don Andrea Vena – Commento al Vangelo di domenica 7 Maggio 2022

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Il cammino pasquale è iniziato alla tomba vuota, con la risurrezione di Gesù. A partire da questo Avvenimento  è iniziata la corsa delle donne e dei discepoli che continua ancora oggi nella Chiesa. Se è vero che oggi tante nostre corse sono dettate dalle mille urgenze che ci raggiungono, è altrettanto vero che ogni corsa del cristiano parte da un’unica verità: «Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4,19). Da  qui, e solo da qui, si spiegano le corse dentro l’esperienza della vita: carità, educazione, catechesi, feste, ma lati, lavoro… sono solo declinazioni dell’unico annuncio: Gesù è vivo! Se perdessimo questo riferimento, nel  nostro correre porteremmo solo noi stessi, ma non Gesù Cristo. Questo e solo questo è quanto fino ad oggi ci  ha aiutato a comprendere la liturgia domenicale: il profilo del credente e della comunità dei discepoli del Risorto è andato formandosi a partire dall’incontro vivo con Gesù risorto: Lui, ci ricorda la II lettura di questa  domenica, «è la pietra d’angolo, scelta e preziosa», «è la pietra viva… che ci rende pietre vive… per costruire  un edificio spirituale». 

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v. 1a: «Non sia turbato il vostro cuore». 

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L’annuncio del distacco crea nei discepoli incertezza, smarrimento. La paura è il segno dell’uomo vecchio,  solo, illuso di potersi salvare da sé, con le proprie forze. Non un semplice timore interiore, ma una vera e  propria instabilità. La dipartita di Gesù è crisi per la comunità dei suoi discepoli. E il turbamento del cuore non  riguarda solo la sfera emotiva e dei sentimenti, ma indica anche la paralisi della volontà e della capacità di  prendere decisioni, l’annebbiamento dell’intelligenza e del discernimento.  

v. 1b «Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me».  

Gesù, con le sue parole, sta facendo della sua partenza e del vuoto che egli lascia un’occasione di rinascita dei  suoi discepoli. Chiedendo fede, li spinge a trasformare la paura del nuovo e il terrore dell’abbandono nel coraggio di vivere appoggiandosi sul Signore; promettendo che va a preparare un posto per loro, egli vive la sua  partenza in relazione con chi resta e mostra che non li sta abbandonando, ma che sta inaugurando una fase  nuova e diversa di relazione con loro. Il distacco è in vista di una nuova accoglienza (cf. Gv 14,2-3). Ma questo  passaggio, come ogni novità, comporta anche smottamento, instabilità. È nell’ordine delle cose.

«La fede – ricorda la lettera agli Ebrei – è fondamento di ciò che ci si spera e prova di ciò che non si vede» (Eb 11,1). Se è  vero che con l’assunzione in cielo il «vedere» viene meno, la «compagnia» di Gesù non verrà mai meno: è un  essere presente in modo diverso. Vale per i discepoli e vale per noi oggi: Gesù c’è, lo ha promesso: «Io sarò  con voi fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Gesù suggerisce ai discepoli, e oggi a ciascuno di noi, che la fede  non toglie i problemi della vita, ma li aiuta ad affrontarli imparando a confidare in Lui, pietra viva: questo è un  lavorìo quotidiano, che comporta – dicevamo – anche la fatica del credere. Non dobbiamo dunque spaven 

tarci della fatica del credere, dell’aridità, dello sconforto…ma siamo invitati a ravvivare la fede in Dio, la nostra  fiducia in Lui, la nostra amicizia con Lui. In cielo, tutto cambierà, perché vedremo Dio faccia a faccia, lì ci sarà  certezza.  

v. 2 «Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore… Vado a prepararvi un posto».  Oggi la stabilità è data dalla fede, che comporta anche tempi di crisi e difficoltà, in attesa di raggiungere la  «dimora» che Gesù è andato a prepararci nella Casa del Padre; solo lì ci sarà la tanto sospirata stabilità che  tutti cerchiamo, che è data dalla relazione con il Padre, certi che niente e nessuno potrà rapirli dalla sua mano  (cf. Gv 10,28-29). A noi restare uniti a Lui, pietra viva (cfr II lettura), e uniti tra noi, concorrendo nell’aiutarci a  vicenda secondo le necessità (I lettura), come costruttori dell’edificio spirituale che è la Chiesa, dove noi tutti siamo chiamati ad «Offrire sacrifici spirituali graditi a Dio» (II lettura). I “sacrifici spirituali graditi a Dio” non  sono legati solo alla Liturgia ma anche alla vita quotidiana, quale luogo-esperienza dell’adorazione di Dio nel  servizio ai fratelli. Culto spirituale che nasce e si nutre dell’Eucaristia e si trasforma in preghiera quotidiana e  in impegno di tradurre la preghiera in opere di misericordia.  

v.3-5: «Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me,  perché dove sono io siate anche voi».  

Gesù invita i discepoli a pensare e vivere la vita in modo nuovo nell’attesa di ritrovarsi insieme. Si tratta di un  passaggio importante che neanche i discepoli comprendono subito, come emerge dalla domanda di Tommaso – «Signore, non sappiamo dove vai, come possiamo conoscere la via?» – e di Filippo – «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Quanto potrebbe apparire impossibile, Gesù lo rende possibile facendo della sua  stessa esperienza la Via di Verità che porta alla Vita.  Tra tutte le religioni, solo il cristianesimo – ed è una differenza fondamentale – ha un Dio che si è fatto Uomo  in Gesù, il quale ha aperto un sentiero a senso unico per andare a Dio: ormai per conoscere Dio si deve conoscere Gesù, per credere in Dio si deve credere in Gesù. Lui solo, dicevamo domenica scorsa, è LA Porta per  entrare in relazione con Dio. Perché la verità è una persona, Gesù Cristo: è Lui che con la sua vita ci ha mostrato la via per andare al Padre, dunque la via è il modo di vivere di Gesù, e vivendo come lui noi possiamo  partecipare alla sua vita, che è vita vera in pienezza, “vita eterna”! Questo è il tempo della fede, il tempo della  speranza, il tempo dell’attesa. È la nostra vita, qui ed ora, in attesa di partecipare alla Vita eterna in cielo,  come recitiamo ad ogni Messa: «Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione,  nell’attesa della tua venuta». Possiamo così dire che in queste domeniche pasquali il Signore Gesù ci ha  aiutati a tener presente che noi esistiamo in Lui, morto e risorto (Pasqua); che siamo chiamati a portare a tutti  l’annuncio di questa realtà (II e III domenica), imparando a stare e restare dietro a Lui, buon pastore (IV domenica), sapendo che Lui c’è e sempre resterà con noi e del quale possiamo fare esperienza nella vita quotidiana e in particolare nel ritrovarci insieme alla domenica. Si comprende allora perché il salmo così ci fa cantare: A te la mia lode, Signore, nella grande assemblea. 

Leggi qui la preghiera per questa domenica.

Il commento al Vangelo di domenica 7 maggio 2023 curato da don Andrea Vena. Canale YouTube.