p. Fernando Armellini – Commento al Vangelo del 5 Ottobre 2025

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Padre Fernando Armellini, biblista Dehoniano, commenta il Vangelo di domenica 5 ottobre 2025.
Se sei interessato a tutti i sui commenti al Vangelo, puoi leggerli qui.

Scorgere Dio nella nostra storia

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Nella Bibbia non si dice mai che Abramo sia entrato in un santuario per pregare, eppure egli รจ ritenuto non soltanto il padre dei credenti, ma anche il modello dellโ€™uomo che prega. Se per pregare รจ necessario credere, per credere bisogna pregare.

Tutta la sua vita รจ segnata dalla preghiera: non ha preso alcuna iniziativa se non dopo aver ascoltato la parola del Signore, non ha fatto un passo senza aver ricevuto dal suo Dio lโ€™indicazione del cammino.

La sua storia รจ segnata da un costante dialogo con il Signore: โ€œIl Signore disse ad Abram: vatteneโ€ฆ allora Abram partรฌโ€ (Gen 12,1.4); โ€œLa parola del Signore fu rivolta ad Abram in visioneโ€ฆ e Abram rispose: Signore che mi darai?โ€ (Gen 15,1.2); โ€œPoi il Signore apparve a lui alle querce di Mamreโ€ฆ ed egli si prostrรฒ a terraโ€ (Gen 18,1-3); โ€œDio mise alla prova Abramoโ€ฆ e Abramo rispose: eccomi!โ€ (Gen 22,1)โ€ฆ

Questo dialogo ha alimentato la fede di Abramo, lo ha disposto ad accogliere la volontร  di Dio, gli ha fatto credere nel suo amore nonostante ogni apparenza contraria.

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Molti eventi della nostra vita sono enigmatici, incomprensibili, illogici e sembrano dar ragione a chi dubita che Dio sia presente e accompagni la nostra storia.

In questi momenti la nostra fede รจ messa a dura prova e ci verrebbe spontaneo gridare al Signore e implorare: โ€œAscolta la nostra voce, intendi il nostro lamentoโ€.

Egli ascolta sempre la nostra voce, difficile per noi riuscire a percepire la sua.

โ€œFa che noi ascoltiamo Signore la tua voceโ€ โ€“ รจ lโ€™invocazione che gli dobbiamo rivolgere.

Apri il nostro cuore, aiutaci a rinunciare alle nostre attese, alle nostre sicurezze, ai nostri progetti e fa che accogliamo i tuoi.

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รˆ questa la fede che salva.

Per interiorizzare il messaggio, ripeteremo:
โ€œFaโ€™ che noi ascoltiamo Signore la tua voceโ€.

Vangeloย (Lc 17,5-10)

5ย Gli apostoli dissero al Signore:ย 6ย โ€œAumenta la nostra fede!โ€. Il Signore rispose: โ€œSe aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe.
7ย Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirร  quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a tavola?ย 8ย Non gli dirร  piuttosto: Preparami da mangiare, rimboccati la veste e servimi, finchรฉ io abbia mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai anche tu?ย 9ย Si riterrร  obbligato verso il suo servo, perchรฉ ha eseguito gli ordini ricevuti?
10ย Cosรฌ anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi รจ stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fareโ€.

Il brano del Vangelo che ci viene proposto oggi non รจ fra i piรน facili. Sia la prima parte dove si parla della fede (vv.5-6) che la seconda, dove viene proposta una sconcertante parabola (vv.7-9) sono piuttosto enigmatiche e sollevano interrogativi. Lo stesso discorso vale per il versetto conclusivo (v.10) nel quale anche i discepoli piรน fedeli sono chiamati โ€œservi inutiliโ€.

Cominciamo dai prodigi che la fede, anche piccola come un granello di senapa, รจ in grado di produrre. Il detto del Signore รจ introdotto da una richiesta dei discepoli: โ€œAumenta la nostra fedeโ€.

รˆ possibile far crescere la fede? O si crede o non si crede, pensa qualcuno. Allora non ci puรฒ essere un piรน o un meno. Questo sarebbe vero se la fede si riducesse allโ€™assenso dato a un pacchetto di veritร .

In realtร  credere non riguarda solo la mente: comporta una scelta concreta, implica la piena e incondizionata fiducia in Cristo e lโ€™adesione convinta alla sua proposta di vita. Stando cosรฌ le cose รจ facile rendersi conto che la fede puรฒ crescere o diminuire. Il cammino al seguito del Maestro a volte รจ piรน spedito, a volte meno, a volte ci si stanca, si rallenta e ci si ferma.

Lโ€™esperienza di una fede incerta e vacillante viene fatta ogni giorno: crediamo in Gesรน, ma non ci fidiamo totalmente di lui, non abbiamo il coraggio di compiere certi passi, di slegarci da certe abitudini, di fare certe rinunce. Ecco la fede che deve rafforzarsi!

