La Fenice

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La liturgia della Parola di questa V domenica di Quaresima ci apre alla speranza. In un contesto di morte, una certezza: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno» (Gv 11, 25-26).

La vita è il tema di questa domenica. Tanti sono i simboli cristiani che indicano la vita o meglio ancora la resurrezione. Tra questi incuriosisce l’antica figura della fenice. I greci e i romani credevano nell’esistenza di un “uccello di fuoco” rinato dalle sue stesse ceneri: «Nel Fisiologo, il primo bestiario cristiano, si racconta di come la fenice dopo cinquecento anni di vita si costruisse un nido fatto di piante aromatiche, per poi lasciare che il sole le incendiasse uccidendola; al termine del rogo essa rinasceva dalle proprie ceneri in forma di un modesto vermicello. Poi, al secondo giorno, veniva ritrovata come uccellino. Infine era divenuto un uccello fenice». Questo racconto è d’ispirazione per la fede biblica, tanto che Giobbe usava questa figura per descrivere la propria situazione di sofferenza: «Allora pensavo: “Spirerò nel mio nido e moltiplicherò i miei giorni come la fenice”» (Gb 29, 18).

Da qui, i primi cristiani, molti dei quali di cultura ellenistica, riconobbero subito nella fenice un simbolo di vita e di resurrezione. Per questo motivo viene rappresentata spesso vicino ai luoghi di sepoltura: «Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d’Israele. Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio» (Ez 37,12-13).

Sarà la letteratura cristiana dei primi secoli a spiegarne la simbologia e a scorgere in essa la figura di Cristo risorto: «Consideriamo quello splendido segno [della resurrezione] che ha luogo nelle terre orientali, ovvero in Arabia e nei Paesi vicini. C’è un certo uccello chiamato fenice. È l’unico del suo genere, e vive cinquecento anni. E quando si avvicina il momento della sua dissoluzione si costruisce un nido di incenso, mirra e altre spezie in cui entra quando è il momento e muore [e poi risorge] Riteniamo quindi che sia una cosa straordinaria per il Creatore di tutte le cose far risorgere quanti Lo hanno servito in modo pio a garanzia di una buona fede quando perfino attraverso un uccello Egli mostra la forza del Suo potere per mantenere la Sua promessa?» (Clemente Romano).

La fenice non è solo figura di Cristo, ma è immagine di ogni uomo che, soggetto alla morte, è chiamato alla vita: «se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi» (Rm 8, 11). Il più delle volte la morte ci fa paura, si presenta a noi come un limite. Dinanzi ad essa anche noi abbiamo fatto l’esperienza di Marta: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà» (Gv 11, 21).

Sembra facile parlare di vita, ma quando intorno a noi vediamo solo morte, questa risulta essere un’ “utopia” e come la folla anche noi abbiamo esclamato: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?» (Gv 11, 37). La Fenice, tanto rappresentata nell’arte cristiana, può essere eco delle parole di Gesù rivolte a Marta: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?» (Gv 11, 40). Viviamo questa domenica e questo tempo con la certezza che «in Lui morto è redenta la nostra morte, in Lui risorto tutta la vita risorge» (Prefazio Pasquale II). Buon cammino vero la Pasqua!

Fenice (dettaglio), Bestiario del 1270 ca., miniaturista anonimo, probabilmente decorato in Thèrouanne, Francia. Tempera, foglia d’ora e inchiostro su pergamena, 7 1/2 x 5 5/8, conservata al J. Paul Getty Museum.

A cura di don Bartolomeo de Filippis

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