Commento al Vangelo del 5 Luglio 2020 – don Giovanni Berti (don Gioba)

Ristoro e giogo… sono due parole che in questo Vangelo mi colpiscono, perché sembrano quasi fuori contesto in un discorso di fede oggi. Addirittura combinate insieme generano un ossimoro: Gesù propone un giogo che dà ristoro. Come è possibile che uno strumento che lega gli animali e pesa sulle loro spalle per fare un lavoro di fatica possa essere addirittura un ristoro per chi è affaticato, oppresso e desideroso di essere libero?

Ma è proprio questo che rende straordinario il Vangelo, cioè scardinare continuamente le nostre idee e abitudini, e offrirci punti di vista inaspettati e strade nuove là dove pensavamo non ci fosse scampo.

In questo periodo tutti ci sentiamo stanchi e oppressi da quello che succede nel mondo, partendo dalla pandemia che ci limita sia nella vita e che pesa anche economicamente per molte famiglie, fino ad arrivare alle situazioni personali di oppressione che possono essere insuccessi, malattie, scontri personali.

Se prendiamo anche la situazione stessa di Gesù uomo, anche lui ha molti motivi per sentirsi stanco e oppresso, perché sperimenta quanto sia difficile annunciare Dio e cambiare le abitudini di fede e di vita delle persone. Gesù nonostante tutto quel che fa, in parole e gesti miracolosi, sperimenta l’opposizione proprio da parte di coloro che dovrebbero essere i primi a capirlo e accoglierlo, i teologi e i capi religiosi. L’evangelista nella parte del vangelo poco prima del brano di questa domenica ci racconta come Gesù si lamenta perché non viene accolto e rifiutato anche dalle città in cui si reca. Persino Giovanni Battista in prigione manifesta dubbi su di lui!

Eppure improvvisamente l’evangelista ci riporta questa preghiera di Gesù che si rivolge a Dio come Padre, e gli rende lode! È come una esplosione improvvisa di serenità profonda che nei fatti non avrebbe motivo, ma c’è nel cuore e nelle parole della sua preghiera. Gesù capisce che gli insuccessi che sperimenta nascondono un segreto e una direzione: sono e saranno sempre i piccoli a capire Dio. Saranno sempre le persone povere e semplici, di qualsiasi età, condizione sociale e cultura, a capire la sua parola e alla fine capire Dio stesso. Coloro che sono chiusi, autosufficienti dal punto di vista morale e umano a non riuscire a comprendere il Vangelo. Coloro che Gesù chiama dotti e sapienti e che lo rifiutano, sono coloro che sentono di non aver più bisogno di imparare nulla dalla vita e dagli altri, sono coloro che anche nella fede sono più giudici che discepoli, hanno il dito puntato su altri e mai su se stessi. Ecco chi non riesce a comprendere Gesù e lo rifiuta…
Gesù trova finalmente ristoro proprio mettendosi sotto Dio Padre e abbandonandosi alla sua volontà con la fiducia che è una volontà che lega per amore e non pesa sulla vita, ma la fa volare.

Questo legame che fa fiorire la vita, il Vangelo lo propone a tutti, anche a me con le mie stanchezze e oppressioni. Unire la mia vita a Gesù come con un giogo, significa accettare di legarmi a lui, e farmi guidare da lui che porta con me lo stesso giogo che lo lega a me. Il giogo del Vangelo ha infatti due posti, uno per me e uno per Gesù stesso, e ci lega insieme. Il giogo di Gesù diventa un ristoro profondo perché mi ridona (e qui davvero è straordinario) la libertà. Il giogo che solitamente è immagine di schiavitù e di pesantezza, con Gesù diventa immagine di liberazione e di slancio di vita. Il giogo che mi lega a Gesù dona ristoro alla mia vita stanca di fallimenti e oppressa dai problemi della vita e dai miei limiti.

Per questo lo accetto volentieri e lo propongo ad altri… e anche io come Gesù, rendo lode a Dio Padre.

Fonte: il blog di don Giovanni Berti (“in arte don Gioba”)


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