Commento al Vangelo del 20 Maggio 2018 – Comunità Kairos

Si chiude il tempo di Pasqua, un tempo lungo nel quale vivere pienamente la gioia del dono della vita: dalla domenica della Resurrezione a Pentecoste come se fosse un unico giorno.

Per sette settimane, lo spazio di otto domeniche, la nostra riflessione è incentrata sul mistero pasquale. Pentecoste chiude e ricapitola questo tempo in quanto ne è il compimento. Primo dono del Risorto è l’effusione dello Spirito santo: la signoria di Cristo nella nostra vita, una nuova vita illuminata dalla speranza.

Siamo al centro della fede cristiana e i vangeli testimoniano un mistero ineffabile che è la più lieta delle notizie.

La resurrezione non termina la missione di Gesù, essa si realizza appieno nel dono dello Spirito santo, lo Spirito di Dio che ha sempre accompagnato Gesù e che venendo a dimorare nei nostri cuori, diventa guida, memoria ed ermeneutica del Cristo, presenza viva del Figlio che ci rende figli e ci apre all’amore verso i fratelli.

La resurrezione ha inaugurato un tempo nuovo e definitivo nella storia della salvezza in cui Cristo è sempre presente e protagonista attraverso lo Spirito santo. La Chiesa, la comunità storica dei credenti, inabitata dallo Spirito d’amore del Risorto, invera la presenza di Gesù, rendendo la sua Parola e la sua opera salvifica sempre viva e attuale.

In questo modo, la resurrezione non è un fatto avvenuto nel passato e dunque concluso ma è evento che sempre si ripete nella vita degli uomini che vivono la radicalità dell’amore, per cui ogni tempo e ogni luogo divengono il qui e l’ora della salvezza.

Non si tratta quindi di fare memoria di quello che è accaduto 50 giorni dopo la Pasqua di Gesù, ma di celebrare una grazia che costantemente si rinnova. Sempre lo Spirito di Dio viene a noi, soprattutto nell’Eucaristia, esso è vento che spira in tutte le direzioni, acqua che disseta ogni sete di vita in pienezza.

Accogliere e custodire lo Spirito santo significa aprirsi all’altro da sé, avere sguardo profondo ed intelligenza spirituale nel cogliere l’opera misteriosa del Signore nelle nostre vite per diventarne strumento. Lo Spirito santo anima e sospinge tutta la creazione: emerge in tutta la sua splendente verità che la creazione non è un’opera conclusa ma continua, è un processo in divenire, al quale tutti gli uomini sono chiamati a collaborare vivendo da figli e da fratelli.

In fede sappiamo che l’opera salvifica di Dio è stata compiuta: Cristo ci ha rivelato il mistero d’amore che è Dio e ci ha immessi nel dinamismo trinitario. L’umanità intera è attirata nella circolarità dell’amore dallo Spirito santo, per partecipare al processo generativo della vita che è il dono di sé.

Il vangelo di oggi è tratto dal lungo discorso-testamento (Gv. 13-17) che Gesù tiene nel cenacolo nell’ultima sera della sua vita terrena. Le sue parole sono piene di sollecitudine per confortare il cuore profondamente turbato dei discepoli. Come credere agli eventi che Gesù annuncia? Che senso dare ad una manifestazione d’amore persino nei confronti dei nemici? Come accettare che Dio si riveli nella croce, scandalo e follia, mistero di debolezza e di maledizione?

Per ben cinque volte egli infonde loro coraggio promettendo il dono dello Spirito santo: due delle cinque promesse dello Spirito santo, la liturgia oggi le ha messe insieme.

Lo Spirito di Dio che in origine aleggiava sulle acque per infondere la vita e poi ritirarsi donando la libertà e la ricchezza della diversità, in Cristo diviene vita nuova, che non finisce. Il radicalmente Altro viene a dimorare in noi «perché possiamo penetrare l’infinita grandezza della rivelazione ed esserne trasformati e animati» (G. Ravasi). In questo senso l’evangelista chiama lo Spirito santo «Paràclito», chiamato accanto, e «Spirito di verità» per esprimere l’azione di svelamento in pienezza del mistero di Cristo e della sua parola e far sì che l’intima e perfetta comunione del Figlio col Padre si compia in noi, figli nel Figlio, aprendoci all’amore per i fratelli e portando avanti il processo di salvezza per tutti.

La rivelazione ci introduce al mistero trinitario, essa è una: ha origine nel Padre, ci raggiunge col Figlio e diviene presenza interiore nei discepoli per opera dello Spirito santo. Lo Spirito santo ricorda ed interiorizza alla luce della fede le parole di Gesù, non insegna una nuova dottrina: la rivelazione che apporta lo Spirito santo egli non l’attinge da se stesso, non ne è l’origine, come Gesù non aveva parlato da se stesso, ma aveva detto tutto ciò che gli aveva insegnato il Padre.

Lo Spirito santo ridice ed attualizza il messaggio evangelico affinché il suo annuncio sia capace di parlare a tutti gli uomini di tutti i tempi.

Il riannunzio del vangelo non esprime solo la dinamica trinitaria, ma anche la vitalità della Parola che, anche se pronunciata sempre di nuovo, non è sterile ripetizione, fissa ed uguale nel tempo, ma annuncio creativo della verità di sempre, il cui senso si dispiega nel corso del tempo perché essa sia interpretata e vissuta nella situazione storica concreta, rispondendo così ai bisogni sempre nuovi dell’umanità.

La gradualità della rivelazione è dono di Dio che rispetta la libertà e i tempi di interiorizzazione e comprensione dell’uomo: c’è un cammino che la comunità deve compiere sulle orme di Gesù, grazie allo Spirito santo che la apre ad una conoscenza ed esperienza della vita sempre più profonda.

In questo senso lo Spirito santo «annuncerà le cose future»: egli rivelerà il senso della vita alla luce della fede pasquale, aprendo la comunità cristiana al nuovo e al futuro, evitando che essa si chiuda timorosa nel passato e nel pallido e sterile ricordo degli eventi seguiti alla cena dell’addio.

Gesù, con fiducia affida al tempo e alla testimonianza dello Spirito la comprensione di quanto sta per compiersi, di cui i dodici riuniti attorno a lui «non sono ancora in grado di portare il peso».

Il dono dello Spirito fa sì che coloro che erano con lui «fin dal principio», i discepoli testimoni della resurrezione, inizino un cammino verso la «verità intera» fatto di testimonianza da rendere con l’annuncio della Parola e con la propria esistenza nel cui solco devono muoversi tutti i credenti.

In questo modo, la nostra fede si nutre della “duplice” testimonianza dello Spirito Santo – che interiormente fa splendere la verità di Cristo – e della comunità dei credenti a partire dagli apostoli, testimoni esteriori e visibili, che prestano la voce allo Spirito santo rendendo la Parola viva e vivificante.

Monica

Fonte: Comunità Kairos (Palermo)

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