Erode ha una pistola ma Giuseppe ha un sogno
Gliel’hanno fatta grossa i tre Magi a quella vecchia volpe di Erode: il tempo di riuscire ad incontrare il Bambino Gesù – seguendo la fragile scia di una stella –, e se ne ritornano a casa loro «per un’altra strada» (Mt 2,12).
Alla faccia di quella mezza promessa fatta al re gagliardo: “Certo, certo: appena troveremo il Bambino, noi ritorneremo a dirti tutto di lui. Certo, egregio Erode: come potremmo non farlo, vossignoria?”
Quando vide d’essere stato messo nel sacco, Erode svalvolò come era solito fare: mettendo mano alla pistola. Com’è scontato il potere il giorno nel quale s’accorge di essere stato disarmato: «Facili all’ira sopra la terra siamo noi di stirpe umana» cantava Omero.
Erode non ci sta a fare questa figuraccia, ancora non capisce ciò che questo Bambino, un giorno, insegnerà alla discendenza di ogni Erode: che governare con la paura sono capaci tutti, vera meraviglia sarà il condurre il popolo con la libertà.
Il re gagliardo come il burro vuole morto a tutti i costi questo Bambino dalla tempra resistente come la roccia: «Erode vuole cercare il bambino per ucciderlo». Nessuno, come un potente ridicolizzato, saprà mai con quale vergogna il cuore s’inzuppa la mattina in cui s’accorgerà d’essere stato beffato.
A Dio, comunque, un Erode servirà sempre: per mostrare che «il Signore annulla i disegni delle nazioni, rende vani i progetti dei popoli». Annulla ciò che pareva eterno «ma il piano del Signore (che sembrava aleatorio) sussiste per sempre, i pensieri del suo cuore per tutte le generazioni» (Sal 33,10-11).
Erode soffre di una strana patologia, l’arroganza: il sintomo evidente è che si crede migliore degli altri.
L’arroganza potrà fare il maschio, ma sarà la gentilezza a fare l’uomo: è l’unica differenza tra il pollo di Erode e l’aquila di Giuseppe.
Giuseppe non ha armi, non ha voce, non ha potere: nei Vangeli non usa nessuna forza, non apre mai la bocca, non ha i gradi del generale d’armata. Per questo, a quest’uomo che assomiglia tanto ad una casa scoperta, Dio affida la custodia del Bambino: a Maria spetta il compito di metterlo al mondo, a Giuseppe il compito di custodirlo.
Erode può vantare la forza dei soldati, Dio ha la potenza di un sogno, all’alba: «Un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe». Lui non parla mai nei Vangeli, ma sogna come pochissimi.
La prima volta che sogna, gli viene chiesto di fidarsi di Maria: “Accetta Maria, prendila!” Il Cielo gli indica la direzione, con il suo amore farà tutto il resto.
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Stavolta, in sogno, ancora un’altra indicazione: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto». Nei sogni c’è soltanto quella percentuale di luce che servirà per illuminare il primo passo e partire: poi toccherà a Giuseppe, creativo e intraprendente, a misurare le forze, a calcolare i riposi, pianificare il viaggio.
Il Signore dà inizio e salva: il futuro, però, rimane sempre appeso alla libera cooperazione dell’uomo.
Morto Erode – che anche gli Erode muoiano è una notizia degnissima di nota! – ancora un sogno, il terzo: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e và nella terra d’Israele».
Il tempo che muoiano i vigliacchi e Dio non cambia direzione. Riprende la storia da dove l’uomo aveva provato ad arrestarla: «Sono morti quelli che volevano uccidere il bambino». Reso vano il disegno Erode, il piano del Signore sussiste per sempre.
Partito da Betlemme per fuggire in Egitto – col sogno di ritornare in quella città che gli era diventata cara per via dell’essere diventato padre – a Giuseppe giunge notizia che non c’è mai fine al peggio: ad Erode è succeduto Archelao, il figlio.
Giuseppe ebbe paura di andarvi. Ha paura Giuseppe, ma Dio non è di quelli che si incaponiscono ad oltranza: un progetto che non preveda modifiche in corso d’opera non è un ottimo progetto.
Siccome Giuseppe è un uomo giusto, Dio non sottovaluta le sue paure ma gli parla da dentro le paure, indirizzandole, e facendo in modo che anche le paure concorrano a portare a casa la salvezza: «Si ritirò nella regione della Galilea e andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret».
È accaduto così, accadrà sempre così quando c’è di mezzo Dio: che i sogni dei più deboli battano gli eserciti dei più forti, rendendo vani i disegni di Erode.
È la missione più avvincente: «Custodire delle vite con la propria vita» (E. Canetti).
Per gentile concessione di don Marco Pozza – Fonte
