Interpretare i testi: Teologia e politica: distinte, ma non distanti
La storia รจ fatta di avvenimenti, date, persone che si incontrano o si scontrano. Resterebbe un ammasso informe, se non ci fosse una chiave di lettura, una linea interpretativa, un occhio sapiente che sa scorgere il dipanarsi armonico e provvidenziale. Il compito della fede รจ di leggere tutto con gli occhi di Dio, con il suo cuore di Padre. La storia cessa di essere un ammasso informe e prende i contorni dellโintelliggibilitร e, piรน ancora, della Provvidenza. Tutto ha un senso e prende valore, compresa la realtร politica. Da essa partono le letture odierne, mostrandone lโesistenza, la necessitร e la sua esatta collocazione. Nella storia si incontrano, senza scontrarsi, lโautoritร umana e lโautoritร divina.
ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย Il loro confronto ha innescato una discussione che il tempo non riesce a smorzare. Partendo dal brano, che discute la liceitร o meno di pagare le tasse all’imperatore, sono affiorate numerose interpretazioni che oscillano su un ampio ed eterogeneo arco di possibilitร . Qualcuno vi ha letto una netta distinzione tra sfera temporale e sfera spirituale, senza che tra le due sussista una relazione, in quanto appartenenti a piani diversi. Una sana laicitร e la capacitร di una serena scelta religiosa sarebbero il frutto della discussione tra Gesรน e i suoi avversari. Altri adducono il testo evangelico come fondamento teologico della proverbiale alleanza “trono e altare”, in cui uno fa da supporto all’altro. Altri ancora spingono l’interpretazione all’estremo fino ad ipotizzare uno stato “sacralizzato” e una chiesa “temporalizzata”, oppure l’egemonia dell’uno verso l’altro. La recensione delle proposte potrebbe continuare, mostrando la bizzarra e fantasiosa capacitร interpretativa di certi autori.
ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย Al di lร di ogni questione, il brano evangelico ci aiuta a unire politica e teologia in una visione complessiva e armonica: sono realtร distinte, ma non distanti (vangelo).
ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย Dio promette di risollevare Gerusalemme dal suo stato pietoso e di collocarla nuovamente al centro della vita del popolo. Esecutore materiale di tutto questo sarร Ciro, un re pagano (prima lettura).
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ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย Invertendo una tendenza innata, quella di pubblicizzare piรน il male che il bene, l’apostolo ricorda due grandi beni che a Tessalonica si sono incontrati producendo copiosi frutti: il disinteressato annuncio del Vangelo ad opera di Paolo e la presa di coscienza, nonchรฉ la piena dedizione della comunitร . Dall’intreccio di questi due temi nasce lโinizio della lettera, paragonabile ad un sussulto di gioia riconoscente che Paolo fa giungere a Dio in forma di preghiera (seconda lettura).
Vangelo: Politicamente corretto
La situazione tra Gesรน e i suoi avversari, giร tesa fin dall’inizio della vita pubblica, diventa incandescente man mano si avvicina la fine. A colmare la misura e a far tracimare il vaso contribuisce la parabola di domenica scorsa, con il passaggio del regno dagli invitati della prima ora che con il loro rifiuto hanno disdegnato la preferenza loro accordata, a quelli, raccogliticci, che non presagivano certo di trovarsi un giorno commensali alle nozze del figlio del re. Tale contesto aiuta a capire lo stato di tensione e l’aria pesante che si รจ creata. Fino a questo punto l’iniziativa รจ stata prevalentemente di Gesรน.
ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย Ora, a partire dal nostro brano, cambia il “regista”. Sono gli avversari a prendere in mano le redini e a dirigere il gioco. Tentano di risalire la china, dopo essere stati precipitati nel baratro dell’abiezione dalle parole crude, ma veraci, di Gesรน. Occorre salvare l’immagine e riprendersi la rivincita. Da qui tre tentativi che sono, nell’ordine, il nostro brano, la questione sulla risurrezione dai morti e l’identificazione del comandamento piรน importante. I tre casi presentano una coalizione che sarebbe piรน corretto definire una “associazione a delinquere”, formata da gente diversa, accomunata da un unico scopo: battere l’acerrimo e comune nemico, Gesรน.
