CEI – Commento al Vangelo della Prima Domenica di Quaresima – 26 Febbraio 2023

La Domenica delle Tentazioni di Cristo, prima Domenica di Quaresima, segna la prima tappa del cammino di conversione pasquale. Essa parte dal nostro deserto, dal quale si alza accorato il grido della nostra preghiera: «Sì, le mie iniquità io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanzi» [Sal 51 (50),5].

Il Padre ascolta questo grido e come risposta invia suo Figlio. Gesù, nuovo Adamo, all’inizio del suo ministero sceglie di vivere e attraversare il deserto, sperimentando anche tutte le tentazioni che ivi si presentano (Vangelo) affinché la sua obbedienza al Padre riscatti la disobbedienza del primo Adamo (II lettura). Per causa sua dal primordiale giardino della comunione piena con Dio l’umanità si ritrovò nel deserto della prova; ora per mezzo di Gesù il deserto diventa esodo, destinato ad essere quel giardino dove lui sarà seppellito e dal quale risorgerà, distruggendo il potere del peccato e della morte. Da quel deserto cambiato in giardino Dio e l’umanità nuova potranno camminare e vivere insieme. 

In questa I domenica il Vescovo nella chiesa cattedrale, o in altra chiesa, celebra il rito dell’elezione o iscrizione del nome dei catecumeni che saranno battezzati nella prossima Veglia Pasquale. Per questa celebrazione si utilizza il formulario proprio (MR p. 763). 

La Quaresima, «segno sacramentale della nostra conversione» (colletta), in questa prima Domenica, attraverso l’esperienza liturgica, coinvolge il senso ecclesiale e spirituale del gusto. La comunità e ogni fedele sono chiamati a nutrirsi di ogni Parola che esce dalla bocca di Dio (cf. Mt 4,4). Il nutrimento della Parola ci fa gustare l’Eucaristia, con la fragranza della vita fraterna e della carità operosa. 

PREPÁRATI 

«Figlio, se ti presenti per servire il Signore, prepárati alla tentazione. 
Abbi un cuore retto e sii costante, non ti smarrire nel tempo della prova. Stai unito a lui senza separartene, 
perché tu sia esaltato nei tuoi ultimi giorni» (Sir 2,1-3). 

Il Libro del Siracide esprime bene lo status del credente: la consapevolezza di servire il Signore è un dono e un impegno costante a vigilare. La fede non è un’assicurazione per la vita tranquilla e senza difficoltà, ma la prova è parte integrante dell’esperienza credente del discepolo. 

Il pellegrinaggio spirituale che la Quaresima ci fa vivere è un percorso intenso che intende aiutare la comunità cristiana e ogni fedele a riscoprire i cardini essenziali della propria vita spirituale. Se questo tempo liturgico ordinariamente è legato al cammino penitenziale vissuto anticamente dai penitenti pubblici e dai catecumeni, assume un carattere tutto speciale grazie al ciclo A del Lezionario, che ci offre un vero cammino iniziatico in preparazione alla celebrazione dei sacramenti pasquali durante la Veglia Santa. 

La struttura del percorso biblico segue uno schema binario: mentre le prime due domeniche prevedono ogni anno i racconti delle tentazioni del Signore e della trasfigurazione, le tre domeniche successive differiscono e ci offrono un’attenzione teologica propria. In questo anno in particolare i vangeli presentano dei rimandi al mistero celebrato nel battesimo: l’acqua con la Samaritana (III), la luce con il Cieco nato (IV) e la vita nuova con la “risurrezione o reviviscenza” di Lazzaro (V). Di fatto questi testi sono accostati al cammino catecumenale che prevede le varie tappe del tempo di “purificazione o illuminazione”. In occasione della prima Domenica è previsto il Rito di elezione o dell’ iscrizione del nome con il quale il catecumeno viene “eletto”, scelto dalla comunità ecclesiale perché ritenuto ormai idoneo alla celebrazione unitaria dei sacramenti dell’iniziazione cristiana durante la Veglia di Pasqua (o, per motivi seri, durante la cinquantina pasquale, magari a Pentecoste). Dalla terza alla quinta domenica sono previste ordinariamente le Consegne (Traditiones) del Simbolo di Fede e della Preghiera del Signore, oltre agli Scrutini e agli Esorcismi maggiori

Lo specimen delle due prime domeniche è di indicare il punto di partenza della condizione della vita credente e la sua meta, comprendere che la tentazione, la prova sono la modalità ordinaria con la quale il credente deve confrontarsi e verificarsi, ma guardando al Signore, vincitore del peccato e della morte, come anche ci dimostra la trasfigurazione, anticipazione della risurrezione. 

