don Lucio D’Abbraccio – Commento al Vangelo del 25 dicembre 2025

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La Parola si è fatta carne per illuminare la nostra vita

«In principio era il Verbo». Con queste parole solenni l’evangelista Giovanni ci riporta all’alba della creazione. Ma oggi, nel giorno santo del Natale, ci rivela qualcosa di ancora più sorprendente: quel Verbo che esisteva dall’eternità «si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi».

Non è rimasto lontano, nelle altezze del cielo, ma è entrato nella nostra storia. Ha preso un corpo, ha pianto le nostre lacrime, ha conosciuto la fame e la sete. Dio ha scelto di condividere fino in fondo la nostra condizione umana.

Pensate a quando accendete una lampada in una stanza buia: improvvisamente ogni cosa prende forma, i colori ritornano, potete vedere dove mettere i piedi. Giovanni ci dice che Cristo è «la luce vera, quella che illumina ogni uomo».

Quante volte, però, camminiamo al buio nelle nostre scelte! Un padre di famiglia che non sa come affrontare le difficoltà economiche, una madre preoccupata per un figlio che si è allontanato, un giovane che cerca il senso della propria vita. Il Natale ci annuncia che Cristo viene come luce per illuminare proprio questi sentieri.

Sant’Agostino, commentando questo Vangelo, scriveva: «Il Verbo si è fatto bambino per te, perché tu potessi diventare grande». Quale paradosso meraviglioso! Dio si fa piccolo perché noi possiamo crescere. Si fa debole perché noi possiamo diventare forti. È come quando un adulto si mette in ginocchio per parlare con un bambino: non per umiliarsi, ma per amarlo meglio.

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Giovanni, però, non nasconde una verità dolorosa: «Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto». Anche noi, a volte, non accogliamo Cristo. Quando la domenica preferiamo le nostre comodità alla Messa, quando passiamo accanto a un povero e distogliamo lo sguardo, quando in famiglia alziamo la voce invece di costruire la pace.

Cristo bussa alla porta del nostro cuore, ma spesso siamo troppo occupati, troppo distratti, troppo sicuri di poter fare da soli.

Eppure il Vangelo di oggi contiene una promessa straordinaria: «A quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio». Non servi, non sudditi, ma figli.

Un servo agisce per paura, un figlio per amore. Un servo teme il padrone, un figlio si affida al padre. San Leone Magno ci ammoniva: «Cristiano, riconosci la tua dignità!». Davanti al presepe riscopriamo questa verità: siamo figli amati, chiamati a vivere nella libertà dell’amore.

L’evangelista ed apostolo Giovanni, inoltre, annota che «la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo». Non una verità fredda che condanna, ma una verità avvolta dalla grazia che rialza. È come un maestro che corregge un alunno non per umiliarlo, ma per aiutarlo a crescere. Dio sceglie sempre questa via: la via della misericordia che educa e trasforma.

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Vorrei raccontarvi una storia.

C’era un vecchio falegname che aveva lavorato tutta la vita costruendo case per gli altri. Ormai stanco, decise di ritirarsi. Il suo datore di lavoro gli chiese un ultimo favore: costruire un’ultima casa. Il falegname, svogliato, lavorò male, usando materiali scadenti e trascurando i dettagli.

Quando terminò, il datore di lavoro gli consegnò le chiavi dicendo: «Questa casa è per te, è il mio regalo per i tuoi anni di servizio». Il falegname rimase sconvolto: aveva costruito male la propria casa.

Così è la nostra vita: ogni giorno costruiamo la dimora in cui abiteremo. Il Natale ci ricorda che Cristo viene per insegnarci a costruire bene, con l’amore, con la verità, con la grazia.

Accanto alla mangiatoia c’è Maria, la Madre che ha accolto il Verbo nel suo grembo. Lei è il modello perfetto dell’accoglienza. Non ha chiesto spiegazioni, non ha posto condizioni: ha semplicemente detto «Eccomi».

Anche noi oggi, davanti a Gesù Bambino, possiamo dire il nostro “sì”: sì alla luce che vuole illuminare le nostre tenebre, sì alla grazia che vuole trasformare la nostra vita, sì all’amore che si è fatto carne per noi.

Maria, Madre del Verbo fatto carne, insegnaci ad accogliere tuo Figlio nella semplicità del cuore. Amen!

Per gentile concessione di don Lucio, dal suo blog.

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