Alberto Maggi – Il vero messaggio del Natale di Gesù

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CREATI PER CREARE

Il racconto della creazione, secondo il Libro della Genesi, è scandito per sei volte dalla soddisfazione del Creatore che si compiaceva per quel che stava realizzando. Infatti, di tutto quel che veniva creando, dalla luce, sua prima opera, al bestiame, l’ultima, Dio “vide che era cosa buona” (Gen 1,3.24). Poi, quando “creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò: maschio e femmina li creò” (Gen 1,27), la soddisfazione del Creatore non si contenne. Questa volta vide che “era cosa molto buona” (Gen 1,31): l’uomo e la donna sono quel che di più bello possa esistere nel creato, per questo Dio “li rivestì di una forza pari alla sua” (Sir 17,3), una meraviglia che fa esclamare stupefatto il salmista: “Davvero l’hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato!” (Sal 8,6).

L’autore della Genesi afferma che Dio creò l’uomo e la donna a sua sembianza (“lo ha fatto immagine della propria natura”, Sap 2,23), ma l’immagine di Dio non può esprimersi in un solo uomo o in una sola donna, perché l’infinito non può manifestarsi in quel che è per sua natura finito; per questo, in ogni uomo che viene al mondo, Dio continuamente vuole manifestarsi in una forma nuova, originale, creativa e comunque mai ripetitiva. Infatti, da quando è apparso il genere umano sulla terra, non c’è mai stato un solo individuo simile all’altro. Ognuno è diverso, appunto perché l’immensità del Creatore non può essere racchiusa o espressa in una sola persona, ma è nella molteplicità degli individui che il Signore si rende presente, affinché “Dio sia tutto in tutti” (1 Cor 15,28). Dio si manifesta in ogni sua creatura, anche in quella considerata la più infima e disprezzata. Per questo, ammonisce il Libro dei Proverbi, “Chi opprime il povero offende il suo Creatore” (Pr 14,31; 17,5).

Se Gesù “è l’immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione” (Col 1,15), anche ogni uomo è chiamato a essere “immagine di Colui che lo ha creato” (Col 3,10; Rm 8,29). In ogni uomo, capolavoro della creazione, il Creatore si compiace e non si limita a chiamarlo alla vita, ma lo accompagna, lo guida e lo segue, lo sostiene con un amore persino più grande di quello incondizionato della madre per la propria creatura (“Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai”, Is 49,15; Sir 4,11).

San Paolo arriva a scrivere persino che Dio “ci ha scelti prima della creazione del mondo” (Ef 1,4). Da sempre il Signore aveva pensato a ognuno di noi per manifestarsi all’umanità e arricchirla con la nostra presenza. Non solo, ma Paolo aggiunge che gli uomini sono stati predestinati “a essere per lui figli adottivi” (Ef 1,5). L’adozione alla quale si riferisce Paolo è quel sistema giuridico che permetteva all’imperatore romano di scegliere il suo successore al di fuori del proprio ambito familiare. Individuato tra i suoi ufficiali, quello più adatto a portare avanti il suo impero veniva adottato come figlio. È quel che è accaduto a Traiano, Adriano e Marco Aurelio, scelti dall’imperatore del tempo.

Pertanto, essere figli adottivi di Dio vuol dire che il Creatore ha tanta stima, tanta fiducia in ogni sua creatura che la vede adatta a portare avanti con lui la sua azione creatrice, che richiede la collaborazione di tutti per giungere alla sua piena realizzazione (“L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la rivelazione dei figli di Dio”, Rm 8,10).

“Il Padre mio agisce anche ora e anch’io agisco” (Gv 5,17), rispose Gesù ai capi religiosi che gli rimproveravano la trasgressione del comandamento più importante, quello del riposo del sabato (Gv 5,16-18). La creazione per Gesù non è terminata e richiede la collaborazione di ogni uomo per giungere al suo compimento. La collaborazione al disegno del Padre consente a ogni creatura di liberarsi dall’osservanza della Legge per essere testimone solo dell’Amore, e a Gesù di rivolgersi ai suoi discepoli non come servi, ma come amici (“Vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi”, Gv 15,15). L’attività del Padre consiste nel far giungere a ogni uomo il suo amore e Dio riconosce come figli suoi quanti attivamente manifestano la sua tenerezza per l’umanità.

Ecco allora rivelato il messaggio del natale di Gesù che diventa anche quello di ogni uomo che giunge al mondo: si è stati creati per creare, si vive per vivificare, si ama per permettere di accogliere l’Amore. Ognuno è chiamato a diventare luce del mondo proprio come Gesù (Mt 5,14; Gv 8,12; 9,5), per illuminare quanti brancolano nelle tenebre e divenire come la stella che guida i magi d’oriente per portarli al bambino di Betlemme (Mt 2,2-10). Dio desidera che “sorga nei cuori la stella del mattino” (2 Pt 1,19) e quanti avranno condotto gli uomini sulla strada dell’amore “risplenderanno come le stelle per sempre” (Dn 12,3).

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