ALLA TENTAZIONE 

Le letture prevedono un intreccio tematico tra tentazione e peccato, in un confronto dinamico tra l’esperienza del Primo Adamo e quella del Secondo, il Cristo. Ad Adamo che soccombe alla tentazione (I lettura) fa riscontro Gesù che vince la tentazione (Vangelo) e offre a ogni cristiano la possibilità di fare delle proprie cadute l’occasione di conoscere la grazia salvifica di Dio (II lettura). 

Il racconto genesiaco ci riporta all’origine di alcune dinamiche interiori presenti nel cuore umano attraverso un fraintendimento delle parole stesse del Signore. Dio avverte l’uomo di non mangiare solo il frutto di un albero (Gen 2,16-17) per non incontrare la morte, invece, grazie al tentatore, questo è frainteso in chiave frustrante come ingiunzione di non mangiare alcun frutto del giardino. La proibizione dell’unico frutto, più che il permesso-comando di mangiare tutto il resto, colpisce e ferisce la creatura che si vede attratta da ciò che è interdetto. «Ma il serpente disse alla donna: “Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che il giorno in cui voi ne mangiaste si aprirebbero i vostri occhi e sareste come Dio, conoscendo il bene e il male”» (Gen 3,4-5). La seduzione del maligno verte su due fronti: il presentare negativamente l’atteggiamento di Dio nei confronti della creatura e nell’illudere la coppia genesiaca che potrà essere “uguale a Dio, ma senza Dio”, nella conoscenza del “bene e male”. Nel linguaggio biblico il conoscere è un sapere esperienziale e vitale; l’espressione si presta a molteplici interpretazioni: probabilmente indica la possibilità della creatura di essere “padrone e generatore” di tutte le azioni buone e cattive, di essere “onnipotente”. Cosa accadrebbe se questo fosse possibile? La smania dell’onnipotenza appare all’orizzonte del cuore superbo della creatura umana fin dalle origini, confermata e causata anche da una falsa idea/immagine di Dio che vuole detenere un “potere tutto per sé” e dalla presunzione umana di volersi superare andando oltre i propri oggettivi limiti, che sono anche i confini esistenziali in cui l’uomo e la donna si riconoscono creature e non creatori, collaboratori di Dio e non padroni della vita e del creato. 

Il primo grande ammonimento che il cammino quaresimale offre ai catecumeni e a chi vive con stile catecumenale-iniziatico questo cammino quaresimale è proprio quello di riscoprirsi creatura e non creatore, di accogliersi nella propria condizione di fragilità e limite come possibilità sanante e non come esperienza frustrante. 

NON TI SMARRIRE NEL TEMPO DELLA PROVA 

Gesù attraversa la tentazione, non la rimuove, accetta di misurarsi con essa: non proietta l’immagine del nemico su realtà esterne, ma accetta che la potenza della tentazione si dispieghi nell’intimo del cuore. Solo chi vince la potenza del divisore in sé stesso può cacciare i demoni dagli altri. 

La vittoria di Gesù è interiore e spirituale, poichè attinge alla forza della Parola di Dio. I passi citati nella versione matteana richiamano il cammino esodale del popolo d’Israele con tre citazioni del Deuteronomio che si rifanno a tre episodi fondamentali: la manna e le quaglie (Es 16); Massa e Meriba (Es 17); il vitello d’oro (Es 32). Il ricordo della Parola di Dio, la memoria Dei come la definivano i Padri, è ciò che guida Gesù alla vittoria. Tale memoria Dei non è semplice ricordo di frasi bibliche, ma evento spirituale che interiorizza la presenza di Dio nel cuore dell’uomo attraverso la virtus stessa che la Parola di Dio ha di realizzare quanto comunica, di essere performativa non solo ad extra, ma anche ad intra. Attraverso la Parola rileggere il proprio vissuto e consegnarsi a Dio. 

Le tre tentazioni hanno una sequenza spaziale interessante: si parte dal deserto, per giungere al tempio di Gerusalemme e infine a un monte altissimo. Il deserto nella tradizione biblica (midbar) indica il suolo del silenzio e dell’ascolto interiore della Parole e delle tante parole che possono affollare la mente ed il cuore. Il deserto è il luogo per antonomasia delle tentazioni che il popolo d’Israele ha sperimentato, e allo stesso tempo è lo spazio vitale nel quale la Parola di Dio ha guidato e illuminato il popolo fino a condurlo alla terra promessa, già simboleggiata dalla consegna delle Dieci Parole. 

