Formare oggi i formatori al sacerdozio ministeriale e alla vita consacrata

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PONTIFICIA UNIVERSITÀ LATERANENSE

Formare oggi i formatori al sacerdozio ministeriale e alla vita consacrata

Jorge Carlos Patrón Wong
Arcivescovo Segretario per i Seminari
Congregazione per il Clero

15 maggio 2018

Desidero ringraziare il Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense, S.E. Mons. Enrico dal Covolo, per l’invito che ha voluto rivolgermi.

Il tema di questa sera rientra in quell’ambito di vitale importanza qual è quello della formazione sacerdotale. Al fine di fugare ogni dubbio, perplessità o interpretazione parziale, faccio subito riferimento alla Ratio fundamentalis – che la Congregazione per il Clero ha promulgato l’8 dicembre del 2016 – per chiarire che con l’espressione “formazione sacerdotale” non si intende semplicemente la tappa del Seminario o della Casa Religiosa durante la quale ci si prepara a ricevere gli Ordini Sacri e dove i destinatari di tale processo sembrano essere esclusivamente i seminaristi o i novizi.

Al contrario, come ha ricordato Papa Francesco ricevendo i partecipanti alla Plenaria della Congregazione per il Clero, nell’ottobre del 2014, la formazione sacerdotale “è un’esperienza discepolare, che avvicina a Cristo e permette di conformarsi sempre più a Lui. Proprio per questo, essa non può essere un compito a termine, perché i sacerdoti non smettono mai di essere discepoli di Gesù, di seguirlo… Quindi, la formazione in quanto discepolato accompagna tutta la vita del ministro ordinato e riguarda integralmente la sua persona, intellettualmente, umanamente e spiritualmente”.

Su questa scia, la Ratio fundamentalis afferma che i Seminari e le Case di formazione devono essere luoghi e spazi in cui si forgiano discepoli missionari sempre in cammino, bisognosi di formazione continua e integrale (cfr. RF, n. 3).

Ciò significa, però, che la formazione è un processo nel quale tutti sono inseriti, ciascuno nel proprio ruolo e a partire dalla propria condizione e dalla missione canonica ricevuta; se nessun sacerdote è esente da questo cammino di configurazione a Cristo – che generalmente denominiamo formazione permanente – allora ciò vale, ancor più, per i formatori dei Seminari e delle Case Religiose.

Essi per primi, infatti, devono avere la fisionomia del discepolo del Signore, corredata dei tratti umani e spirituali propri, così da poter accompagnare i giovani che si sentono chiamati a una vita di speciale consacrazione.

D’altra parte, soprattutto in considerazione delle nuove sfide formative che il contesto attuale ci pone e delle situazioni di difficoltà dei seminaristi e dei Sacerdoti che sembrano evidenziare una debolezza dei processi formativi, occorrerà lasciarsi sempre più incalzare dal monito evangelico: “Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in una buca?” (Lc 6,39).

Perciò, bisogna lavorare per far crescere ancora di più, in ogni ambito ecclesiale, la consapevolezza che quella del formatore del Seminario è una specifica vocazione ministeriale e, pertanto, una grande responsabilità che esige totale dedizione, energie e determinate competenze.

1. Formatori a tempo pieno

Ben oltre l’esecuzione di un compito meramente burocratico o funzionale, occorrerà che i formatori, ciascuno nella propria funzione – il Rettore, il Padre Spirituale, l’animatore – siano coinvolti a tempo pieno e si mettano in gioco, insieme ai seminaristi, dal di dentro dei processi educativi. Ai fini di una formazione reale e incisiva, infatti, è necessario che i seminaristi non siano “istruiti” come dall’esterno, ma, al contrario, possano vedere in coloro che li accompagnano i tratti fondamentali di quell’identikit sacerdotale, a cui essi tendono e gli aspetti principali del Pastore a immagine di Cristo, verso cui vengono gradualmente introdotti.

La Ratio fundamentalis raccomanda che i formatori siano scelti, dopo attento discernimento, tra quei presbiteri dotati “di capacità e di risorse umane1, spirituali2, pastorali e professionali. Occorrono, inoltre, a coloro che sono preposti alla formazione, una preparazione specifica3 e una generosa dedizione per questo importante compito. Sono necessari formatori che sappiano garantire una presenza a tempo pieno, e che siano anzitutto testimoni di come si ama e si serve il popolo di Dio, spendendosi senza riserve per la Chiesa4”. (RF, n. 49).