La richiesta degli apostoli rivela la convinzione cui essi sono giunti. Si sono resi conto che la maturazione spirituale non รจ frutto del loro sforzo e del loro impegno, ma รจ un dono di Dio, per questo chiedono a Gesรน di renderli piรน decisi, piรน convinti, piรน generosi nella scelta di seguirlo.

Dal contesto si intuisce anche la ragione per cui gli rivolgono questa supplica.

Egli ha prospettato loro il cammino difficile che li attende: dovranno entrare per la porta stretta (Lc 13,24), essere disposti a โ€œodiareโ€ il padre e la madre (Lc 14,26), rinunciare a tutti i propri beni (Lc 14,33) e โ€“ come รจ scritto nei versetti che precedono immediatamente il nostro brano โ€“ dovranno essere capaci di perdonare senza limiti e senza condizioni (Lc 17,5-6). Davanti a simili richieste รจ comprensibile che si sentano mancare le forze.

La tentazione di rimettere in causa le proprie scelte, di tirarsi indietro รจ grande. Anche a loro, probabilmente, viene da dire, come molti hanno giร  fatto: โ€œQuesto linguaggio รจ duro; chi puรฒ intenderlo?โ€ (Gv 6,60). Temono di non farcela. Ecco allora affiorare spontanea sulla loro bocca lโ€™invocazione di aiuto: aumenta la nostra fede!.

Invece di esaudirli, Gesรน comincia a descrivere le meraviglie che la fede produce.

Impiega unโ€™immagine paradossale e molto strana per la nostra cultura: parla di un albero โ€“ non si sa bene se si tratta di un gelso o di un sicomoro โ€“ che puรฒ essere miracolosamente sradicato e piantato in mare.

Se Gesรน si riferisce al sicomoro, allora lโ€™immagine allude alle radici molto forti e profonde di questa pianta, radici che resistono anche per seicento anni e che sono molto difficili da estirpare dalla terra.

La fede โ€“ dice Gesรน โ€“ รจ capace di realizzare anche lโ€™impossibile: sradicare un sicomoro o far crescere un gelso nel mare.

Matteo e Marco non parlano di un albero, ma di una montagna che puรฒ essere spostata con la fede (Mt 17,29; Mc 11,23) e questa doveva essere unโ€™immagine piรน familiare e proverbiale, che viene usata anche da Paolo (1 Cor 13,2). Il messaggio รจ comunque lo stesso e puรฒ essere riassunto con le parole pronunciate da Gesรน in un altro contesto: โ€œTutto รจ possibile per chi credeโ€ (Mc 9,23).

Viene spontaneo un interrogativo: come mai nessuno ha mai compiuto simili miracoli? Non li hanno fatti nรฉ Gesรน, nรฉ la Madonna, nรฉ Abramo, nรฉ i grandi santi. Non li hanno compiuti โ€“ e non รจ difficile capirlo โ€“ perchรฉ Gesรน stava parlando in modo iperbolico.

I miracoli di cui parla sono quei cambiamenti inattesi che si realizzano in coloro che credono, sono quelle trasformazioni inspiegabili, assolutamente imprevedibili che si verificano nella societร  e nel mondo quando ci si fida realmente della parola del Vangelo e la si pone in pratica.

Alcuni esempi ci possono illuminare: di fronte agli odi, ai rancori, ai pregiudizi che hanno caratterizzato i rapporti fra i popoli, chi non ha pensato che si tratti di realtร  ineluttabili? Chi non ha pensato che certi conflitti familiari siano insanabili? Chi, almeno una volta, non ha ritenuto che le radici dellโ€™inimicizia siano tanto profonde da non poter essere strappate?

Per chi crede โ€“ dice Gesรน โ€“ non esistono situazioni irrecuperabili. Chi confida nella sua parola sarร  testimone di miracoli straordinari e inattesi, vedrร  realizzarsi i cambiamenti prodigiosi annunciati dai profeti: il deserto fiorirร  (Is 32,15) e la steppa sarร  trasformata in un giardino dellโ€™Eden (Is 51,3).

A questa affermazione fa seguito una parabola (vv.7-9) che ci lascia un poโ€™ di amarezza e delusione.

Non รจ facile capire perchรฉ Gesรน parli in questo modo.

Racconta di uno schiavo che, dopo una giornata di duro lavoro, torna a casa sfinito e col volto bruciato dal sole. Il padrone, invece di complimentarsi con lui per il servizio reso e di invitarlo a sedersi, a mangiare un boccone, lo apostrofa con durezza: โ€œPrima servi me, dopo, quando io sarรฒ sazio, cenerai anche tuโ€.

Siccome il padrone rappresenta Dio ed i servi siamo noi, abbiamo di che preoccuparci: al termine della nostra vita verremo davvero accolti in questo modo?