Come il popolo d’Israele matura la sua vocazione di popolo di Dio nel deserto, così Gesù, prima di iniziare la sua missione, va nel deserto. Il Signore, però, al contrario d’Israele vince la triplice tentazione dei beni materiali, del successo e del potere: dove l’antico Israele soccombeva, colui che simboleggia il nuovo Israele resiste e vince. 

Nella prima tentazione Gesù rifiuta il ruolo messianico in maniera spettacolare e prodigiosa, ma lo vive nella fedeltà a Dio come ogni uomo giusto e credente. Anche i bisogni materiali quotidiani rappresentati dal pane, rivelano che c’è un bisogno più profondo che nasce dalla relazione con Dio: egli con la sua Parola crea, dona vita e nutrimento. Egli non accetta di circonscrivere sé stesso, anzi, alla fine della sua missione, nell’ultima cena, sceglie di essere il vero pane spezzato che nutre e salva (Mt 26,26-27). 

Nella seconda tentazione Gesù è condotto sul punto più alto del tempio, luogo sacro per eccellenza, e non vuole “provare Dio”, ma affidarsi a lui, senza la pretesa della spettacolarizzazione miracolistica. È una dinamica tipica del cuore umano quella di approfittarsi di una relazione di confidenza, osando andare oltre i limiti. Gesù ci invita al rispetto del Padre con atteggiamento di fiducia filiale. 

Nella terza tentazione il Signore è condotto su un indefinito monte altissimo per adorare il maligno in cambio di tutte le ricchezze, il potere e il prestigio possibile. La proposta subdola del demonio prevede un fine buono da raggiungere attraverso una logica cattiva, un compromesso con il male. Ma Gesù non cede a questa forma di schiavizzazione e ci insegna che l’unico culto e adorazione sono per Dio. 

Tutto questo avviene attraverso la citazione della Parola, ma mai dialogando direttamente con il maligno. Anche questo è un criterio di discernimento spirituale: nella tentazione non si dialoga con il maligno – altrimenti si cede – ma solo con Dio, affidandoci a lui. 

STAI UNITO A LUI SENZA SEPARARTENE 

Il Vangelo di questa domenica inizia con una annotazione fondamentale: «In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo» (4,1). Dopo il Battesimo il Signore è guidato dallo Spirito nel deserto e qui la prova è fondamentale per “autenticare” la sua missione. Il termine “tentazione”, in greco peirasmós, indica la prova, la verifica, il vagliare e discernere. Ecco quindi il senso delle tentazioni: il dimostrare le intenzioni profonde del cuore nel volere aderire al Padre di ogni bontà. Per un eletto ai sacramenti dell’iniziazione cristiana e per noi che viviamo una “mistagogia” del dono della grazia battesimale questo significa che le tentazioni sono una opportunità per verificare il nostro desiderio di adesione piena al Signore. Il dono dello Spirito Santo nel Battesimo non esime dalle esperienze di tentazione e prova, ma offre una forza interiore per affrontare in maniera credente e coerente queste difficoltà. Così ben si esprime S. Gregorio Nazianzeno sintetizzando quanto questa prima tappa spirituale prevede per ogni credente: 

Se dopo il battesimo ti assalirà colui che ha perseguitato e inseguito la luce – e di certo ti assalirà dal momento che ha assalito anche il Verbo e mio Dio a causa del rivestimento della carne aggredendo la luce nascosta attraverso ciò che era visibile tu hai modo di vincerlo: non temere la lotta! Opponigli l’acqua, opponigli lo Spirito, nel quale si spegneranno tutte le frecce infuocate del Maligno. È Spirito, ma che dissolve le montagne [cf. Sal 96 (97),5]; è acqua, ma che spegne il fuoco. Se [il Divisore] ti assale ponendoti sotto gli occhi la tua povertà – ha osato farlo con Cristo – e cercherà di ottenere che le pietre divengano pane (cf. Mt 4,3-4) facendoti vedere che hai fame, non ignorare i suoi propositi. Insegnagli quello che non ha imparato, opponigli la parola di vita che è il pane disceso dal cielo e che dona vita al mondo (cf. Gv 6,33). Se ti tende un laccio attraverso la vanagloria – lo fece anche con Cristo conducendolo sul pinnacolo del tempio e dicendogli: 

«Gettati di sotto» (Mt 4,6) perché mostrasse la sua divinità non farti trascinare in basso dal desiderio di innalzarti. Se ottiene questo, non si fermerà qui. È insaziabile, ricorre a tutti gli espedienti. Lusinga con il bene, ma conclude con il male. Questo è il suo modo di combattere (Discorsi 40,10). 

Fonte: il sussidio Quaresima/Pasqua CEI

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