Commento al Vangelo del 13 gennaio 2019 – Figlie della Chiesa

La festa del Battesimo del Signore si chiama anche Teofania: manifestazione di Dio. In realtà non è teologicamente distinta dalla festa dell’Epifania che celebra lo stesso mistero del Natale ma lo fa mettendo in rilievo la manifestazione della gloria infinita del Figlio Unigenito del Padre e la chiamata universale di tutti i popoli alla salvezza in Cristo. Nella liturgia delle Ore dell’Epifania ritroviamo spiegato l’uso plurale (tà epiphàneia) del titolo della festa, tipico dell’antica liturgia orientale. Nell’antifona al Benedictus delle Lodi e nell’antifona al Magnificat dei Vespri si parla dei tre prodigi celebrati in questo giorno: i Magi, il Battesimo di Gesù e le nozze di Cana. Anticamente, e così è ancora nei riti orientali, le teofanie di Cristo erano assommate nell’unica festività del 6 gennaio. Nel rito romano queste tre manifestazioni si “srotolano” e ad esse si associano tre giornate: il 6 gennaio e le due domeniche dopo l’Epifania (lo si vede bene però solo nel lezionario di quest’anno, l’Anno C). La festa del Battesimo del Signore, infatti, chiude il ciclo natalizio e tiene il luogo della prima domenica del Tempo ordinario. La II Domenica del Tempo ordinario è ancora tutta incentrata sulla Manifestazione del Signore con la proposta, nell’anno C, del Vangelo delle nozze di Cana. La simbologia della luce, già presente nella liturgia natalizia, la ritroviamo nella liturgia dell’Epifania. In perfetta sintonia è il Battesimo di Gesù. Lo racconta meravigliosamente S. Gregorio Nazianzeno: “Cristo nel Battesimo si fa luce, entriamo anche noi nel suo splendore; Cristo riceve il battesimo, inabissiamoci con lui per poter con lui salire alla gloria […] Gesù sale dalle acque e porta con sé in alto tutto intero il cosmo. Vede scindersi e aprirsi i cieli, quei cieli che Adamo aveva chiuso per sé e per tutta la sua discendenza, quei cieli preclusi e sbarrati come il paradiso lo era per la spada fiammeggiante. […] Tutto è stato fatto perché voi diveniate come altrettanti soli cioè forza vitale per gli altri uomini. Siate luci perfette dinanzi a quella luce immensa. Sarete inondati del suo splendore soprannaturale. Giungerà a voi, limpidissima e diretta, la luce della Trinità, della quale finora non avete ricevuto che un solo raggio, proveniente dal Dio unico, attraverso Cristo Gesù nostro Signore, al quale vadano gloria e potenza nei secoli dei secoli. Amen.” (Dai «Discorsi» di san Gregorio Nazianzeno, vescovo. Disc. 39 per il Battesimo del Signore, 14-16. 20; PG 36, 350-351. 354. 358-359). 

            La redazione degli evangelisti tende a presentare il battesimo di Gesù come il battesimo del «nuovo popolo di Dio», il battesimo della Chiesa. Nel libro dell’Esodo, Israele è il figlio primogenito che viene liberato dall’Egitto per servire a Dio e offrirgli il sacrificio (Es 4,22); è il popolo che passa tra la muraglia d’acqua del Mar Rosso e nel sentiero asciutto attraverso il fiume Giordano. Cristo è il «figlio diletto» che offre l’unico sacrificio accetto al Padre; Cristo che «esce dall’acqua» è il nuovo popolo che viene definitivamente liberato: lo Spirito non solo scende su Cristo, ma rimane su di lui «perché gli uomini riconoscessero in lui il Messia, inviato a portare ai poveri il lieto annunzio» (prefazio). Lo Spirito che non aveva più dimora permanente fra gli uomini (Gn 6,3) ora rimane sempre, per Cristo, nella Chiesa.