É importante avere chiaro – quando si riceve questa missione ecclesiale da parte del Vescovo – che si è chiamati a un’importante responsabilità, la quale non esige un esercizio funzionale o burocratico, ma, piuttosto, un mettersi in gioco nella formazione, insieme ai confratelli dell’équipe formativa e ai seminaristi.

A tale scopo, sarà importante che i formatori dei Seminari siano scelti con determinati requisiti: una maturità umana equilibrata e stabile, una sana e serena capacità relazionale, lo spirito di fede e di preghiera, il senso pastorale, la propensione all’ascolto e alla collaborazione e tutto ciò che, umanamente e spiritualmente, possa favorire una formazione che raggiunga in profondità il seminarista e aiutare la sua crescita.

Inoltre, il delicato e importante compito dei formatori richiede che questo servizio ecclesiale sia svolto a tempo pieno. Si possono comprendere le difficoltà pastorali che, talvolta, soprattutto a causa della scarsità numerica dei preti, condizionano le scelte dei Vescovi; tuttavia, occorre scommettere pienamente sul Seminario e sulla formazione sacerdotale, destinando ad essa presbiteri scelti in base alla loro testimonianza di vita, alla condotta personale, al carisma e alla loro preparazione, e chiedendo loro di dedicarsi completamente a questa missione.

Al riguardo, la Ratio afferma: “La comunità dei formatori è costituita da presbiteri scelti e ben preparati5, incaricati di collaborare alla delicata missione della formazione sacerdotale. È necessario che vi siano formatori destinati esclusivamente a questo compito, affinché possano dedicarsi interamente a esso; pertanto, occorre che abitino nel Seminario” (RF, n. 132).

Infatti, la formazione sacerdotale non è una comunicazione di informazioni o di norme, ma si compie attraverso le relazioni interpersonali, i momenti di condivisione e di confronto, e gli aspetti più ordinari della vita quotidiana comunitaria, che rappresentano in qualche modo quell’humus umano e spirituale in cui una vocazione cresce e matura.

2. Formatori nella comunità formativa

Un secondo aspetto importante riguarda ancora più da vicino l’azione formativa.

A seconda del ruolo e della missione ricevuta, è evidente che ciascun formatore intrattiene con i seminaristi delle relazioni personali di accompagnamento e discernimento spirituale. Tuttavia, l’azione del formatore non può mai essere isolata e individuale, dal momento che si tratta di un processo comunitario.

La vocazione di speciale consacrazione nel ministero ordinato, infatti, nasce all’interno del Popolo di Dio, si forgia nella Comunità del Seminario ed è destinata a una missione comunitaria, connotata dal servizio verso i fratelli e da quella configurazione a Gesù Buon Pastore, che esige l’offerta della propria vita per il gregge.

Perciò, la Ratio fundamentalis sottolinea che i formatori devono costituire una vera e propria comunità formativa: “La vocazione al presbiterato, infatti, è un dono che Dio fa alla Chiesa e al mondo, una via per santificarsi e santificare gli altri che non va percorsa in maniera individualistica, ma sempre avendo come riferimento una porzione concreta del Popolo di Dio. Tale vocazione viene scoperta e accolta all’interno di una comunità, si forma in Seminario, nel contesto di una comunità educante che comprende varie componenti del Popolo di Dio, per portare il seminarista, con l’ordinazione, a far parte della “famiglia” del presbiterio, al servizio di una comunità concreta. Anche rispetto ai sacerdoti formatori, la presente Ratio Fundamentalis intende sottolineare che, in vista dell’efficacia del loro operato, essi devono considerarsi e agire come una vera comunità formativa, che condivide un’unica responsabilità, nel rispetto delle competenze e dell’incarico affidato a ciascuno” (RF, n. 3).

Occorre che i seminaristi possano vedere nei loro accompagnatori una piccola comunità presbiterale nella quale, ciascuno a partire dal proprio ruolo e dai propri carismi, si integra con gli altri, vivendo costantemente l’atteggiamento dell’ascolto, la disponibilità al dialogo e la capacità di pensare e progettare insieme, in una relazione reciproca di autentica e leale collaborazione.

