Commento al Vangelo del 26 Gennaio 2020 – don Massimo Cautero

Se Giovanni il Battista viene “consegnato” ( come dice il verbo greco nell’originale dell’evangelista Matteo!) dagli uomini alla “giustizia” del re corrotto Erode, non vuole affatto dire che è la fine della predicazione di Giovanni ma siamo giunti “al fine” della sua testimonianza, che anticipa, anche nella “consegna”, il percorso del Cristo. Con la consegna di Giovanni e l’inizio della predicazione di Gesù si entra nel vivo della questione “salvezza”, nel cuore del progetto di Dio in Cristo che entra, per così dire, nella sua fase operativa.

L’annuncio del Regno assume una forma, uno stile, viene fissato nei suoi punti essenziali che diventeranno quelli del vangelo, della lieta novella da annunciare sino alla fine dei tempi. Questa “plasmazione” che piaccia o no è Gesù stesso a farla, con la sua vita, i suoi gesti, i suoi cammini, le sue parole, da questo punto in poi tutto diventa “esemplare”, uno stile unico dal quale non si potrà più scendere o non fare riferimento.

La prima cosa evidente è questa “fuga-ritiro” in Galilea di Gesù: personalmente non sono d’accordo con l’immagine della fuga, concordo più con la scelta volontaria e consapevole di Gesù di andare in quei luoghi precisi, che sono poi luoghi di confine in tutti i sensi: la Galilea dei tempi di Gesù viveva la contaminazione della fede nell’unico Dio attraverso il confronto continuo con i popoli che lì erano di passaggio; lo scenario del lago stesso ci racconta di un territorio “diviso” fra popoli, ebrei nella sponda occidentale, pagani nella sponda orientale (l’indemoniato di Gerasa), in quei luoghi ci si andava consapevoli di essere fuori da ogni centro sociale importante. In quei luoghi ci si ritrovava anche perché “di passaggio” percorrendo strade – come quella della “Via Maris”- che congiungevano persone, carovane e merci, da nord a sud, da est ad ovest, dove i potenti di turno, i romani, presidiavano e difendevano le dogane per i dazi e balzelli. Poi, in luoghi di confine e passaggio, dove si commercia e si fanno affari con rappresentati di tutti i popoli, la prostituzione ed i luoghi di piacere in genere erano inevitabili, come inevitabile era la presenza di oscuri e loschi personaggi che in luoghi del genere trovavano il loro habitat naturale.

La Galilea era mal frequentata da chi si preoccupava della “purezza” della fede e del culto e, per questo, preferiva di gran lunga gli ambienti del Tempio e delle sinagoghe di Gerusalemme.

Allo stesso tempo vivere in luoghi di confine, come quelli della Galilea, era la soluzione giusta per chi doveva nascondersi “dalla legge” o passare inosservato: la Galilea è anche la regione che vede nascere movimenti estremisti e rivoluzionari contro il potere giudaico e contro i romani, come quello degli zeloti fondato da Giuda di Ezechia o il Galileo o Giuda di Gamala. Poveri, disperati o semplicemente chi sbarcava il lunario, erano poi il sottobosco che girava intorno alle attività di quei luoghi, sempre in cerca di qualche facile affare.

Insomma, Gesù sceglie il “confine”, geografico ed umano, per annunciare il Vangelo e questo non può essere ne un caso ne una cosa trascurabile: l’annuncio del Vangelo chiede, in qualche maniera, un confine dal quale essere annunciato, l’annuncio del Vangelo si incarna nei luoghi della periferia geografica ed umana, risuona là dove gli uomini sono fuori da ogni centro e suona bene!

Il Vangelo suona bene e viene accolto specialmente da chi, come SimonPietro, Andrea, Giacomo e Giovanni in quel confine svolgevano la loro vita, su quel lago gettavano le loro reti solo per prendere pesci, senza pretese di grandezza e senza grandi aspettative fuori da quelle di vivere la loro vita realizzando, nonostante le difficoltà, la loro umanità.

In quella periferia geografica da dove il Signore decide di lanciare il Vangelo succedono cose meravigliose. Con quella “periferia umana” con cui Gesù decide di cominciare la storia della sua Chiesa, comincia la parte più bella dell’avventura che Dio vuole vivere con l’umanità.

Dal giorno che Gesù scelse di “ritirarsi” in Galilea non è più esistito un vero e proprio luogo di periferia, abbandonato da Dio e dagli uomini, non esisterà più un luogo maledetto da Dio ma solo luoghi dimenticati da quegli uomini che ancora si illudono di poter rinchiudere il potere o Anche Dio stesso in luoghi costruiti da loro.

Dal giorno in cui Gesù sceglie i suoi dalle rive di un lago, le reti non serviranno più solo a pescare dei pesci, ma saranno il simbolo di quel Regno di Dio da cui tutti gli uomini sperano di essere “catturati”. Da quella regione di confine chiamata Galilea, Galilea delle genti, è stato chiaro e sarà sempre più chiaro che l’emarginazione umana non è un limite che riguarda l’azione e la presenza di Dio, ma solo la povertà degli uomini che, incapaci di ascoltare la voce del Vangelo, si illudono possano essere i luoghi, i muri, i mari a decidere la dignità ed il valore umano.

Ma c’è da chiedersi seriamente: da un Dio che sceglie di incarnarsi in un bambino piccolo ed indifeso, in una città (Nazareth) nemmeno mai citata dalla storia e dalla Bibbia, che sceglie di vivere lì nel nascondimento la maggior parte della sua vita, che percorre vie e sentieri di tutte le periferie dell’uomo senza paura di incontrare, sollevare e guarire, che morirà come un malfattore, fuori del confine delle mura della Città Santa e, sempre fuori da quelle mura, realizzerà il piano di Dio di salvare gli uomini nella Resurrezione, da un Dio così umile e “periferico”, potevamo aspettarci un altro Vangelo? E da parte nostra dobbiamo domandarci se questo è il Vangelo che vogliamo ascoltare, leggere e mettere in pratica, e sul quale siamo disposti a scommettere la nostra vita, poiché, penso veramente, che se è un altro il Vangelo che aspettiamo ci venga a consolare e darci speranza, senza scomodarci dalle nostre “centrali” sicurezze, forse non è Gesù che vogliamo veramente seguire, forse non è il Dio di Gesù Cristo dal quale aspettiamo la salvezza!

FONTE

don Massimo Cautero
Parrocchia San Michele Arcangelo

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