Nel Vangelo di questa domenica, Gesรน racconta una parabola sulla necessitร di pregare sempre. ร una delle poche volte in cui lโevangelista anticipa esplicitamente il significato della parabola, come se volesse farci capire che non si tratta di un semplice racconto morale, ma di una lezione di vita spirituale, qualcosa che tocca la sostanza del nostro rapporto con Dio.
La scena รจ essenziale, quasi scarna: da un lato una vedova, sola, vulnerabile e senza difesa, dallโaltro un giudice ingiusto e cinico, descritto come un โsenza Dioโ e senza rispetto umano. Due figure agli antipodi: la debolezza della vedova e il potere del giudice, lโimpotenza della povertร e lโindifferenza di chi conta. Ed รจ esattamente attraverso questa sproporzione che Gesรน svela il mistero della preghiera.
La vedova รจ lโimmagine di chi non ha piรน nulla su cui contare umanamente, se non la fiducia. Non possiede mezzi, non ha protezioni nรฉ garanzie. La sua unica forza รจ lโinsistenza, la sua fede ostinata che non si arrende davanti al silenzio. ร una donna audace: continua a bussare, continua a chiedere, continua a credere che da qualche parte, anche in un cuore duro, possa ancora scaturire un atto di giustizia.
Il giudice, invece, รจ la figura della chiusura: un cuore indifferente, impermeabile alla voce di Dio e al dolore dellโuomo. Eppure, alla fine, egli cede, non perchรฉ mosso da alcuna bontร o misericordia, ma solo per egoismo, per evitare che la vedova lo importuni e lo stanchi ancora. ร un paradosso: la perseveranza del debole smuove perfino lโindifferenza del potente.
Gesรน usa volutamente questo contrasto per portarci a una conclusione sorprendente, con una domanda aperta: โE Dio non farร forse giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui?โ (Lc 18,7). Se persino un giudice corrotto finisce per ascoltare una voce insistente, quanto piรน il Padre, che รจ buono e giusto, ascolterร i suoi figli che lo invocano nella fede.
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Gesรน, tuttavia, non promette una risposta immediata: la giustizia di Dio non รจ un atto magico che risolve un problema, bensรฌ unโopera lenta, un processo profondo e trasformante. Dio non รจ un โdistributore automatico di grazieโ, quindi non solo esaudisce la preghiera, ma la purifica, la educa e la trasfigura nel suo stesso amore.
SantโAgostino, nella Lettera a Proba, spiega cosรฌ il senso della preghiera perseverante: โDio conosce ciรฒ che ci รจ necessario prima che glielo chiediamo; ma desidera che nelle preghiere si eserciti il nostro desiderio, perchรฉ diventiamo capaci di ricevere ciรฒ che Egli prepara di donarciโ (Lettera 130, 8,17).
La preghiera, dunque, non cambia Dio, non modifica la sua volontร , ma piuttosto trasforma noi. ร un cammino di fede che dilata il cuore e lo rende capace di accogliere il dono. Quando Dio sembra tacere, non รจ assente, ma ci sta formando. Il suo silenzio, che non รจ mai indifferenza, รจ lo spazio in cui la nostra fiducia matura, si purifica dalle pretese e diventa abbandono.
Alla fine, il Vangelo si chiude con una domanda che ci trafigge: โMa il Figlio dellโuomo, quando verrร , troverร la fede sulla terra?โ (Lc 18,8). Non si tratta piรน di chiederci se Dio ascolta le nostre preghiere, ma se noi continuiamo a credere alle sue promesse.
La vera sfida della preghiera รจ la fedeltร nel tempo, la capacitร di restare in piedi, come la vedova, anche quando nulla sembra accadere. Pregare sempre significa credere che Dio opera anche quando non vediamo, che la sua giustizia non ritarda, ma matura in segreto.
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โChi prega, si salva; chi non prega, si dannaโ, diceva santโAlfonso Maria deโ Liguori. La preghiera รจ il respiro della fede, รจ la scuola della speranza e della perseveranza. Quando smettiamo di pregare, smettiamo di respirare la vera vita di Dio.
Essere cristiani vuol dire perseverare nella preghiera, senza arrendersi alla stanchezza e alla tentazione del โtutto e subitoโ. ร credere che, dietro ogni silenzio, si nasconde un Dio che prepara la sua risposta, e che quella risposta โ anche quando non la comprendiamo โ ha sempre in sรฉ una ragione che ci supera nel bene!
Per gentile concessione di don Luciano Labanca, dal suo sito.
