Commento al Vangelo del 25 Dicembre 2025 – Sussidio Avvento CEI – Messa della Notte

Domenica 1 Dicembre 2024 I DOMENICA DI AVVENTO - ANNO C
Commento al brano del Vangelo di: Lc 21,25-28.34-36

Data:

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«Un bambino è nato per noi» (Is 9,1-6)

Tutta la Chiesa è radunata questa notte per contemplare la Natività di Cristo nella Messa notturna, maestosa per la sua solennità ma al contempo suggestiva per la sua calda intimità familiare. Il canto del Gloria vi risuona con maggior pertinenza di sempre, rievocando la medesima laus angelica descritta nel Vangelo della Messa (cfr. Lc 2,14). I riti introduttivi, dall’antifona d’ingresso all’orazione colletta, espongono, come una vera e propria ouverture musicale, i temi e i motivi caratteristici dell’indole liturgica propria di questa celebrazione: la gioia, la pace, la regalità messianica del Bambino che nasce, la folgorante irruzione della luce divina nel buio della notte, il coinvolgimento universale di cielo e terra in questa esultanza (tema ripreso anche dal salmo responsoriale: «Gioiscano i cieli, esulti la terra», Sal 95/96,11).

La Liturgia della Parola esordisce rivelando che tutta questa meravigliosa atmosfera liturgica affonda le proprie radici in profezie antichissime, attraverso le quali le Sacre Scritture hanno preparato con plurisecolare anticipo la trepidante attesa dell’evento celebrato in questa notte. La prima lettura è tratta infatti da quella celebre sezione del libro di Isaia comunemente denominata come “libro dell’Emmanuele” (Is 6-12): si tratta di alcuni capitoli che narrano eventi risalenti all’epoca del cosiddetto Isaia storico, il grande profeta vissuto nell’VIII sec. a.C., al quale sono attribuite le profezie confluite nella prima parte del libro biblico che porta il suo nome, precisamente nei primi suoi 39 capitoli (il cosiddetto Proto Isaia).

Nella letteratura colta delle civiltà mediterranee e mediorientali antiche, era molto diffuso il genere poetico dell’ode alla nascita di un erede al trono regale, composta da poeti di corte che celebravano l’imminente arrivo di un nuovo figlio del re con elogi ed espressioni beneauguranti. Anche nella Bibbia è rimasta traccia di questa sensibilità, sebbene la profezia sulla nascita dell’Emmanuele («Dio è con noi», nome dai migliori auspici) non possa esaurire il proprio significato più profondo nel suo contesto storico (cioè la previsione della nascita di Ezechia, figlio di Acaz, re di Giuda al tempo di Isaia): la sua interpretazione è proiettata, su un orizzonte molto più ampio, all’attesa di un re messia che manifesterà in modo inedito un intervento potente di Dio (cfr. Is 7,10-17).

In questo clima si innesta, in modo incisivo, il testo poetico della prima lettura di questa Messa: l’annuncio gioioso dell’arrivo di una luce nuova per tutto il popolo, immerso nella notte e nelle tenebre che simboleggiano il male e la paura. Ascoltare questo grido di vittoria proprio nel mezzo della notte del 25 dicembre, così vicina al solstizio invernale, nel momento dell’anno in cui maggiormente sembra trionfare il buio, fa risaltare ancora di più il bisogno che il mondo ha di tale luce, e l’anelito dell’umanità ad accoglierla.

E questa luce si concentra tutta sul segno paradossalmente minuscolo della nascita di un bambino, nel quale tuttavia il popolo può finalmente ritenere esaudite tutte le proprie speranze. Sono speranze di pace, di liberazione dalla schiavitù, di protezione da parte di un sovrano dalle prerogative non soltanto umane, ma decisamente divine. Isaia le esprime con una lista quasi litanica di titoli regali:

«Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace» (Is 9,5).

Nessun governante terreno, nemmeno nella più ampollosa retorica di un poeta di regime, potrebbe promettere un’estensione infinita ed eterna del proprio dominio: solo a Gesù, Figlio divino e Messia regale, spetterà definitivamente il trono e il regno di Davide, «che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre» (Is 9,6).

«Porta salvezza a tutti» (Tt 2,11-14)

Durante il Tempo di Avvento abbiamo meditato sulla duplice dimensione del clima di “attesa” tipico di quel periodo liturgico: la memoria della prima attesa messianica annunciata dai profeti nell’Antico Testamento, che ha trovato compimento nell’incarnazione del Figlio di Dio, e l’attesa definitiva del suo ritorno glorioso alla fine dei tempi, che è il cuore della più autentica speranza cristiana, come peraltro è stato ampiamente messo in luce durante tutto l’anno giubilare, dal tema “Pellegrini di speranza”.

Il Tempo di Natale, che la liturgia inaugura proprio in questa santa notte, non archivia la spiccata bidimensionalità dell’Avvento, sebbene intensifichi l’attenzione soprattutto sulla prima venuta di Cristo nella storia, con la celebrazione e la meditazione della sua Natività secondo la carne.