Per quanto concerne la struttura, il brano si muove con un’andatura classica e chiara. In forma schematica vi leggiamo: un’introduzione (v. 15), la parte centrale costituita dalla disputa dove dominano dapprima gli avversari (vv. 16-17), e poi Gesรน che prospetta qualcosa di nuovo (vv. 18-21). Manca nel testo liturgico, purtroppo, la conclusione (v. 22). La costruzione รจ armonica perchรฉ parte da un movimento di avvicinamento degli avversari per un conciliabolo nel tentativo di intrappolare Gesรน, e si conclude con un loro allontanamento, non dopo aver accolto con sorpresa la risposta. Gli avversari accusano il colpo e devono registrare lo smacco. La contrapposizione si nota anche nelle parole: gli avversari fanno riecheggiare parole “mielate” e subdolamente velenose, Gesรน, invece, si esprime subito molto chiaramente, smascherando la malvagitร degli interlocutori. Alla fine si impone la sua parola, accettata perchรฉ veritiera, coerente, completa.
La domanda insidiosa
In apertura del brano compaiono i farisei che battono in ritirata. La parabola degli invitati, appena conclusa, aveva azzerato la loro presuntuosa sicurezza. Essi potevano facilmente specchiarsi โ e vergognarsi – negli invitati che avevano anteposto futili interessi all’invito a nozze del figlio del re.
Il ritiro dei farisei non segna una pausa delle ostilitร contro Gesรน. Essi si riuniscono per concertare un nuovo piano di attacco, sempre nella speranza che sia la volta buona per eliminare il pericoloso nemico. Le loro intenzioni malvagie sono conficcate nel verbo ยซcoglierlo in falloยป. Il lettore, ora in possesso di un’ideale bussola di comprensione, puรฒ facilmente intuire un’aria di tempesta, che non lascia presagire nulla di buono. I farisei preferiscono rimanere nelle quinte e inviano i loro discepoli insieme agli erodiani. Costoro sono gli amici o i partigiani di Erode Antipa, tetrarca della Galilea e della Perea. La loro presenza denuncia l’intento di arrestare Gesรน. Infatti, senza il loro appoggio, non era possibile intraprendere un’azione legale contro Gesรน. Sapere che gli erodiani erano politicamente favorevoli ai romani aiuta a capire il seguito, soprattutto la trappola.
Le parole iniziali degli avversari sono patinate di complimenti, forse con l’intento di guadagnarsi un’attenzione di primo piano. A Gesรน viene dato il titolo di ยซmaestroยป. Potrebbe sembrare un modo abituale per indirizzarsi a persone che godono stima e fama, ma l’uso che ne fa Matteo รจ rivelatore: lo troviamo spesso in bocca a persone che sono spiritualmente distanti o ostili al Maestro (9,11; 12,38). Meno usuale l’adulazione ยซsei veritiero e insegni la via di Dio secondo veritร ยป. ร invece di conio biblico l’espressione ยซvia di Dioยป (Dt 8,6; At 9,2), che valorizza Gesรน come colui che insegna la volontร di Dio, dimostrandosi cosรฌ genuino maestro. Essi aggiungono un dato vero e incontestabile: ยซnon guardi in faccia alla genteยป. Infatti l’autonomia di Gesรน risulta ben documentata anche dalle controversie che precedono il nostro brano. Egli รจ un uomo interiormente libero, alieno da qualsiasi servile dipendenza, sganciato da qualsiasi condizionamento, capace di esprimere con assoluta chiarezza e senza remore il proprio giudizio su fatti e persone. Gli avversari sono quasi costretti dalle circostanze a riconoscergli tale prerogativa.
Le parole seducenti lasciano subito il posto a quelle insidiose. La trappola รจ pronta a scattare: ยซDunque, di’ a noi il tuo parere: ร lecito o no, pagare il tributo a Cesare?ยป. Viene chiesto a Gesรน di prendere una precisa e personale posizione su un argomento scottante, il pagamento delle tasse a Cesare. Questo รจ il nome comune dato a tutti gli imperatori di Roma. In quel momento regnava Tiberio. Il nocciolo della domanda non investe tanto la liceitร del pagare le tasse, quanto il fatto che il denaro era dato all’occupante pagano. Il problema finanziario diventa questione politica e teologica. Per capire questo, occorre chiarire un poco la questione del tributo.