            La missione di Cristo è prefigurata in quella del Servo sofferente di Isaia. Il «Servo di Iahvè» è colui che porta su di se i peccati del popolo. In Cristo che si sottopone ad un atto pubblico di penitenza, vediamo la solidarietà del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo con la nostra storia. Gesù non prende le distanze da un’umanità peccatrice: al contrario, vi si immedesima per meglio «manifestare il mistero del nuovo lavacro» (prefazio) e i conseguenti impegni di azione apostolica che ne derivano per il discepolo.

Vv. 3, 15-16

            Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco»…

            È la prima occasione in cui Gesù, da uomo maturo, entra nella scena pubblica, dopo aver lasciato Nazaret. Lo troviamo presso il Battista, da cui si reca un gran numero di gente. Questi, con una verginità profetica disarmante, riconosce davanti a tutti di essere solo colui che prepara la via, che immerge solo nell’acqua della sua fragile ma così necessaria realtà. San Luca osserva che il popolo “era in attesa” (v.15): sottolinea, così, l’attesa di Israele; coglie, in quelle persone che avevano lasciato le loro case e gli impegni abituali, il profondo desiderio di un mondo diverso e di parole nuove, che sembrano trovare risposta proprio nelle parole severe, impegnative, ma colme di speranza del Precursore. Il suo è un battesimo di penitenza, un segno che invita alla conversione, a cambiare vita ma si avvicina Colui che “battezzerà in Spirito santo e fuoco” (v.16). E’ il battesimo nel Nome di Gesù, l’immersione nella vita stessa di Dio. Il battesimo dato a noi nel nome di Cristo è manifestazione del preveniente amore del Padre, partecipazione al mistero pasquale del Figlio, comunicazione di una nuova vita nello Spirito; esso ci rende “figli nel Figlio” ponendoci in relazione intima e profonda con Dio, rendendoci capaci di chiamarlo “Padre”, di “formare un popolo puro che gli appartenga” (Tt 2,14), un popolo sacerdotale,  profetico, regale.

Vv 3,21-22

            Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

            A differenza dagli altri sinottici, in Luca il battesimo è descritto come già avvenuto: probabilmente si vuole far emergere la centralità di questo evento nella vita di Gesù e ricordare a tutti i credenti che hanno ricevuto questo sacramento, di rendersi sempre più consapevoli del dono ricevuto per viverlo con serietà e impegno nel cammino di progressiva conformazione a Cristo e di appartenenza alla Chiesa.

            Un’altra sottolineatura, tipicamente lucana, riguarda l’atteggiamento orante di Gesù che “stava in preghiera” mentre il cielo si aprì. Il grande desiderio del profeta Isaia arriva finalmente al suo compimento “Oh, se Tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is 63,19). Ora è esaudito questo desiderio! L’obbedienza di Gesù al Padre ha aperto il cielo sulla terra e la luce della Trinità vi è entrata per sempre! Lo Spirito appare visibilmente come colomba e dà testimonianza al Figlio, all’Unto di Dio, a “Colui nel quale abita corporalmente la pienezza della divinità” (Col 2, 9). L’allusione principale è alla colomba che annunzia la fine del diluvio (Gn 8, 8,14). Gesù, immergendosi nelle acque del Giordano, annega, nella sua obbedienza, il peccato e il male del mondo, quel male e quel peccato che annienterà definitivamente nel battesimo di sangue che lo aspetta. Emergendo dalle acque, le santifica portando con sé tutto il cosmo. L’umanità viene finalmente portata al cospetto di Dio: d’ora in poi l’universo è cristificato! Nulla potrà più separarci da Dio, Lui che ha dato suo Figlio e con la potenza dello Spirito lo ha immerso nell’abisso della nostra morte! Di questo lo stesso Dio e Padre ne dà testimonianza riconoscendo il Figlio come l’Amato nel quale ha posto il suo compiacimento”. In questo evento decisivo della vita di Gesù il credente contempla con stupore e tremore il mistero della Trinità che si compromette con l’uomo andandolo a cercare lì dove si era perduto, nell’abisso del suo orgoglio e della sua autosufficienza. L’umiltà di Cristo, in fila per ricevere il battesimo come un qualunque peccatore bisognoso di conversione, è la stupefacente discesa di Dio nel cuore dell’uomo, luogo nel quale lo Spirito si poserà per dimorarvi in eterno in una nuova e definitiva alleanza.

