaggio che ha bisogno d’essere chiarito per noi, che non possiamo guardare al «cielo» con l’ingenuità delle generazioni che non conoscevano il telescopio e tanto meno i viaggi degli astronauti e delle sonde spaziali.

Un certo aiuto ci viene dalla 2ª lettura, sebbene anche in essa non tutto sia facile a capire (e come potrebbero essere facili a capire, per noi piccole creature, le opere di Dio e i suoi misteri?). Preghiamo anche noi, con Paolo, che «il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, ci dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui». L’apostolo ci dice che Dio «tutto ha sottomesso ai suoi piedi e lo ha costituito su tutte le cose a capo della Chiesa». «Ascensione» vuol dire glorificazione di Cristo da parte del Padre, che esaudisce la preghiera del Figlio: «E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse» (Gv 17,5).

Come altrove ci dice lo stesso Paolo, «Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre» (Fil 2,9-11).

La festa di oggi è dunque un richiamo alla fede in Cristo risorto e reso glorioso. In questo senso Pietro proclamava: «Questo Gesù Dio l’ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni», e continuava dichiarando che egli fu «innalzato alla destra di Dio» (At 2,32-33). È un invito a prendere coscienza delle verità che professiamo nel Credo: « Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre». È un invito alla lode, che si esprime così felicemente nel salmo responsoriale: «Applaudite, popoli tutti, acclamate Dio con voci di gioia… Ascende Dio tra le acclamazioni, il Signore al suono di tromba. Cantate inni a Dio, cantate inni; cantate inni al nostro re, cantate inni».

«Lo ha costituito capo della Chiesa»

La festa dell’Ascensione non è soltanto il ricordo di Uno che ci lascia. Gesù è ritornato al Padre ma per venire ancora tra noi. Perché egli «non ci ha abbandonati nella povertà della nostra condizione umana» (prefazio). Matteo, che non racconta l’Ascensione, con-chiude il suo Vangelo riferendo le parole con cui Gesù affida agli undici discepoli la missione di ammaestrare «tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato», e promette di rimanere sempre con loro: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,19-20).

Marco dichiara che, partiti i discepoli per predicare dappertutto, «il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano». Negli Atti, Luca riferisce le parole dette da Gesù agli apostoli prima di salire al cielo, parole che con-tengono una promessa e una consegna: «Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra».

È la Chiesa che continua l’opera del Salvatore, facendosi eco della sua parola, dando testimonianza della sua risurrezione, battezzando, perdonando i peccati, facendo memoria della morte e risurrezione di lui nella celebrazione dell’Eucaristia, il «grande mistero, che ci ha lasciato in segno di eterna alleanza», offrendo «il suo corpo e il suo sangue, sacrificio… gradito» a Dio, «per la salvezza del mondo» dandoci a mangiare e a bere l’«unico pane» e l’«unico calice», affinché, «riuniti in un solo corpo dallo Spirito Santo», diventiamo «offerta viva in Cristo, a lode della sua gloria» (Preghiera Eucaristica IV). È il mistero pasquale che, presente alla memoria della Chiesa specialmente in questo tempo, opera in noi per inserirci in Cristo Salvatore e «Capo della Chiesa, la quale è il suo corpo, la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose».

È a questo mistero di Cristo vivente nella Chiesa, di cui è Capo e Sposo, che Paolo si ispirerà, in questa lettera e altrove, per presentarci un programma concreto di comportamento cristiano, specialmente nella vita di famiglia.

«A quale speranza vi ha chiamati»

Non serviva nulla agli apostoli stare « fissando il cielo mentre egli se n’andava». Ormai Gesù era sottratto per sempre ai loro occhi di carne, fino al giorno del suo ritorno glorioso.

Non avrebbe senso per noi invidiare coloro che poterono incontrarsi con li visibile nella sua esistenza terrena, senza saperlo vedere, come avvenne alla stragrande maggioranza, con gli occhi della fede. Dobbiamo, con Paolo, pregare che Dio illumini gli occhi della nostra mente con la luce della fede. Questa luce ci aprirà il cuore alla speranza. Quale speranza? Quella di partecipare al «tesoro di gloria» che «racchiude la sua eredità fra i santi». La speranza, come preghiamo oggi, di «raggiungere il nostro Capo nella gloria» (colletta). Speranza e «serena fiducia che dove è lui, capo e primogenito, saremo anche noi, sue membra, uniti nella stessa gloria» (prefazio). Speranza che dobbiamo coltivare col «desiderio della patria eterna» (preghiera dopo la comunione).

