don Alessandro Dehò – Commento al Vangelo del 21 dicembre 2025

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Giuseppe è l’uomo giusto. Ma la sua non è giustizia secondo la visione limitata che spesso ne diamo noi uomini nel nostro tentativo di vita comune, la sua giustizia è divina, ecco perché è pienamente umana.

Giuseppe poteva ripudiare Maria, dall’alto della sua bontà poteva farlo anche in segreto, e ai nostri occhi questo sarebbe bastato. Ma non sarebbe stata giustizia secondo Dio.

La traduzione letterale dal testo greco del Vangelo è particolarmente illuminante “Giuseppe allora il marito di lei giusto essente e non volendo (di) lei fare pubblico spettacolo, decise nascostamente rimandare lei” (Nuovo Testamento Interlineare, San Paolo). La giustizia vera, quella divina, non fa pubblico spettacolo, non usa la sofferenza degli altri per i propri progetti, la giustizia vera non fa pubblico spettacolo di niente, non di ciò che abbiamo di più sacro come l’amore, e questo basterebbe a farci riflettere, noi che trasformiamo ogni cosa in evento, noi che facciamo pubblico patetico spettacolo di ogni cosa, perfino del dolore. Perfino della fede!

La giustizia e la verità hanno bisogno di silenzio e di solitudine. Giuseppe infatti, senza dare spettacolo, tace, e si ferma, e si china sul proprio cuore e da lì “considera queste cose”: Giuseppe è uno che pensa, che prega, che entra dentro le pieghe della vita e se ne fa carico. Giuseppe è un uomo giusto e un uomo giusto non si limita ad applicare le regole, le leggi, i comandamenti, l’uomo giusto ha il coraggio di sprofondare nella storia, nella sua, in quella di Maria, perché ogni storia è unica e non si comprende se non entrandoci.

Figli dell’illusione che basti moltiplicare le regole e assicurare le pene per costruire un mondo migliore oggi siamo chiamati a comprendere che giustizia vera è “considerare le cose”, dilatare la riflessione, l’umile ascolto, la preghiera. Quanti danni stiamo ancora facendo, anche come chiesa, proiettando sugli altri regole astrattamente perfette che però non tengono conto della storia di chi abbiamo davanti. E lo facciamo perché mancano uomini e donne che, come Giuseppe, sanno fermarsi a considerare la vita dei fratelli. Fermarsi e ascoltare. Fermarsi e rischiare. Fermarsi e farsi coinvolgere. Mancano uomini di fede, per questo manca giustizia.

Un cuore che medita sarà sempre visitato da Dio, un angelo del Signore appare in sogno a Giuseppe e gli dice di non temere. Ecco la giustizia di Dio, il farsi accanto, Dio si fa carico del travaglio interiore di Giuseppe e gli assicura la sua vicinanza: “non temere”. Senza questo passaggio non ci sarà mai giustizia. Ma nemmeno cammini seriamente educativi, nemmeno amicizia, senza questo passaggio di incarnazione dell’amore non c’è verità, non c’è vita. A nessuno di noi servono persone che si limitino a dire quello che dovremmo fare, anche se il loro dire è impeccabile, a salvarci sono sempre e solo le persone che, come Dio, si fanno vicine ai nostri drammi e ci dicono di non temere, e ci sono. L’uomo giusto è colui che condivide le nostre pene.

Splendido il messaggio dell’angelo, ciò che vive nel grembo di Maria è generato da Spirito Santo. Dio, il giusto, non si limita a dare istruzioni affinché l’umanità possa salvarsi, il giusto si fa creatura, per intercedere, assume la nostra umanità. Nel suo ultimo splendo libro, “Addio a Dio?” Pierangelo Sequeri, nelle ultime luminose pagine, parla di intercessione: “la perfezione di Dio si rivela nell’intercessione del Figlio”.

Sequeri parte dal brano di Mosè, quello in cui Dio gli propone di salvare lui, servo fidato, e non il popolo di Esodo che ha già tradito l’alleanza, Mosè rifiuta il privilegio che Dio gli accorda e decide di non separare il proprio destino da quello della sua gente, questa è l’intercessione che mostra il volto di Dio. Sequeri evidenzia poi che sarà lo stile di Cristo che pur essendo “di natura divina” non tiene separato il suo destino dal nostro. “L’intercessione non innalza la sua preghiera dal luogo di una purezza separata, ma piuttosto da quello di un’affezione solidale”, ecco chi è il giusto, ecco Giuseppe, colui che intercede e manifesta Dio rinunciando al privilegio di essere considerato giusto da suoi pur di non lasciare Maria. Ecco lo stile di un Dio che non lascia solo Giuseppe nel suo smarrimento ma se ne fa carico.
La fede cristiana o assume questo atteggiamento o è sterile religione fatta di precetti.

“Quando si destò dal sonno Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa”, ecco la fede, dare carne all’intima relazione con Dio, ecco la fede “prendere con sé”, farsi carico. Giuseppe diventa per Maria un angelo d’annunciazione, “non temere Maria, io sono con te”.

Per gentile concessione dell’autore don Alessandro Dehòpagina Facebook

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