Come si può ben intuire, ciò ha una conseguenza ecclesiale pratica. Anzitutto, i Vescovi, devono valutare attentamente le circostanze del contesto ecclesiale e prendere in considerazione la possibilità di avere non solo una certa quantità di vocazioni, ma anche un numero di formatori sufficienti per garantire una comunità formativa, nonché un corpo docente in grado di offrire una proposta intellettuale di qualità. Se ciò non fosse possibile, allora conviene meglio mettersi in dialogo con la Provincia Ecclesiastica o con la Conferenza Episcopale locale, al fine di cercare una soluzione adeguata come, ad esempio, le istituzioni interdiocesane, regionali o nazionali.

Non è da sottovalutare, insomma, che il processo formativo si trasmette anche attraverso la promozione e l’impegno della vita fraterna. Come afferma la Ratio fundamentalis, “in Seminario i legami che si stabiliscono tra formatori e seminaristi, e tra gli stessi seminaristi, devono essere improntati alla paternità e alla fraternità6. Di fatto, la fraternità si costruisce tramite una crescita spirituale, che richiede impegno costante a superare le diverse forme di individualismo. Una relazione fraterna «non può essere solo una cosa lasciata al caso, alle circostanze favorevoli»7, ma, piuttosto, una scelta consapevole e una sfida permanente” (RF, n. 52).

Occorre perciò accompagnare i formatori dei Seminari perché, accanto alle virtù umane e spirituali necessarie per il compito delicato che portano avanti, essi siano resi particolarmente capaci di intessere relazioni di comunione e attitudini di attiva collaborazione. Dallo spessore relazionale dei formatori e dalla loro capacità di vivere una vera fraternità dipende la promozione di quel clima familiare del Seminario, che diventa “il contesto più adatto per la formazione di una vera fraternità presbiterale” (RF, n. 90), nonché l’ambito in cui le dimensioni formative si integrano vicendevolmente.

3. Aspetti fondamentali della figura del formatore

 L’importanza del cammino formativo in ordine al sacerdozio ministeriale e alla vita consacrata, ci convince sempre di più che occorre investire maggiormente nella formazione specifica dei formatori.

Non basta individuare Sacerdoti preparati per questa missione – benché ciò sia notevolmente rilevante – e né ci si può accontentare di ciò che il singolo educatore può offrire con la sua buona volontà. Bisogna mirare, invece, che da un impegno corale di Chiesa, emergano figure e profili idonei di formatori.

Se dovessi tracciare brevemente questo “identikit” del formatore, sintetizzando anche alcune cose già esposte, individuerei cinque aspetti fondamentali:

  1. Il formatore ha una missione specifica. Il formatore deve essere aiutato, nel proprio percorso spirituale, a scoprire che la sua missione in Seminario o nella Casa di formazione religiosa, non è una semplice “parentesi ministeriale”, ma una chiamata specifica, potremmo dire una “vocazione nella vocazione”; ciò significa che l’arte dell’accompagnamento sacerdotale, anche al di là degli anni spesi nella formazione seminaristica o del noviziato, dovrà diventare un tratto caratteristico del suo ministero, da espletarsi magari nel tempo in diverse forme, a servizio del presbiterio o della Comunità Religiosa;

 

  1. Il formatore deve vivere a tempo pieno la missione. Consapevole di questa importante chiamata, il formatore la vivrà a tempo pieno, dedicando le proprie energie umane e spirituali, la propria competenza intellettuale, nonché i tempi e gli spazi fisici, all’accompagnamento dei seminaristi o dei novizi. Ciò implicherà una condivisione della stessa vita quotidiana in Seminario o nella Casa di formazione;
  2. Il formatore dovrà curare la propria formazione umana e spirituale. Sostenuto dal Vescovo, dal presbiterio e dalle iniziative della Chiesa locale, il formatore dovrà avere cura della propria formazione permanente. L’agire del formatore, infatti, si imprime non tanto attraverso la comunicazione di idee e informazioni sulla figura del prete, bensì attraverso la testimonianza di vita Perciò, occorrono formatori corroborati da una solida maturità umana e relazionale che li aiuti a vivere rapporti sani con i seminaristi, supportati da una comprovata spiritualità;
  3. Il formatore dovrà essere esperto nel discernimento. Il formatore dovrà essere esperto nell’arte del discernimento, che si impara anzitutto vivendo tale dimensione sulla propria vita; egli, illuminato dalla preghiera e aiutato dagli strumenti umani, pedagogici ed ecclesiali a disposizione, dovrà essere capace di accompagnare i giovani verso una totale e generosa consegna della propria vita a Cristo, individuando gli aspetti e gli elementi che, in tale cammino, devono essere purificati e trasformati. In questa vigilante, paterna e affettuosa vicinanza al seminarista o al novizio, il formatore sarà in grado di cogliere le reali motivazioni vocazionali del formando, di aiutarlo a leggere la propria storia alla luce della fede e della vocazione, di individuare gli ostacoli che eventualmente impediscono la sua crescita umana o spirituale e, laddove fosse necessario, di far crescere in lui la consapevolezza di non essere idoneo e di doversi orientare verso una vocazione laicale;
  4. Il formatore dovrà essere uomo di comunione. Il formatore dovrà essere uomo di comunione, capace – come già ricordato – di quelle attitudini umane e spirituali, che lo rendono idoneo di collaborare con gli altri membri dell’équipe formativa, e di vivere uno spirito di fraternità e di comunione con essi, col Vescovo e con il resto del presbiterio, cosicché la sua azione formativa non rimanga isolata, ma sia invece inserita in un più ampio processo