Pagamento delle tasse
Le tasse sono un onere per tutti i contribuenti, ieri come oggi. Lo diventano ancora di piรน quando sono un segno di sudditanza. Quest’ultimo fattore gioca un ruolo pesante nella storia di Israele. Fin dal ritorno dall’esilio i giudei avevano pagato le tasse ai dominatori di turno: Persiani, Tolomei, Seleucidi, Romani. Il sistema tributario era fluttuante e la pressione fiscale si inaspriva in occasione di guerre. Quando la Giudea divenne provincia imperiale, la popolazione aveva alle spalle una lunga storia di gravami fiscali. Secondo Giuseppe Flavio, al tempo di Archelao erano versati quattrocento o seicento talenti.
Due erano le principali imposte dirette, quella fondiaria (tributum soli), pagata in natura, e quella sul reddito (tributum capitis), pagata in denaro. Questa era dovuta da tutti coloro che avessero compiuto il tredicesimo anno di etร , fino al sessantesimo. Certamente nessuna tassa รจ amata, ma, come si esprime M. Hengel, ยซla piรน odiata era, probabilmente, quella personale e sul reddito, gravante sul singolo individuoยป.
Quanto fosse invisa questa tassa, lo si percepisce dal nome stesso, che conserva la sua origine latina: la traduzione italiana ยซtributoยป rende il greco kรชnson che traslittera il latino census. Tale nome entra nella lingua ebraica e aramaica con il significato peggiorativo di ยซmultaยป. Ogniqualvolta veniva pronunciata la parola ยซcensoยป, essa evocava in un ebreo un pesante onere, segno della sua sudditanza. Quindi, sia la lingua greca, sia quella ebraica non fanno che traslitterare il nome latino. Il senso di dipendenza si percepiva anche solo nel pronunciare la parola ยซcensoยป. Che cosa stava dietro a questa parola, lo si evince dalla seguente citazione dello storico E. Schรผrer: ยซSe si anteponeva a tutto la fede nell’elezione di Israele, il soggiogamento del popolo di Dio ai pagani appariva come una mostruositร da rimuovere ad ogni costo. Israele non doveva riconoscere altra sovranitร se non quella di Dio e del suo unto della casa di David. Il dominio dei pagani era contrario alla Scrittura. Da questo punto di vista, era discutibile non solo se si dovesse, ma anche se fosse legittimo obbedire alle autoritร pagane, pagando loro il tributo richiesto (Mt. 22,17ss.; Mc. 12,14ss.; Lc. 20,22ss.)ยป.
Si incrociano diversi motivi che rendono ostica questa tassa. Il giudeo, che riconosceva l’autoritร di Cesare, metteva in dubbio la propria sottomissione a Dio. Inoltre la tassa somigliava a quella che ogni ebreo doveva pagare per il tempio (cfr. Mt 17,24). Perciรฒ i mestatori politici, per creare confusione, cercavano di dare un significato religioso, equiparando il tributo a Cesare con quello per il tempio. Non fu mai intenzione dei Romani dare un significato religioso alle tasse, ma la domanda posta a Gesรน sottende l’equivoco di scambiare un tributo puramente fiscale in tributo religioso.
C’era sufficiente materiale per formare una pericolosa miscela esplosiva. Bastava poco perchรฉ la situazione scoppiasse, con conseguenze non facilmente prevedibili. La questione non nasceva in questo momento. Da tempo gli ebrei si interrogavano sul problema, ma avevano maturato soluzioni diverse e contrastanti. Gli erodiani erano favorevoli al pagamento del tributo, in quanto molto legati a Roma. I farisei erano rassegnati al pagamento, in cambio della libertร religiosa di cui godevano. Il gruppo degli zeloti era decisamente contrario.
