Commento al Vangelo del 7 giugno 2015 – Paolo Curtaz

Il commento al Vangelo di domenica 7 giugno 2015 a cura di Paolo Curtaz per la domenica di Pentecoste.

Corpus Domini

Es 24,3-8/Eb 9,11-15/Mc 14,12-16.22-26

La tua stanza

È qui la tua stanza, Signore, non andare oltre.

Qui, nella mia vita piccina e intricata, zoppicante e goffa, incoerente e fragile.

Non è una grande stanza, ma è tua.

La stanza della mia anima, dei miei pensieri segreti, delle mie ambizioni, dei miei desideri.

Tutto ciò che di vero ho scoperto in me è in quella stanza.

E tu, ora, dici che ne hai bisogno.

Che hai bisogno di me per celebrare la Pasqua.

Per compiere quell’ultimo, folle, inaudito, impressionante gesto che è la Cena consumata con i tuoi amici. L’ultimo gesto.

I discepoli non hanno capito, tutti presi dalle loro beghe e dalle loro fantasie.

La missione è fallita, clamorosamente.

Non ti ha accolto la Gerusalemme che uccide i profeti.

Le folle plaudenti della Galilea non ti hanno seguito fino a quassù.

E i tuoi più stretti amici non sanno nemmeno da che parte sono girati.

Invece di disperarti, di gettare la spugna, di fare l’offeso, come avrei fatto io, certamente, ti inventi il modo più inatteso per stare con noi.

Eri buono come un pezzo di pane. E un pezzo di pane sei diventato.

La tua presenza era come un vino inebriante. E vino sei diventato.

Se solo ci credessimo!

[ads2] Tiepidezze

Dio, il misericordioso, mi ha dato molte gioie nella vita. Una di queste è quella di conoscere molte comunità sparse nei quattro angoli dell’Italia, e di pregare con loro. Ho partecipato ad assemblee di comunità vivaci, coraggiose, a veglie di preghiera intense, a messe piene di gioia e di emozione.

Raramente.

Più spesso, partecipo a delle messe fiacche, tiepide, distratte, spente, esasperanti.

Quante volte incontro degli amici che, avvicinatisi al Signore, convertiti alla e dalla Parola, faticano a nutrire la propria spiritualità in grandi città piene di chiese e povere di fede!

Quante volte, io stesso, in vacanza, ho partecipato con dolore e insofferenza a celebrazioni raffazzonate, frettolose, senza preghiera!

Gesù, però, sceglie di fare “sue” anche quelle stanze.

Non ha la puzza sotto il naso, il Signore, si adatta.

Ha voluto con sé, nel momento più faticoso della sua vita, i suoi dodici poveri apostoli.

Poveri e fragili come noi, instabili e lunatici come noi.

“Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”.

Conversioni

Partecipiamo con costanza e forza alle nostre celebrazioni, anche se sbiadite.

Se possibile, mettiamoci in gioco per cambiarle, per renderle più gioiose, accoglienti, oranti.

Addobbiamola, la stanza alta, rendiamola accogliente al meglio delle nostre forze e delle nostre possibilità.

Ma se ciò non è possibile, pazienza. Se si adatta Gesù, noi non ci adatteremo?

Viviamo tempi difficili, tempi in cui la fede è messa a dura prova.

Tempi in cui essere cristiani è fonte di discordia. E, in alcuni luoghi, ragione di morte.

Troppi fratelli e sorelle hanno mischiato il loro sangue a quello dell’altare!

Oggi celebriamo il Mistero della presenza reale, concreta, attuale, salvifica di Cristo nell’Eucarestia: il Rabbì si rende accessibile, incontrabile, si fa pane del cammino, diventa cibo per l’uomo stremato.

Rabbrividisco di fronte alla poca fede mia e delle nostre comunità.

Poca fede

Il problema è semplice: la nostra fede è poca, ridotta al lumicino.

E allora la Messa è peso, fatica, incomprensione.

Ma se crediamo che il Maestro è presente, al di là della povertà del luogo e delle persone, tutto cambia.

L’Eucarestia diventa il centro della settimana, la Parola celebrata ritornerà in mente durante il lavoro e lo studio.

E l’incontro con Cristo Eucarestia, con questo corpo dato, cambia inesorabilmente il modo di vivere, di pensare, di amare.

È vero: c’è gente che fa il bene senza bisogno di andare a Messa.

Ma per me, cristiano, il Bene deriva dall’incontro con Cristo.

È vero: la preghiera può essere personale.

Ma l’incontro della comunità ci fa sentire ed essere Chiesa.

È vero: non tutte le omelie brillano per attualità e concretezza.

Ma è la Parola al centro, non la sua spiegazione.

È vero: la domenica è il giorno del riposo

Ma il riposo è affare di cuore, non di sonno.

Concludo con una citazione straordinaria dei martiri di Abitene.

Scoperti a celebrare l’Eucarestia, il governatore romano, indulgente, promise loro di avere salva la vita, a patto di non ritrovarsi più. Risposero: “Non possiamo fare a meno di celebrare il giorno del Signore”, e si fecero uccidere.

Animo, resistenti nella fede, il Signore ci chiede di metterci in gioco.

“Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”.

È qui, Signore, vieni pure.

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