Si tratta soltanto di alcuni aspetti, che ritengo siano tra i più importanti per la missione dei formatori. Essi esigono che non si abbassi mai la guardia, perché formatori dei futuri Sacerdoti o Religiosi non ci si può improvvisare.

La Congregazione per il Clero – che cerca di seguire da vicino i processi formativi dei Seminari e le dinamiche vocazionali e sacerdotali di diversi paesi del mondo – oltre alla promozione e all’approfondimento di aspetti inerenti la formazione sacerdotale, da qualche anno offre anche, ai preti studenti che si trovano a Roma, un Corso di Prassi formativa ella durata di un anno, i cui contenuti sono ripresi dalla Ratio fundamentalis.

Di certo non si tratta dell’unico strumento; altre proposte e iniziative, sia a livello di Chiesa locale che universale, possono aiutare i formatori a crescere nelle competenze, nella preparazione pedagogica e nella vita spirituale, affinché il loro servizio sia davvero all’altezza della missione ricevuta.

Come ha ricordato di recente Papa Francesco, riprendendo una bella immagine del profeta Geremia, tutti dobbiamo “scendere nella bottega” e collaborare con la mani del Vasaio divino che non smette di forgiare la nostra creta e di darle una forma; si tratta cioè di impegnarci – Vescovi, presbiteri, comunità cristiane, famiglie – nell’accompagnamento dei seminaristi e dei novizi. Sono figli della Chiesa, sono i nostri figli spirituali e sono giovani che hanno il desiderio di servire il Vangelo e il Popolo di Dio; hanno bisogno, perciò, di essere seguiti con l’affetto e con la preghiera, e di trovare nella Chiesa spazi, tempi, luoghi e figure che li accompagnino nel cammino.

Jorge Carlos Patrón Wong Arcivescovo Segretario per i Seminari Congregazione per il Clero

  • 1 Cf. Ibid., nn. 3-4.
  • 2 Cf. CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA, Lettera circolare Su alcuni aspetti più urgenti della formazione spirituale nei seminari (6 gennaio 1980): Enchiridion Vaticanum 7 (2001), 45-90.
  • 3 Cf. Ead., Direttive sulla preparazione degli educatori nei Seminari (4 novembre 1993): Enchiridion Vaticanum 13 (1996), 3151-3284; cf. anche Pastores dabo vobis, n. 66: AAS 84 (1992), 772-774.
  • 4 Cf. Direttive sulla preparazione degli educatori nei Seminari, nn. 4.19.29-32.66: Enchiridion Vaticanum 13 (1996), 3155; 3184; 3200-3207; 3260-3262; Apostolorum successores, n. 89: Enchiridion Vaticanum 22 (2006), 1777-1780.
  • 5 Cf. Direttive sulla preparazione degli educatori nei Seminari, n. 1: Enchiridion Vaticanum 13 (1996), 3151-3152.
  • 6 Cf. ibid., n. 60: AAS 84 (1992), 762-764; FRANCESCO, Discorso ai seminaristi, ai novizi e alle novizie provenienti da varie parti del mondo in occasione dell’Anno della Fede (6 luglio 2013): Insegnamenti I/2 (2013), 11.
  • 7 FRANCESCO, Incontro con i sacerdoti diocesani nella Cattedrale, Cassano all’Jonio (21 giugno 2014): L’Osservatore Romano 140 (22 giugno 2014), 7.