Il pensiero di Gesรน
Ora รจ Gesรน che deve manifestare la sua personale opinione: ยซDi’ a noi il tuo parereยป. La domanda era ben congegnata: ยซร lecito o no?ยป. Sembra che Gesรน debba scegliere tra l’accoglienza del tributo da pagare o il suo rifiuto. Nella prima ipotesi, si sarebbe rivelato filoromano, rinnegando o adombrando il pensiero giudaico che considerava il pagamento come una sudditanza. Nel caso avesse sostenuto l’illegittimitร della tassa, si poneva in rotta di collisione con i Romani. Gli erodiani sarebbero stati pronti a denunciarlo come un sovvertitore dell’ordine pubblico, un ribelle alle leggi di Roma. Qui si comprende meglio l’importanza della loro presenza. Molto subdolamente i farisei li hanno arruolati e inseriti in una lega, eterogenea nei membri, ma omogenea nella finalitร .
Gesรน reagisce denunciando subito la cattiveria della domanda e mostrando di saper leggere le intenzioni. Bolla i suoi avversari con il pesante titolo di ยซipocritiยป. Sposta quindi la domanda dal piano puramente teorico a quello pratico, chiedendo di avere una moneta. Il termine greco nรณmisma, usato solo qui in tutto il NT, significa propriamente ยซmoneta legaleยป. Gli viene presentato un ยซdenaroยป (equivalente ad uno stipendio giornaliero medio, cfr. Mt 20,2), una moneta d’argento dell’impero, con la quale nelle province si pagava il tributo all’imperatore. La richiesta di Gesรน di vedere una moneta รจ immediatamente soddisfatta: ciรฒ significa la facilitร di reperire tale moneta in tasca ai suoi interlocutori e la loro disponibilitร a farne uso. Quindi i giudei portano con sรฉ il denaro romano e, com’รจ facile presumere, ne fanno uso regolare.
Ora, secondo la tecnica della controversia, Gesรน pone una controdomanda circa l’identitร dell’effigie e l’iscrizione, i due segni inequivocabili di appartenenza. I suoi avversari rispondono che immagine e iscrizione sono di Cesare. L’immagine era quella dell’imperatore Tiberio, ornata con una corona d’alloro tipica della dignitร divina. Sua era anche l’iscrizione che lo proclamava ยซfiglio del divino Augustoยป e ยซsommo ponteficeยป. Non si vergognano di far circolare una valuta pagana, segno della loro sottomissione all’occupante straniero. Nella prassi smentiscono quanto in teoria vogliono sostenere e che hanno implicitamente racchiuso nell’insidiosa domanda.
A questo punto Gesรน dร la risposta completa, costruita in modo simmetrico: ยซRendete dunque a Cesare quello che รจ di Cesare e a Dio quello che รจ di Dioยป. Ciรฒ che appartiene a Cesare รจ ben definito nel contesto immediato della discussione: รจ il denaro, simbolo del potere economico e amministrativo. I giudei facevano uso della moneta romana con notevoli vantaggi; dovevano anche assoggettarsi agli obblighi civili che non interferivano su quelli religiosi. Sul pagamento delle tasse non si pone nessuna questione di principio. Il resto รจ di Dio. Per Lui si deve avere una donazione totale, che antepone gli interessi del regno e fa posporre gli affetti familiari (cfr. Mt 10,34-37). Non viene detto espressamente che cosa appartenga a Dio.
La salomonica risposta di Gesรน trova impreparati i suoi avversari che restano meravigliati. Non rimane loro che andarsene. Volevano tendere un laccio a Gesรน e sono rimasti intrappolati dalla parola di veritร , quella che inchioda all’evidenza di una logica che supera la miopia umana.
Il peso teologico dell’episodio gravita attorno alla risposta di Gesรน. Una piรน approfondita analisi consentirร di cogliere meglio il senso delle sue parole.
Un approfondimento
Il brano liturgico tralascia il v. 22. Peccato, perchรฉ appartiene al brano e ne aiuta la comprensione. Quel ยซrimasero meravigliatiยป fa la differenza. Essendo dei nemici che parlano a Gesรน per tendergli un trabocchetto e che si aspettano una sua parola da usare contro lui, la reazione piรน attesa sarebbe quella dello scandalo, di una sorpresa al negativo. Invece รจ una sorpresa al positivo che raggiunge i discepoli dei farisei e gli erodiani, due gruppi che politicamente e teologicamente avevano idee parecchio distanti tra di loro. Se tutti rimangono sorpresi della parola di Gesรน e si ritirano in buon ordine, significa che non hanno nulla da eccepire. In qualche modo si rispecchiano in tale risposta.