Appendice

Giovanni è l’amico dello Sposo

            Il popolo che vedeva Giovanni Battista splendere di eccelsa santità, riteneva […] che egli fosse il Cristo, come leggiamo nel Vangelo: Ritenendo la gente e pensando tutti nel loro intimo di Giovanni che egli fosse il Cristo, gli rivolgevano questa domanda: “Sei forse tu il Cristo?”. Se Giovanni non fosse stato nel suo cuore come una valle, non sarebbe stato riempito dallo spirito di grazia. Egli, per rendere noto chi era, disse: “Viene dopo di me uno più forte di me, al quale non sono degno di sciogliere il legaccio del sandalo, come pure: è lo sposo che ha la sposa; l’amico dello sposo, che gli sta vicino e lo ascolta, gioisce immensamente alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia si è compiuta. Bisogna che egli cresca e io diminuisca. (Gregorio Magno, Le 40 Omelie sui Vangeli I, 20,4)

Perché Gesù battezza con lo Spirito Santo

            Dopo questo, Giovanni presenta un secondo argomento, dicendo: Io vi battezzo con acqua; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Anche questo è di grande importanza per la prova e la dimostrazione  che Gesù è Dio e Signore. Infatti è unica e peculiare proprietà della divina sostanza che trascende tutto poter donare al popolo l’inabitazione dello Spirito Santo e rendere quelli che vi affluivano partecipi della natura divina. Ma questa esiste in Cristo, non come cosa ricevuta, non per comunicazione da un altro, ma come sua propria e appartenente alla sua sostanza. Egli battezza nello Spirito Santo. (Cirillo di Alessandria, Commento a Luca, omelia 10)

Battesimo e Spirito Santo

            Quando il Signore ricevette il Battesimo, i cieli si aprirono, “lo Spirito Santo discese” su di lui e una voce venuta dal cielo echeggiò come un tuono dicendo: “Questi è il mio Figlio diletto, in cui mi sono compiaciuto” (Lc 3,22). Si deve dunque dire che grazie al Battesimo di Gesù il cielo si è aperto, ed è stata accordata la remissione dei peccati non a colui “che non aveva commesso peccato e nella cui bocca non fu trovato inganno” (1Pt 2,22; Is 53,9), ma al mondo intero; grazie a lui i cieli si sono aperti e lo Spirito Santo è disceso. Il Signore, dopo “essere salito sulle vette trascinando prigioniera la schiavitù” (Sal 68,19; Ef 4,8), comunicò a noi lo Spirito che era venuto a lui, quello Spirito che ci ha donato una volta risuscitato dicendo: “Ricevete lo Spirito Santo. Colui al quale voi rimetterete i peccati, gli saranno rimessi, e colui al quale li riterrete, gli saranno ritenuti” (Gv 20,22-23).

            “Lo Spirito Santo discese” sul Salvatore “sotto forma di una colomba“, l`uccello della dolcezza, simbolo dell`innocenza e della semplicità. Ecco perché a noi è ordinato di imitare “l`innocenza delle colombe” (cf.Mt 10,16). Tale è lo Spirito Santo, puro, alato, che si innalza nei cieli. (Origene, In Luc., 27, 5)

 

