Commento al Vangelo del 13 marzo 2011 – Paolo Curtaz

Prima domenica di Quaresima, anno di Matteo

Gn 2,7-9; 3,1-7/Rm 5,12-19/ Mt 4,1-11

Quaresima

È arrivata, finalmente.

Dopo la lunga saponata ricevuta col discorso della montagna, quest’anno, non vedevo l’ora di iniziare la quaresima per tirare il fiato.

Illuso.

Prendere sul serio la quaresima significa correre il rischio reale della conversione.

Come Gesù, siamo invitati a fare deserto nelle nostre città, a ritagliarci un qualche spazio per prepararci alla pasqua, a porre dei gesti di attenzione per verificare il nostro stato di salute spirituale. Come gli atleti che si preparano alla gara, anche noi siamo invitati a fare ascesi, allenamento, per fare in modo che la nostra anima ci raggiunga.

È tempo di gettare le maschere. Quelle di carnevale, certo, ma, molto di più, quelle che non riusciamo a toglierci nella vita reale. Nemmeno davanti a Dio.

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Polveri

Chi ha potuto, mercoledì, ha assistito all’antico gesto dell’imposizione delle ceneri. Una celebrazione sobria, in cui il celebrante, tracciandoci sulla fronte un segno di croce con della cenere, ci ha invitato alla conversione, ci ha ricordato che, in fondo, siamo solo polvere.

Polvere senza vita, se Dio non insuffla la sua Parola.

Polvere inutile, se non è riempita di speranza e di sogni.

Polvere che Dio riempie di immortalità.

Ce ne ricordassimo, quando passiamo il tempo a litigare per un avanzamento di carriera, quando le riunioni condominiali si trasformano in una rissa verbale, quando vediamo le starlette della televisione sgomitare e incarognirsi le une contro le altre per avere un po’ di attenzione.

Ce ne ricordassimo, quando perdiamo il sonno per un progetto non riuscito, per un rimprovero del capo, per un paio di chili di troppo.

Siamo solo polvere.

Asciutto, come monito, ma reale.

Nel deserto

Gesù inizia la sua attività pubblica… fuggendola.

Entra nel deserto per pregare, per stare col Padre, per digiunare. Come Israele nel deserto del Sinai, il Dio solidale vuole condividere la pena degli uomini che non trovano sollievo.

A volte bisogna avere il coraggio di andarsene, per ritrovarsi.

Ma, anche, Gesù vuole decidere come essere Messia, come strutturare il suo ministero.

Gesù è Dio, certo, e riguardo alle cose di Dio ha una conoscenza assoluta, perché egli è il figlio di Dio.

Ma riguardo alle cose degli uomini, Gesù non vuole privilegi. Anche lui deve progettare, decidere, programmare. E la sua scelta mette i brividi.

Matteo, di cui quest’anno leggiamo il racconto, allarga la stringata narrazione di Marco e racconta dettagliatamente le tre tentazioni che Gesù deve affrontare a suon di Parola di Dio.

Come nelle dispute fra i rabbini, anche Gesù argomenta col diavolo.

Conosce la Parola di Dio, il Signore. E anche il diavolo.

Noi, invece, non subiamo nemmeno tentazioni perché ci facciamo del male da soli, ignari della Parola che ci salva. Le tentazioni sono per i santi, non per noi, discepoli mediocri.

Gesù ha davanti a sé tre messianismi: uno storico, legato alla restaurazione del regno di Davide. Il Regno del pane, della politica, della teocrazia; uno legato ai miracoli, allo straordinario, agli eventi impossibili; uno legato al compromesso col potere, come hanno saputo fare i sacerdoti di Gerusalemme con i romani, tornati al potere dopo secoli grazie al rinato tempio.

Gesù rifiuta tutte queste proposte:

non proporrà una rivoluzione politica, ma la conversione;

non stupirà le persone con i miracoli, cercherà di convincerli con la Parola;

sarà onesto col potere, anche con quello religioso, ma vero, denunciandone gli abusi.

Povero Gesù.

Illuso

È fragile, il messianismo di Gesù.

Bello ma fragile. Forse Dio è troppo ottimista nel confronto di noi uomini, forse ci crede migliori di ciò che, invece, siamo.

Glielo ricorderà l’avversario quando tornerà, al Getsemani, manifestando a Gesù il fallimento clamoroso della propria missione.

La sua predicazione appassionata, amicale, compassionevole, adulta, è stata inutile.

Forse.

E noi?

Quali uomini vogliamo essere?

Quale Dio vogliamo celebrare?

Non seguiamo l’onda delle sirene dei media, o le nostre ispirazioni.

Lasciamoci illuminare nel deserto, per purificare il nostro cuore.

E non cerchiamo un Dio che si sazia la pancia, o che ci stupisce con i miracoli, o che è ridotto a garante dell’ordine sociale.

Quel Dio, non è il Dio di Gesù.

Buona quaresima, cercatori di Dio, seguaci del folle.

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