Gli erodiani non possono accusare Gesรน di essere un sovversivo o un antiromano, perchรฉ riconosce il diritto dell’imperatore. La domanda formulata verteva proprio sulla tassa: ยซร lecito o no, pagare il tributo a Cesare?ยป. Gesรน ne ammette la liceitร . Sull’altro versante, i farisei sentono che il diritto di Roma รจ integrato e avvalorato dal diritto di Dio. Non sono bendisposti nei confronti dei Romani, tuttavia alimentano la speranza che un giorno la situazione cambierร , come citato nella preghiera, presa dai Salmi di Salomone: ยซAffretti Dio su Israele la sua misericordia; ci libererร dalla sozzura di nemici impuri. Il Signore รจ nostro re, in eterno e per sempreยป. Anch’essi si ritrovano nella risposta di Gesรน.
All’ ยซoโฆoยป della domanda sembrerebbe far da contrappunto l’ ยซeโฆeยป della risposta. La cosa non convince. Non si esce dal problema in uno stato di paritร . Come in tanti altri casi, Gesรน non si limita a risolvere una questione, sia pure spinosa, ma apre prospettive inedite e impensabili. Non la questione teorica della liceitร del potere politico, bensรฌ la sua persona era l’oggetto, non dichiarato, della controversia. Non si puรฒ parlare qui di semplice disputa a carattere politico. Cโรจ il โpoliticamente correttoโ, profumato di sapienza evangelica. Con lโincarnazione, Cristo assume tutto, lo integra in una prospettiva unitaria che distingue senza dividere.
Nella linea di Gesรน, dobbiamo riconoscere a Dio il suo primato di Creatore e Signore dell’universo, soprattutto il suo primato di amore, che ci rende capaci di amare e di apprezzare la cittร in cui viviamo, la nostra Italia, l’Europa e il mondo intero. Vogliamo essere cittadini del mondo, pronti ad impegnarci con cristiana passione lร dove la sua Provvidenza ci ha collocati per la costruzione di un mondo migliore, sulla base di una civiltร dell’Amore.
Prima lettura: Un pagano al centro dellโagire divino
Teologia e politica si confrontano anche nella prima lettura, che ripropone lโidea che le due realtร sono distinte, ma non distanti. Una lettura teologica, capace di valorizzare la dimensione politica, diventa la chiave interpretativa del presente brano che, allโinterno di un complesso che tratta della missione di Ciro, offre questa semplice scansione: Ciro รจ scelto e attrezzato da Dio (v. 1), per il bene di Israele (vv. 4-6).
ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย La presentazione di Ciro si rivela solenne ed elogiativa fin dallโinizio con il titolo ยซelettoยป, nel significato di ยซconsacratoยป, ยซuntoยป. La parola evoca e sintetizza tutte le attese future di Israele. Lo comprendiamo meglio se traslitteriamo il termine dallโebraico, ottenendo lโitaliano ยซmessiaยป, e dal greco ottenendo ยซcristoยป. Era il solenne titolo riservato per lโinvestitura di re e di profeti, e apparterrร in senso pieno a Gesรน di Nazaret. Qui, sorprendentemente, รจ riservato a un re pagano, Ciro il persiano.
ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย Dio lo ha fatto suo strumento attrezzandolo per una missione di successo, โfotografataโ con immagini suggestive: abbattimento delle nazioni, apertura di ogni porta, scioglimento della cintura ai fianchi dei re; nella cintura si teneva la spada e, una volta allentata la cintura, lโarma non era piรน utilizzabile, rendendo la persona indifesa e alla mercรฉ del suo nemico.
ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย Dopo la magnifica presentazione di Ciro, i vv. 4-6 aiutano a capire che รจ Dio il vero regista della storia e le motivazioni che lo spingono ad intervenire. Dio continua ad amare il suo popolo, anche se in esilio, e se ne prende cura in modo originale e impensabile: servendosi di un pagano. Constatiamo lโassurditร che Israele รจ liberato da uno che non conosce Dio. Il profeta sta facendo una lettura teologica della storia: non gli interessa sapere se Ciro ha agito per motivi politici, per interessata diplomazia, o per altra โragion di statoโ. A lui preme interpretare tutto dalla prospettiva divina, e lo fa pubblicizzando i risvolti esaltanti. Il Dio di Israele รจ un Dio sopranazionale, senza limiti territoriali o di potere, perchรฉ Lui solo ยซรจ il Signore e non cโรจ alcun altroยป. La solenne professione dellโunicitร di Dio e della sua potenza ridimensiona la figura di Ciro, in quel momento sovrano incontrastato del mondo antico, riducendolo ad un semplice, ma provvidenziale, strumento. Chi sta al centro รจ Dio, presentato ripetutamente con formule solenni. Il riconoscimento della sua unicitร , espressione del suo amore, fonda una lettura positiva della storia con tutti i suoi avvenimenti. Anche quelli fortemente negativi, come lโesilio, possono essere raddrizzati dalla potenza divina, cosรฌ fantasiosa da servirsi anche di un potente sovrano straniero per soccorre Israele.
Seconda lettura: Lettura teologica della storia
Paolo aiuta a leggere la storia come dispiegamento dellโamore divino che fa giungere lโannuncio evangelico anche ai pagani di Tessalonica.
ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย Leggiamo oggi lโinizio della Prima Lettera ai Tessalonicesi, il primo scritto di tutto il Nuovo Testamento, databile verso lโanno 51. Dopo lโindirizzo (v. 1), Paolo si esprime in termini di riconoscenza verso Dio per la fervente vita cristiana dei Tessalonicesi, animati da fede, speranza e caritร (vv. 2-3). Da Dio parte una iniziativa di amore (v. 4) che, per mezzo degli annunciatori del Vangelo, giunge alla comunitร (v. 5).
ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย Noi siamo soliti ridurre l’indirizzo all’essenziale e lo scriviamo sulla busta. Anche gli antichi si limitavano a tre scarni elementi: mittente, destinatari e saluto. Gli stessi, ripresi dalle lettere paoline e spruzzati con un tocco di originalitร cristiana, sono caricati teologicamente e diventano praticamente nuovi. La lettera si apre con queste parole: ยซPaolo, Silvano e Timoteo alla Chiesa dei Tessalonicesi che รจ in Dio Padre e nel Signore Gesรน Cristo: grazia a voi e pace!ยป (1,1). Paolo รจ il responsabile della missione, ma non si presenta da solo, anche se poi da lui verranno indicazioni teologiche e direttive pratiche. Sprovvisto di titoli, il suo nome รจ unito a quello di Timoteo e di Silvano (o Sila negli Atti degli Apostoli) che diventano i suoi piรน stretti collaboratori a partire dal secondo viaggio missionario. Insieme formano il trio missionario.
ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย I destinatari sono presenti nel concetto teologico di ยซChiesa dei Tessalonicesiยป. Dire solo ยซchiesaยป (greco ecclesia) significa richiamare una istituzione civile presente in ogni cittร greca – quindi anche a Tessalonica – indicante l’assemblea popolare che riunisce i cittadini liberi, ma ancor piรน richiama la santa assemblea convocata da Dio (cfr. Dt 4,10), in ascolto della sua parola. L’aggiunta ยซche รจ in Dio Padre e Signore Gesรน Cristoยป la qualifica subito come comunitร cristiana che ha in Gesรน di Nazaret il suo fondatore e in Dio la sua sorgente. Con ยซChiesa dei Tessalonicesiยป si intende una cellula vivente della grande Chiesa che รจ la comunitร completa di cui i tre missionari sono i portavoce. Per mezzo loro si crea un flusso di comunione fatto di ยซgrazia e paceยป che, partendo da Dio Padre e dal Signore Gesรน Cristo, passa attraverso il macro organismo della grande Chiesa e giunge al micro organismo di ogni singola comunitร . Di questa comunione i tre sono i portavoce e, piรน ancora, gli artefici visibili.
ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย Paolo non si serve del saluto greco (โsta beneโ) nรฉ di quello ebraico (โpaceโ), inventando un’originale formula cristiana: ยซgrazia e paceยป. Egli utilizza termini antichi con significato nuovo: la grazia รจ la benevolenza mostrata dal Padre nel realizzare in Cristo il suo progetto di salvezza, la pace รจ l’avvenuta riconciliazione dell’umanitร con Dio tramite Gesรน, morto e risorto: ยซร lui infatti la nostra paceยป (Ef 2,14).
ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย La prima parte della lettera si apre con un solenne ยซRingraziamo sempre Dio per tutti voiยป (v. 2), inaugurando un’abitudine paolina. In genere il ringraziamento si insegna e non รจ spontaneo. Nel caso di Paolo perรฒ esso fuoriesce spontaneo, come celebrazione di una esuberanza interiore che trova in queste parole uno sfogo per esprimersi; รจ il cuore traboccante che parla. Cosรฌ facendo, Paolo insegna un’arte spesso sconosciuta o negletta, l’arte di pregare ringraziando o, se si preferisce, l’arte di ringraziare pregando. Egli ringrazia perchรฉ constata l’opera di Dio, il suo intervento di amore che produce frutti copiosi.
ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย L’apostolo non considera concluso il suo servizio ecclesiale nel dono di tempo e di fatica, e fa della preghiera un prolungamento della sua attivitร . Cosรฌ i rapporti non si allentano, grazie ad un ricordo che li tiene vivi. E c’รจ motivo di ringraziare e di pregare, quando si considerano i fatti. Paolo ricorda ยซl’efficienza della fede, la fatica dell’amore, la pazienza della speranzaยป. Per la prima volta nel NT si elencano le tre virtรน chiamate teologali, perchรฉ permettono l’inserimento della vita divina nell’uomo. Sono dono, come ricorda il riferimento a ยซDio Padreยป e al ยซSignore nostro Gesรน Cristoยป, ma sono altresรฌ impegno dell’uomo, come indicano i termini ยซefficienza, fatica, pazienzaยป che le accompagnano. I cristiani di Tessalonica sanno per personale esperienza che l’adesione al Vangelo implica scelte coraggiose, amore che impegna, resistenza nella speranza.
ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย ย Il ringraziamento continua ora nel tracciare il profilo teologico della comunitร . L’amore con il quale Dio l’ha amata si รจ storicizzato nella elezione, che si esprime nella vocazione (cfr. 1Cor 1,26) alla vita cristiana. Questa ha preso consistenza dal momento in cui Paolo, arrivato un giorno a Tessalonica, ha fatto conoscere il progetto di Dio, la sua elezione appunto. Lโelezione divina, un tempo riservata al solo popolo di Israele (cfr. Dt 7), amplia in Cristo i suoi orizzonti fino ad abbracciare tutti gli uomini. Concretamente sono ora i Tessaloncesi a ricevere la parola che salva – il Vangelo – proclamata da Paolo e accompagnata da segni prodigiosi che la accreditano e la sostanziano.
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XXIX Domenica del Tempo Ordinario – Anno A
- Colore liturgico: Verde
- Is 45, 1. 4-6; Sal.95; 1 Ts 1, 1-5; Mt 22, 15-21
Mt 22, 1-14
Dal Vangelo secondoย Matteo
15Allora i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi. 16Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: ยซMaestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo veritร . Tu non hai soggezione di alcuno, perchรฉ non guardi in faccia a nessuno. 17Dunque, diโ a noi il tuo parere: รจ lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?ยป. 18Ma Gesรน, conoscendo la loro malizia, rispose: ยซIpocriti, perchรฉ volete mettermi alla prova? 19Mostratemi la moneta del tributoยป. Ed essi gli presentarono un denaro. 20Egli domandรฒ loro: ยซQuesta immagine e lโiscrizione, di chi sono?ยป. 21Gli risposero: ยซDi Cesareยป. Allora disse loro: ยซRendete dunque a Cesare quello che รจ di Cesare e a Dio quello che รจ di Dioยป.
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 22 – 28 Ottobre 2017
- Tempo Ordinario XXIX
- Colore Verde
- Lezionario: Ciclo A
- Salterio: sett. 1
Fonte: LaSacraBibbia.net
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