HomeVangelo del GiornoAlessandro Ginotta - Commento al Vangelo del giorno, 28 Aprile 2024

Alessandro Ginotta – Commento al Vangelo del giorno, 28 Aprile 2024

Domenica 28 Aprile 2024
Commento al brano del Vangelo di: Gv 15, 1-8

Cascate, fiumi, oceani d’amore ad ogni istante si irradiano da Dio verso ciascuno di noi. C’è chi li accoglie a mani aperte, e disseta la propria anima e c’è chi si ostina a camminare ricurvo su sè stesso, impermeabile all’amore e la sua anima, ahimè, avvizzisce giorno dopo giorno

Siamo chiari: non è una punizione. Dio continua a trasmetterci il suo amore anche quando noi ci allontaniamo da Lui, anche quando gli voltiamo le spalle. Non c’è essere umano, per quanto terribile peccatore, al quale Dio non indirizzi la sua grazia. Purtroppo, spesso siamo noi che impediamo a questo dono di penetrare, blocchiamo l’amore di Dio, non lo lasciamo entrare nella nostra anima, non gli permettiamo di nutrirci.

Così, a poco a poco, la luce della nostra anima si spegne. Noi diventiamo sempre meno luminosi, finché la scintilla che Dio ha posto in noi quando siamo venuti al mondo cessa di brillare. Come accade questo? Succede quando continuiamo a comportarci come introversi individualisti. Quando siamo pieni soltanto di noi stessi, così pieni da non lasciare più posto a Dio. In tutti questi casi opponiamo come una diga al flusso dell’amore di Dio, impedendogli di irrorare i nostri campi, vietandogli di nutrire la nostra sete di infinito.

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Se la luce dall’esterno non penetra dentro di noi, tutto quello che riusciamo a scorgere siamo noi stessi: i nostri problemi, le nostre paure, le nostre insicurezze, la nostra vanità, il nostro “io”. Ecco che ci chiudiamo man mano al bello e le nostre esistenze diventano sempre più grette, tristi e buie. Al buio però è facile inciampare, cadere e perdersi. Così di errore in errore, di peccato in peccato, ci portiamo in una posizione sempre più distante da Dio.

Scrive Papa Francesco: «non siamo mai soli. Possiamo essere lontani, ostili, potremmo anche professarci “senza Dio”. Ma il Vangelo di Gesù Cristo ci rivela che Dio che non può stare senza di noi: Lui non sarà mai un Dio “senza l’uomo”; è Lui che non può stare senza di noi, e questo è un mistero grande! Dio non può essere Dio senza l’uomo: grande mistero è questo! E questa certezza è la sorgente della nostra speranza, che troviamo custodita in tutte le invocazioni del Padre nostro.

Quando abbiamo bisogno di aiuto, Gesù non ci dice di rassegnarci e chiuderci in noi stessi, ma di rivolgerci al Padre e chiedere a Lui con fiducia. Tutte le nostre necessità, da quelle più evidenti e quotidiane, come il cibo, la salute, il lavoro, fino a quella di essere perdonati e sostenuti nelle tentazioni, non sono lo specchio della nostra solitudine: c’è invece un Padre che sempre ci guarda con amore, e che sicuramente non ci abbandona» (Udienza Generale del 7 giugno 2017).

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Il fatto che noi ci allontaniamo da Dio non è una scoperta di questi giorni, ma è vecchio quanto il mondo. La Genesi ci racconta che l’uomo si allontanò dall’amore di Dio e, come conseguenza, si ruppe l’equilibrio che permetteva alla terra di darci gratuitamente ogni frutto di cui avevamo bisogno. Adamo si dovette ingegnare a coltivare, con il sudore della propria fronte, laddove prima bastava allungare una mano per raccogliere e mangiare a sazietà. Eva dovette sperimentare i dolori del parto e, da quel momento, ad ogni passo rischierà che il suo calcagno venga aggredito da un serpente che striscia nella polvere.

Perché “senza di me non potete far nulla” (v. 5). Senza Dio non siamo niente, ci troviamo nudi ed incapaci di affrontare le difficoltà che si presentano ogni giorno. Dall’amore nacque la vita. Dall’odio venne al mondo la morte. Le conseguenze del peccato originale sono drammatiche, tuttavia Dio non ci ha abbandonato, come non ha mai abbandonato l’idea di riportarci alla vita eterna. Pensa soltanto all’episodio delle due tuniche: quando i nostri progenitori si accorsero di essere nudi (e se ne vergognarono solo dopo aver mangiato il cibo dell’albero proibito), “Il Signore Dio fece all’uomo e a sua moglie tuniche di pelli e li vestì” (Genesi 3,21). Così come Dio mandò sulla terra il proprio Figlio Unigenito per restituirci la vita eterna. La promessa della vita dopo la morte ci riporta così a quella vita con Dio, che passeggiava insieme agli uomini nella brezza del Paradiso terrestre e che ritroveremo quando giungerà l’ultima ora. L’amore del principio l’amore di sempre.

Noi siamo i tralci, Gesù è la vite. Dio ci ama, sempre e a prescindere. Ma senza di Lui non siamo nulla. Com’è bello questo rapporto intimo con Dio. Ti rendi conto che è un po’ come essere parte di Lui? Mi risuona dentro quel bellissimo passo della lettera ai Galati: «Non son più io che vivo: è Cristo che vive in me» (Galati 2,20). Quanta verità in queste parole! Cristo è dentro di me. Cristo è dentro di te. Perché la linfa vitale del suo amore ti scorre dentro. Altrimenti non saresti qui a leggere queste parole in questo momento. Ora, se vuoi fare della tua vita un capolavoro, libera Dio che sta dentro di te! Permettigli di venire fuori attraverso i tuoi gesti, le tue azioni, le tue parole. Fa’ in modo che la tua vita di tutti i giorni rispecchi i valori di amore, amicizia, accoglienza, ascolto, perdono, custodia, insegnamento… che Dio ha messo dentro di te. Ecco che cosa vuol dire far vivere Dio dentro di sé.

Di certo, se farai così, porterai molto frutto!

Fonte: La Buona Parola, il blog di Alessandro Ginotta https://www.labuonaparola.it
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