Commento al Vangelo del 20 marzo 2011 – mons. Andrea Caniato

12PORTE del 13 gennaio 2011 -II domenica di Quaresima.

Gv 4, 5-42
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù giunse a una città della Samarìa chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani.
Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?».
Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –, dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero».
Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».
In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui.
Intanto i discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera. Voi non dite forse: ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi siete subentrati nella loro fatica».
Molti Samaritani di quella città credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

Il Vangelo

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La seconda domenica di quaresima, potremmo chiamarla la domenica del grande orizzonte, perché nella Liturgia della Parola ci indica con forza la meta del nostro cammino, l’orizzonte vastissimo e inimmaginabile della nostra speranza.
La pagina evangelica è quella della Trasfigurazione: se la prima domenica ci ha presentato la quaresima, i 40 giorni, come un segno di questa vita, caratterizzata dal combattimento, dalla lotta contro il male, con il sostegno dello Spirito di Dio, questa seconda domenica ci rivela il grande segreto della fede, che è la capacità di vedere le cose in profondità, di non fermarsi alla superficie di ciò che appare, per poter riconoscere la gloria di Dio.
È Gesù stesso che porta i suoi discepoli in alto sul monte, perché la fede non è frutto di una capacità umana naturale, ma è risposta alla sua chiamata e al suo dono.
Alcuni Padri della Chiesa insegnano che a Gesù sul monte non accadde nulla: Gesù infatti è sempre il Figlio di Dio, è il Signore della gloria, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero. Nessuno uomo può sostenere il suo sguardo, il suo splendore divino: per questo si è fatto a noi vicino, assumendo la nostra natura mortale.
Che cosa accadde allora sul monte? Che il Signore donò ai suoi discepoli di potere contemplare per un istante, anche con gli occhi di carne, ciò che essi stavano riconoscendo già, giorno per giorno, con il occhi della fede.
Il miracolo non è che Cristo diventa luminoso e sfolgorante: il miracolo è che Cristo si è fatto uno di noi, si è fatto visibile, ha camminato con noi, si è sporcato le mani con la nostra terra… Sul monte, il Signore ha dato per un momento agli occhi di Pietro, Giacomo e Giovanni la forza di sostenere la sua luce divina, per rafforzare la loro speranza.
Per questo diciamo che la fede è dono di Dio, perché lui ci dona questo sguardo profondo, che non si ferma alla superficie. Quando i discepoli vedevano Gesù, vedevano solo un uomo. La loro fede li portò a riconoscere che era l’onnipotente e inaccessibile Figlio di Dio fatto uomo. Quando noi vediamo l’eucaristia, vediamo pane e vino: la fede ci fa riconoscere la carne e il sangue del Signore, donati per noi, per purificare la mente e il cuore. Quando noi vediamo la Chiesa, vediamo un insieme di persone, piene di belle doti, ma anche di tanti difetti. Nella fede riconosciamo la Chiesa, una santa cattolica e apostolica.
La trasfigurazione è un miracolo che non riguarda Cristo, ma riguarda ciascuno di noi, perché a chi accoglie la potenza di Dio è data la possibilità di non fermarci alla superficie di ciò che appare. (mons. Andrea Caniato)

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