Commento al vangelo del 25 ottobre 2009 – Paolo Curtaz

Data:

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XXX Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)
Ger 31,7-9 / Sal 125 / Eb 5,1-6 / Mc 10,46-52
Coraggio, alzati!
Dio รจ venuto per insegnare agli uomini ad essere a servizio gli uni della gioia degli altri, lui, il Maestro, si รจ fatto servo perchรฉ imparassimo a mettere i nostri carismi a disposizione degli altri fratelli e sorelle. La lunga riflessione del vangelo di Marco volge ormai al termine e Pietro, maestro di Marco, ci ha fatto, nelle ultime settimane, una straordinaria catechesi sull’essere Chiesa. Il mondo, il nostro mondo, stanco di maestri, ha bisogno di testimoni. Nauseato dalle parole e dalle immagini, ha bisogno di gesti autentici e di ascolto. Sconfortato dai litigi, cerca qualcuno che, davvero, voglia costruire senza contrapporre sempre, a prescindere.

In queste settimane in cui abbiamo riflettuto su cosa Gesรน chiede alla comunitร  dei propri discepoli, ci siamo accorti della nostra fragilitร , del grande divario tra il desiderio e la realtร , tra le troppe lentezze e incoerenze che abitano il nostro cuore e il grande sogno di Dio che รจ la Chiesa. Eppure: รจ proprio a noi che il Signore chiede di essere testimoni, a noi di diventare segno, di mostrare con la nostra vita – un poco almeno! – che la luce puรฒ attraversare i nostri cuori.
Cecitร 
Il ciecoIl cristiano รจ un cieco e un mendicante, come tutti. Come tutti sta ai bordi della strada della vita, tende disperatamente le mani per avere di che vivere: attenzione, affetto, approvazione. Spesso, perรฒ, il mondo lo invita a tacere, a non disturbare, a lasciar perdere, a rassegnarsi. Anche Dio – ci dicono – in fondo รจ infastidito dai nostri lamenti. Se insistiamo, se urliamo piรน forte, ad un certo punto sentiamo che Gesรน, il Nazareno, il Figlio di Davide, ci chiama e ci incoraggia. Qualcuno, un discepolo, un amico, un evento, ci ripete: “Coraggio! Alzati, ti chiama”. Ci fidiamo (i fratelli che ci invitano ad avere coraggio lo fanno con amore e disinteresse!), ci alziamo dalle nostre paralisi, abbandoniamo le nostre incommensurabili paure, gettiamo il mantello della lamentela e siamo raggiunti dal Signore. Il Signore, oggi e sempre, ci chiede cosa vogliamo da lui. Potremmo chiedere mille cose: fortuna, denaro, affetto, carriera. Chiediamone una sola: la luce. Luce: che importa avere fortuna se non sappiamo riconoscere chi ce l’ha donata? Luce: quanto denaro serve per colmare il cuore incolmabile di desiderio? Luce: quante volte l’affetto diventa oppressione e dolore? Luce: che ci importa diventare qualcuno se restiamo tenebra? E accade: il Signore ci ridร  luce agli occhi e al cuore. Ora, illuminati, possiamo diventare discepoli.
Illuminati
Bartimeo รจ rimasto lo stesso, la sua vita non cambia ma, ora, ci vede, ora sa dove andare, ora si mette a seguire Gesรน. Il cristiano vive le difficoltร  e i problemi di tutti, non รจ diverso, nรฉ migliore, solo ci vede alla luce del vangelo. E le cose non fanno piรน paura, il buio รจ sopportabile, il Signore ci cambia la vita. Ecco cosa dobbiamo annunciare: c’รจ qualcuno che ti ridona luce, che ti permette di vederci chiaro, e questo qualcuno รจ Dio. I discepoli di Gesรน, nei primi anni, venivano chiamati in diversi modi: i “Nazareni”,”coloro che seguono la via” e, ancora, ย gli “illuminati”. Non dobbiamo portare una nostra luce, solo restare accesi, ย abbracciare stretti il Vangelo e il Maestro per ricevere da lui luce e pace. Nelle tenebre fitte del dolore diventiamo capaci di comunicare luce, non la nostra ma quella del Maestro. Il cristiano diviene, come Bartimeo, colui che grida che Gesรน, il Figlio di Davide, lo ha guarito, incurante dei rimproveri di chi gli sta intorno. Il cristiano racconta, narra, le opere di guarigione interiore che ha avuto, attento piรน a testimoniare la straordinaria generositร  di Cristo che a soffermarsi sulle proprie povertร . Il cristiano รจ attento alle mille cecitร , ai mille mendicanti di senso e di felicitร  che incontra sulla strada.

“Coraggio, alzati, ti chiama!”

Il tempo รจ gravido e, come Gesรน, sentiamo compassione della folla che vaga come pecore senza pastore. Nella nostra povertร , nelle nostre debolezze, popolo di riconciliati, non di professionisti del sacro, raccontiamo, mettendoci in gioco, dell’incontro che segna la nostra vita. Solo cosรฌ Gesรน arriverร  a scaldare i cuori di altra gente. Non bastano e non devono bastare i preti, a servizio della comunitร , certo, ma non detentori dell’annuncio. No: nelle fabbriche, nei bar, nelle discoteche, nelle scuole, nei condomini, lรฌ dove la gente vive, soffre, lavora, discute, ama, lรฌ deve esserci un cristiano che illumina con la sua presenza. Lรฌ puรฒ esserci un cristiano che con i suoi gesti smonta la falsa idea di un Dio noioso e rompiscatole che purtroppo abita la coscienza di molti battezzati, per lasciare spazio alla seducente immagine del Dio di Gesรน Cristo, Padre ricco di tenerezza e di perdono. La Chiesa italiana, tutta intera la Chiesa, puรฒ e deve recuperare l’essenziale dell’annuncio, senza salire sulle barricate, ma dicendo ancora all’uomo mendicante di bene, di senso, di felicitร : “Coraggio, alzati, il Signore ti chiama!”.
Paolo Curtaz

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