Oggi più che mai risuona attuale il monito che Paolo ci rivolgeva nella domenica di Pasqua: «Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra» (Col 3,1-2). Speranza nelle «cose di lassù», nel «cielo». Ma cos’è, com’è questo «cielo»? Dio ci parla per farci conoscere se stesso e la via che conduce a lui, non per soddisfare la nostra curiosità. Dante e il beato Angelico hanno tradotto in parole e immagini mirabili, in quanto è possibile al genio umano, le loro contemplazioni dell’al di là. Ma sarebbe illusione indulgere al gioco dell’immaginazione, sarebbe anche negativo voler presentare con i colori della fantasia la realtà del cielo a chi è lontano o debole nella fede. Anche solo dai pochi accenni della li-turgia che sono stati riferiti, risulta che la Chiesa, ispirandosi alla parola di Dio, cerca di rappresentarci il paradiso soprattutto in termini di rapporti interpersonali, in primo luogo del rapporto con Gesù: «Saremo sempre con il Signore» (1 Ts 4,17), nella visione, nell’amore, in uno scambio che è fonte di gioia ineffabile perché partecipazione alla sua vita, perché, per mezzo di lui, «mediatore fra Dio e gli uomini» (prefazio), «Capo della Chiesa», noi saremo uniti, in comunione di gioia e di amore, con il Padre e con lo Spirito Santo, con Maria SS., con gli Angeli e con i Santi, con tutti i fratelli in Cristo.

Quei vincoli che quaggiù la morte ha dolorosamente spezzato saranno ristabiliti per sempre, in una intensità di amore e di felicità che Dio solo conosce, là dove «non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate» (Ap 21,4). A questa beatitudine del cielo ci prepara già la vita presente: «Tutti infatti, quanti siamo figli di Dio e costituiamo in Cristo una sola famiglia, mentre comunichiamo tra di noi nella mutua carità e nell’unica lode della Trinità santissima, corrispondiamo all’intima vocazione della Chiesa e pregustando partecipiamo alla liturgia della gloria eterna» (Lumen Gentium, 51). Speranza nel cielo: ma non per dimenticare la terra. Come non la dimentica Gesù che prima di salire al cielo affida ai discepoli una missione da compiere sulla terra. Il Concilio ci ricorda che, nella Chiesa, «siamo dalla fede istruiti anche sul senso della nostra vita temporale, mentre portiamo a termine, con la speranza dei beni futuri, l’opera a noi affidata nel mondo dal Padre e diamo compimento alla nostra salvezza (cf Fil 2,12)» (Lumen Gentium, 48).

I richiami in tal senso abbondano: «Sbagliano coloro che, sapendo che qui noi non abbiamo una cittadinanza stabile ma che cerchiamo quella futura, pensano di poter per questo trascurare i propri doveri terreni, e non riflettono che invece proprio la fede li obbliga ancora di più a compierli, secondo la vocazione di ciascuno» (Gaudium et Spes, 43); «I cristiani, in cammino verso la città celeste, devono ricercare e gustare le cose di lassù: questo tuttavia non diminuisce, ma anzi aumenta l’importanza del loro dovere di collaborare con tutti gli uomini per la costruzione di un mondo più umano» (Gaudium et Spes, 57).

Fonte

Tratto da “Omelie per un anno 1 e 2 – Anno A” – a cura di M. Gobbin – LDC

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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
VII DOMENICA DI PASQUA – ASCENSIONE DEL SIGNORE – ANNO B

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Mc 16, 15-20
Dal Vangelo secondo Marco

15E disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. 16Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. 17Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, 18prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». 19Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. 20Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 13 – 19 Maggio 2018
  • Tempo di Pasqua VII
  • Colore Bianco
  • Lezionario: Ciclo B
  • Anno: II
  • Salterio: sett. 3

Fonte: LaSacraBibbia.net

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