Commento al Vangelo di domenica 8 Luglio 2018 – P. Marko Ivan Rupnik – Congregazione per il Clero

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XIV Domenica del Tempo Ordinario – Anno B

Nel vangelo di oggi troviamo Cristo che ritorna a Nazareth, anzi Marco dice โ€œnella sua patriaโ€ (Mc 6,1), quasi ad estendere Nazareth a tutta la nazione e a tutto il suo popolo. Di sabato entra nella sinagoga e si mette ad insegnare, come aveva giร  fatto (cf Mc 1,21) ma รจ solo da Luca che sappiamo il contenuto, solo lui precisa cosa Cristo sta dicendo, cosa insegna.

Ciรฒ che dice colpisce fortemente gli ascoltatori. Quando Cristo ha parlato per la prima volta ha provocato una forte reazione del demonio, di quello spirito immondo che era dentro un uomo che stava lรฌ nella sinagoga. Adesso la reazione veemente proviene direttamente dagli ascoltatori ed รจ piรน grave perchรฉ siamo giร  nel capitolo sesto di Marco, Cristo รจ giร  entrato nel paese dei pagani, ha giร  cominciato la liberazione dal male anche tra i pagani, cioรจ anche dellโ€™uomo come tale, non solo dellโ€™uomo religioso, appartenente allโ€™antica alleanza. Nel territorio di Israele ha guarito lโ€™emorroissa e rianimato la figlia di Giairo, episodi che agganciati simbolicamente al numero 12 ci rimandano a Israele e quindi pare logico che Marco intenda estendere la situazione della sinagoga su tutto il popolo.

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Ora troviamo Gesรน tra i suoi compaesani e avviene un rifiuto. รˆ una situazione che resiste alla venuta del Messia. Cristo non viene accettato e percepito come Colui che รจ mandato dal Padre per la salvezza degli uomini ma comanda la religione, lโ€™istituzione religiosa della sinagoga che tiene il popolo in un regime religioso di schemi e dottrina dove lโ€™autoritร  blocca e punisce ogni slancio verso Cristo. La parola di Cristo li colpisce, questa รจ la portata reale di quello che viene tradotto con stupore, e li colpisce in modo negativo. Si potrebbe addirittura tradurre con li ferisce, li sciocca. Ma in loro prevale un orizzonte dellโ€™ordine della natura come direbbe Berdjaev, cioรจ quello del sangue, della parentela, del villaggio dove si viveva insieme e dove perciรฒ si creano delle categorie sugli altri che pretendono di essere esaurienti. Che pretendono di conoscere lโ€™altro.

Li turba che Cristo dica che in Lui si sta compiendo lโ€™attesa, in Lui si sta compiendo la promessa di Dio, che Lui sia lโ€™Inviato, ricolmo dello Spirito, che su di Lui che scende lo Spirito del Signore e lo consacra come Messia, come Salvatore. รˆ ciรฒ che i capitoli precedenti hanno reso semplicemente ovvio ma che non puรฒ entrare negli schemi teologici degli scribi e di quelli che li seguono. Perchรฉ lungo i secoli lโ€™attesa ha creato una immaginazione certamente grandiosa del restauro del Regno di Davide e ora, proprio a Nazareth, proprio nella zona dello zoccolo duro della discendenza davidica, Cristo sta spaccando questo schema improntato sui criteri di questo mondo, sul potere del mondo. Scandalizza accettare che il tempo messianico e la salvezza avverrร  in un modo cosรฌ quotidiano, cosรฌ feriale e attraverso un lavoratore, un carpentiere.

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Ma il Vangelo insiste proprio che la fede, accoglienza di una vita nuova, si realizza nel quotidiano, lontana dalle dinamiche religiosamente umane che fanno leva su forza e potenza. La fede trasfigura il feriale nella festa nel compimento, la religione cerca le cose straordinarie che diano ragione del nostro sforzo.