La voce del Padre afferma l’unità di Padre e Figlio

            Abbiamo visto lo Spirito, seppure in forma corporea: vediamo anche il Padre. Ma poiché ci è impossibile vederlo, ascoltiamone la voce; infatti, questo Dio misericordioso è qui presente e non abbandonerà il suo tempio. Egli vuole edificare ogni singola anima, vuole ammaestrarla per darle la salvezza, vuole trasferire le pietre viventi dalla terra al cielo (cf. 1Pt 2,5). Egli ama il suo tempio, ricambiamo il suo amore. Se amiamo Dio, osserviamo i suoi comandamenti (cf. Gv 14,15). Se lo amiamo, lo conosceremo. Infatti chi dice: “Lo conosco” e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo (cf. 1Gv 2,4). E poiché Dio è verità (cf. 1Gv 4,6-7), come può amare Dio che non ama la verità? Ascoltiamo dunque il Padre; egli infatti non si vede. Ma anche il Figlio non si può vedere secondo la divinità: infatti Dio nessuno mai l’ha visto (Gv 1,18). Siccome il Figlio è Dio, il Figlio, in quanto Dio, non si vede, ma egli volle farsi vedere in un corpo; e poiché il Padre non aveva corpo, volle dimostrarci la sua presenza nel Figlio, dicendo: Tu sei mio figlio, in te mi sono compiaciuto. Se desideri sapere che il Figlio è sempre presente col Padre, leggi le parole del Figlio: Se salgo in cielo, là tu ci sei; se mi distendo negli inferi, eccoti là. (Sal 138, 8). Se cerchi la testimonianza del Padre, l’hai udita da Giovanni. Affidati a colui al quale Cristo si è affidato per farsi battezzare e al quale il Padre ha presentato il Figlio con una voce dal cielo, dicendo: Questi è il mio figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto. (Ambrogio, Esposizione del Vangelo secondo Luca2,94)

 

            Gesù “scende dalle stelle”, si cala nel nostro mondo, lo trova malsano e malmesso, e cosa fa? Potrebbe invocare il fuoco del giudizio divino per incenerire il marciume di tanti mali, miserie e cattiverie, come aveva fatto Giovanni Battista, ma non lo fa. Potrebbe aprire una scuola a Gerusalemme come rabbi Hillel o rabbi Gamaliele, per insegnare a diventare periti nella legge di Dio, ma non lo fa. Potrebbe indicare la via del nirvana ai discepoli che poi però devono fare tutta la strada da soli, come Siddharta Gautama, il Buddha, l’illuminato, ma non lo fa. Darà allora il segnale della guerra santa, come farà Muhammad, il profeta, o cercherà di affermare la verità ricorrendo anche a metodi intolleranti, come purtroppo faranno nel corso della storia alcuni suoi discepoli?

            No, Gesù di Nazaret sceglie di farsi compagno di tutti i peccatori – fino a giocarsi la reputazione – come “un mangione e un beone”. Si fa carico, come un agnello innocente, di tutto il peccato del mondo, e con la sola forza dell’amore del Padre comincia ad attraversare le strade della vita, beneficando e risanando quanti erano prigionieri del male. Va incontro a ogni miseria spirituale e materiale, guarendo malati e lebbrosi, accogliendo donne e bambini, perdonando pubblicani e peccatori, risuscitando i morti, proclamando la buona novella ai poveri. Intanto annuncia il mondo nuovo del regno dei cieli, un regno che ha per fondamento la bontà misericordiosa del Padre, per condizione la libertà dei figli di Dio, per statuto la legge dell’amore.

            Questa è la scelta messianica di Gesù, una scelta che il Padre approva, confermandogli solennemente e pubblicamente tutto il suo compiacimento: “Tu sei il Figlio mio, l’amato; in te ho posto tutto il mio amore”. Si realizza così la profezia di Isaia: “Oh, squarciassi tu i cieli e scendessi!”. E il cielo si squarcia davvero, come avverrà (stesso verbo!) per il velo del tempio alla sua morte (Mc 15,38). E lo Spirito scende come colomba, a significare che “l’eterno naufragio del mondo era finito” (Crisologo). Veramente nel battesimo di Gesù inizia una nuova primavera della storia. “Quali miracoli, quali prodigi, fratelli miei!”, cantava stupito s. Agostino. (Francesco Lambiasi, da un’Omelia, 13 gennaio 2008)

 

Cari fratelli e sorelle!