Ne è prova la seconda lettura di questa Messa, che consolida l’ampia prospettiva di questo grande mistero. Infatti, non soltanto vi leggiamo che con l’evento storico dell’arrivo di Cristo «è apparsa la grazia di Dio» (Tt 2,11), illuminando e guidando moralmente il presente dell’umanità («ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà», Tt 2,12), ma ci viene altresì ricordato che viviamo pur sempre «nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo» (Tt 2,13). Lo sguardo sul Natale proietta dunque il nostro cuore a riconoscere integralmente la “visita”

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che Dio concede a tutti e a ciascuno: la prima venuta del Figlio e l’incontro personale e comunitario

con Lui che si perpetua nella storia e che lo fa sempre “nascere” idealmente nella nostra vita, fino alla sua ultima gloriosa venuta.

In questo pur breve brano tratto da una delle cosiddette “lettere pastorali”, indirizzate a Timoteo e a Tito, fedeli e stimati collaboratori dell’apostolo Paolo nell’evangelizzazione e nella guida delle prime comunità cristiane, tutto il mistero di Cristo viene dunque compreso e sintetizzato: dall’incarnazione alla “parusìa”, attraverso l’aspetto delle sue epifanie (come emerge da alcune scelte lessicali quali “è apparsa” o “manifestazione nella gloria”), facendo risaltare l’aspetto centrale e culminante, attorno al quale ruota l’intero mistero, cioè quello pasquale («Egli ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità», Tt 2,14).

Proprio la rivelazione di questo senso pasquale, al quale già tende l’evento natalizio, aiuta a comprendere la chiave di lettura della venuta di Cristo, cioè la sua volontà salvifica universale: essa infatti «porta salvezza a tutti gli uomini» (Tt 2,11), racchiudendo in un unico piano divino il Natale con la Passione e Resurrezione.

Ma il testo biblico non esaurisce le proprie argomentazioni su questo pilastro della fede. C’è un’altra “nascita”, correlata alla Natività del Salvatore e pienamente implicata con essa: la generazione della Chiesa. Cristo ci ha redenti infatti per «formare per sé un popolo puro che gli appartenga, pieno di zelo per le opere buone» (Tt 2,14).

«Una grande gioia, che sarà di tutto il popolo» (Lc 2,1-14)

Questo popolo nasce insieme con Lui, essendo già presente nell’annuncio dell’angelo ai pastori nel racconto lucano del Vangelo di questa Messa: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo» (Lc 2,10). Sì, «tutto il popolo»: non soltanto la primizia dell’elezione divina costituita dalle tribù d’Israele, ma implicitamente anche l’immensa moltitudine del popolo che proprio in quei giorni veniva censito in «tutta la terra» (Lc 2,1), e che seppur oggettivamente limitato ai residenti nei territori dell’impero romano impersonava simbolicamente l’intera umanità.

Il popolo che Dio ha formato e plasmato sul calco del Figlio deve essere contrassegnato, prima di tutto, da questo distintivo: «una grande gioia». Altrimenti, non sarebbe il popolo del Natale, non sarebbe il popolo degli adoratori di Cristo, non sarebbe il destinatario della “buona novella” proclamata dall’angelo ai pastori.

Il Vangelo di questa notte ricorda a tutti i cristiani che non è più possibile essere tristi, già per il “semplice” motivo che «oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore»

(Lc 2,11): è un sospiro di sollievo, uno scampanio a festa, quasi un urlo da stadio o l’esplosione di un nuovo big bang, è una notizia che merita la più grande esultanza. Sembra già di pregustare la meraviglia e quasi l’euforia che susciterà un altro annuncio angelico, e che risuonerà per tutti i secoli fino agli estremi confini della terra: «È risorto!» (Lc 24,6).

Come sarebbe desiderabile che ciascun cristiano, anche nelle circostanze più drammatiche o preoccupanti della sua esistenza, potesse immediatamente ricordare questa «grande gioia» donatagli la notte di Natale, per ritrovare speranza e ricominciare con forza e slancio ad affrontare le pur inevitabili difficoltà della vita!

Certamente, il Vangelo non fa evadere dalla realtà, anche da quella più cruda: il contesto di questa

«grande gioia» è accompagnato dai disagi della piccola famiglia di Nazaret, dalla precarietà delle condizioni logistiche in cui Maria si trova a partorire Gesù, dalla povertà di una mangiatoia riadattata come improvvisata culla di fortuna.

Ma la gioia di Cristo non dipende da fattori ambientali o contestuali: è una gioia soprannaturale, che nemmeno la croce può diminuire; è il paradosso tipicamente cristiano della grandezza nascosta nella piccolezza («Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce», Lc 2,12).

Lo stupore di quell’atmosfera incantata e incantevole, dal sapore quasi “magico”, che coinvolse di sorpresa i pastori di Betlemme, conserva intatte fino a oggi le sue emozioni anche nelle nostre assemblee liturgiche della notte di Natale. Oggi, dopo la proclamazione di questo Vangelo, durante la professione di fede, rievocheremo infatti il gesto di adorazione dei pastori, con la suggestiva genuflessione orante al canto dell’Et incarnatus est, che immortala la memoria di questa notte santa nel Credo perenne della Chiesa.

Commento al Vangelo tratto dal sussidio CEI Avvento/Natale 2025, scarica il file PDF completo.

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