La parabola sorprende anche perchรฉ, qualche domenica fa, abbiamo sentito Gesรน parlare in modo ben diverso: โ€œBeati quei servi che il padrone al suo ritorno troverร  ancora svegli; in veritร  vi dico, si cingerร  le sue vesti, li farร  mettere a tavola e passerร  a servirliโ€ (Lc 12,37). Una scena commovente!

Il paragone usato nel brano di oggi non corrisponde alla nostra attuale sensibilitร , anzi ci irrita. Dobbiamo collocarlo nel contesto culturale del tempo, quando lo schiavo era considerato proprietร  del padrone e non poteva avanzare alcuna pretesa.

Gesรน non discute questa situazione, la prende come un dato di fatto.

Un giorno enuncerร  i principi innovatori su cui sarร  basata la societร  nuova da lui proposta.

Ricordiamo il richiamo ai discepoli durante lโ€™ultima cena: โ€œI re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di esse esigono di essere chiamati benefattori. Tra voi non sia cosรฌ; ma il piรน grande tra voi diventi come il piรน piccolo e chi governa come colui che serve. Infatti chi รจ piรน grande, chi sta a tavola o chi serve? Non รจ forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serveโ€ (Lc 22,24-27).

Ora egli non intende affrontare il problema della schiavitรน, si serve solo di un esempio per trasmettere il suo messaggio teologico. Vuole correggere il modo fuorviante in cui i farisei (di allora e di oggi) intendevano il rapporto con Dio.

Le guide spirituali di quel tempo predicavano la religione dei meriti. Dicevano: alla fine della vita, Dio retribuirร  in base alle prestazioni di ognuno. Da qui la necessitร  di compiere il maggior numero possibile di opere buone: preghiere, digiuni, elemosine, pratiche religiose, sacrifici, osservanza scrupolosa dei comandamenti e dei precetti. Tutto per avere diritto ad una ricompensa maggiore.

Questo modo di intendere il rapporto con il Signore corrisponde perfettamente alla nostra logica.

Ci sembra giusto immaginare un Dio cosรฌ: non ci rendiamo conto che stiamo ragionando esattamente come i farisei.

Lโ€™uomo โ€“ che รจ polvere e cenere โ€“ non puรฒ avanzare alcun diritto davanti a Dio, dal quale riceve tutto gratuitamente.

Questa religione dei meriti รจ deleteria per chi la pratica, instaura rapporti scorretti, improntati ad un sottile egoismo fra gli uomini e deforma il rapporto con Dio.

Non ama realmente colui che compie il bene con lโ€™obiettivo โ€“ nemmeno tanto nascosto โ€“ di accumulare meriti davanti a Dio. Pone ancora se stesso al centro dei propri interessi, aiuta il fratello per migliorare la propria vita spirituale.

Gesรน vuole che il discepolo metta da parte qualunque egoismo, anche spirituale.

Entra nel regno di Dio chi ama in modo incondizionato e gratuito come il Padre che sta nei cieli.

Il guaio maggiore provocato dalla religione dei meriti รจ un altro: riduce Dio alla stregua del ragioniere incaricato di mantenere in ordine i libri contabili e di segnare accuratamente debiti e crediti di ognuno.

La parabola vuole distruggere questa immagine di Dio.

Non ci piace, ci irrita perfino, perchรฉ lโ€™idea che, facendo il bene, acquistiamo meriti davanti a Dio รจ troppo radicata in noi. รˆ profonda come la radice di un sicomoro!.

Il detto conclusivo โ€“ giร  molto duro โ€“ รจ reso anche piรน ostico dal testo italiano che, in modo inesatto, parla di servi inutili. Nessun servo solerte e laborioso puรฒ essere definito inutile. Meglio tradurre: Siamo semplici servi; non abbiamo fatto altro che il nostro dovere (v.10).

Gesรน non intende sottovalutare le opere buone, non disprezza il lavoro dellโ€™uomo nรฉ assume un atteggiamento di supponenza nei confronti di chi si impegna a compiere il bene. Cerca piuttosto di liberare i discepoli da una forma di orgoglio pericolosa per loro e per gli altri: lโ€™autocompiacimento per la propria giustizia, lโ€™ostentazione delle propria santitร , lโ€™esibizione della propria condotta impeccabile. Vuole purificare i loro cuori dagli impulsi allโ€™emulazione e alla rivalitร  spirituale.

Non bisogna competere per accaparrarsi le predilezioni e lโ€™amore di Dio: di questo amore ce nโ€™รจ in abbondanza per tutti.

Gesรน vuole far capire che il comportamento del fariseo che fa sfoggio dei suoi meriti รจ insensato perchรฉ il bene non รจ opera dellโ€™uomo, ma sempre e tutto dono gratuito di Dio. โ€œChe cosa possiedi โ€“ dice Paolo โ€“ che tu non abbia ricevuto? E se lโ€™hai ricevuto, perchรฉ te ne vanti come se non lโ€™avessi ricevuto?โ€ (1 Cor 4,7).

Nel sito Settimana News sono presenti anche i commenti alla prima e seconda lettura.

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