A Cristo questo rifiuto costa ma sa che โ€œun profeta non รจ disprezzato se non nella sua patria e tra i suoi parentiโ€ (Mc 6,4). Infatti โ€œรˆ venuto tra i suoi e non lโ€™hanno accoltoโ€ (Gv 1,11).

I suoi sono sicuramente i piรน vicini, il suo villaggio, la sua gente. Ma non si riesce a cogliere che lui realizza una nuova unione tra gli uomini, non piรน fondata sul sangue dei genitori ma che sarร  parentela del suo sangue, come afferma Cabasilas nella sua teologia sullโ€™eucaristia. Sarร  la figliolanza che compie la volontร  del Padre il nuovo principio dellโ€™unitร  dellโ€™umanitร  (cf Mc 3,35). Ma in questo rifiuto cโ€™รจ ancora di piรน, riguarda lโ€™umanitร  stessa: viene come uomo, come Figlio di Dio e non รจ accettato proprio perchรฉ รจ venuto come uomo, uomo come noi mentre noi aspettavamo e volevamo qualcosa di speciale.

Se ne parla gettando discredito su di lui, Marco mette in evidenza che si chiedono se sia figlio di Maria (cf Mc 6,3) quando in tutta la loro tradizione lโ€™identitร  della persona si trasmette attraverso la paternitร . Sono vicini alla veritร  e non riescono a comprenderla. Indicarlo come figlio di Maria puรฒ voler dire da un lato che ciรฒ che Lui fa non รจ secondo la loro tradizione, in quanto la paternitร  rimanda alla continuitร  della tradizione. Dallโ€™altro lato il fatto che non dicano figlio di Giuseppe maschererebbe lโ€™accusa di interrompere una tradizione, di essere un innovatore e perciรฒ di essere nellโ€™errore. Ma ben piรน gravemente in questo โ€œfiglio di Mariaโ€ potrebbe celarsi un dubbio sulla paternitร , che, se cosรฌ fosse, svelerebbe ancora di piรน la loro โ€œignaraโ€ vicinanza alla veritร : perchรฉ infatti Lui non รจ figlio di Giuseppe cosรฌ come รจ figlio di Maria.

Lui รจ il Figlio del Padre e loro non riescono ad arrivarci, sono molto vicini perรฒ non arrivano. E questo dice una grossa veritร  sul cammino del cristiano. La conoscenza, la visione dipende dalla vita nello Spirito e non dalle nostre considerazioni e conclusioni che possono spesso basarsi su una lettura razionale secondo la natura o addirittura sulla menzogna se non a volte addirittura partire da una cattiveria.

Gesรน non viene accettato, รจ rifiutato, mandato via e si stupisce della loro incredulitร .

Qui davvero cโ€™รจ lo stupore, Lui si stupisce di come sono increduli davanti a una veritร  che risulta palese: โ€œIo sono nel Padre e il Padre รจ in me; se non altro, credetelo per le opere stesseโ€ (Gv 14,11).

Ma non cโ€™รจ opera che possa scardinare la sclerosi religiosa, non cโ€™รจ parola che possa smuovere una testardaggine che diventa espressione della cattiveria dellโ€™uomo che necessita redenzione ma non la accoglie, perchรฉ per vedere il regno di Dio bisogna rinascere dallโ€™alto, quello che รจ nato dalla carne รจ carne e quel che รจ nato dallo Spirito รจ Spirito (cf Gv 3,1-13). Bisogna avere la vita dello Spirito per capire lo Spirito, la vita puramente biologica non puรฒ andare al di lร  di sรฉ stessa. Bisogna avere una vita che ha una intelligenza relazionale, che considera lโ€™altro, una mentalitร  dellโ€™alleanza. Infatti giร  la storia del padre della fede, Abramo, comincia con โ€œVattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa del tuo padre…โ€ (Gen 12,1).

P. Marko Ivan Rupnik – Fonte

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