            Questa mattina, durante la santa Messa celebrata nella Cappella Sistina, ho amministrato il sacramento del Battesimo ad alcuni neonati. Tale consuetudine è legata alla festa del Battesimo del Signore, con la quale si conclude il tempo liturgico del Natale. Il Battesimo suggerisce molto bene il senso globale delle Festività natalizie, nelle quali il tema del diventare figli di Dio grazie alla venuta del Figlio unigenito nella nostra umanità costituisce un elemento dominante. Egli si è fatto uomo perché noi possiamo diventare figli di Dio. Dio è nato perché noi possiamo rinascere. Questi concetti ritornano continuamente nei testi liturgici natalizi e costituiscono un entusiasmante motivo di riflessione e di speranza. Pensiamo a ciò che scrive san Paolo ai Galati: “Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4,4-5); o ancora san Giovanni nel Prologo del suo Vangelo: “A quanti l’hanno accolto / ha dato potere di diventare figli di Dio” (Gv 1,12). Questo stupendo mistero che è la nostra “seconda nascita” – la rinascita di un essere umano dall’“alto”, da Dio (cfr Gv 3,1-8) – si realizza e si riassume nel segno sacramentale del Battesimo.

            Con tale sacramento l’uomo diventa realmente figlio, figlio di Dio. Da allora, il fine della sua esistenza consiste nel raggiungere in modo libero e consapevole ciò che fin dall’inizio era ed è la destinazione dell’uomo. “Diventa ciò che sei” – rappresenta il principio educativo di base della persona umana redenta dalla grazia. Tale principio ha molte analogie con la crescita umana, dove il rapporto dei genitori con i figli passa, attraverso distacchi e crisi, dalla dipendenza totale alla consapevolezza di essere figli, alla riconoscenza per il dono della vita ricevuta e alla maturità e alla capacità di donare la vita. Generato dal Battesimo a vita nuova, anche il cristiano inizia il suo cammino di crescita nella fede che lo porterà ad invocare consapevolmente Dio come “Abbà – Padre”, a rivolgersi a Lui con gratitudine e a vivere la gioia di essere suo figlio.

            Dal Battesimo deriva anche un modello di società: quella dei fratelli. La fraternità non si può stabilire mediante un’ideologia, tanto meno per decreto di un qualsiasi potere costituito. Ci si riconosce fratelli a partire dall’umile ma profonda consapevolezza del proprio essere figli dell’unico Padre celeste. Come cristiani, grazie allo Spirito Santo ricevuto nel Battesimo, abbiamo in sorte il dono e l’impegno di vivere da figli di Dio e da fratelli, per essere come “lievito” di un’umanità nuova, solidale e ricca di pace e di speranza. In questo ci aiuta la consapevolezza di avere, oltre che un Padre nei cieli, anche una madre, la Chiesa, di cui la Vergine Maria è il perenne modello. A lei affidiamo i bambini neo-battezzati e le loro famiglie, e chiediamo per tutti la gioia di rinascere ogni giorno “dall’alto”, dall’amore di Dio, che ci rende suoi figli e fratelli tra noi. (Benedetto XVI, Angelus, 10 gennaio 2010).

Fonte: Figlie della Chiesa

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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO

BATTESIMO DEL SIGNORE – ANNO C

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Lc 3, 15-16. 21-22 Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Ed ecco, mentre tutto il popolo veniva battezzato e Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e discese sopra di lui lo Spirito Santo in forma corporea, come una colomba, e venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento». C: Parola del Signore. A: Lode a Te o Cristo.

Fonte: LaSacraBibbia.net

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