Dio desidera incontrare e liberare ogni essere umano
esรน di Sabato si reca in sinagoga per insegnare: anche altre volte il redattore del terzo vangelo ci presenta Gesรน nella stessa situazione. Allโinizio del suo ministero quando gli viene consegnato il rotolo di Isaia: โLo spirito del Signore รจ su di meโฆ Mi ha mandato a proclamare ai prigionieri la liberazione, ai ciechi la vistaโฆโ . Cosรฌ Gesรน commenta queste parole: โOggi si รจ compiuta questa scritturaโ (Lc 4,16-21).
Questo โoggiโ di Dio รจ il nostro oggi, il tempo della storia illuminato per sempre dalla luce del Crocifisso Risorto, un tempo a cui possiamo dare senso solo se sapremo attingere allโamore, alla fonte di amore inesauribile che รจ il Figlio che ci ha amati fino allโestremo.
Il vangelo di oggi ci presenta una scena che si ripete in maniera analoga altre due volte nel terzo vangelo. Di sabato, nella sinagoga o in casa di un capo dei farisei,ย Gesรน si deve confrontare con la sofferenza di un altro essere umano. Ci sono una persona malata, i farisei, i capi della sinagoga e le folle che stanno a guardare.ย Non รจ una scena tanto lontana dalla nostra quotidianitร . Qual รจ il nostro senso della liturgia, delle pratiche di culto: eucaristie, liturgia delle ore, adorazioni, rosari, altre devozioni? A che pro noi celebriamo, incensiamo, ci rivestiamo di paramenti liturgici? Quale valore e senso e potere attribuiamo a comandamenti, precetti, leggi che siano umane o affidateci da Dio? Sono interrogativi che dovremmo continuamente porci nel nostro cammino di fede, che nella sua veritร piรน profonda dovrebbe essere semplicemente un cammino di umanizzazione e di umanitร .
Noi non testimoniamo la fede nel Signore Gesรน moltiplicando preghiere e liturgie, ricorrendo a linguaggi oggi incomprensibili, non piรน eloquenti. Non annunciamo il regno di Dio difendendo con leggi umane presunti valori astratti, ideologie sganciate dallโuomo, da un volto, una persona in carne e ossa, una storia concreta, troppo spesso ferita.
Nella sinagoga Luca non descrive il luogo, ci dice solo che cโรจ una donna malata da diciotto anni, letteralmente piegata dalla sua malattia, cโรจ un uomo con la mano paralizzata. Questo รจ ciรฒ che vede il Signore,ย a queste persone egli restituisce la libertร di esseri amati da Dio, la libertร e la dignitร di chi puรฒ stare diritto in piedi con la sua storia ferita, la malattia, la sofferenza e il peccato, una libertร che solo lโincontro con il Signore puรฒ dare.
Di questo dobbiamo essere testimoni nelle nostre liturgie, non giudici degli altri, non promulgatori di leggi che stabiliscano chi sia nel giusto e nellโerrore, ma semplici strumenti del desiderio di Dio di incontrare e liberare ogni essere umano dai pesi, dalle sofferenze che la vita e troppo spesso altri uomini hanno caricato sulle sue spalle.ย Siamo chiamati ad uno sguardo nuovo di autentica misericordia e compassione, direi nel senso piรน buddista del termine, verso tutti, indistintamente, riconoscendoci servi senza importanza perchรฉ solo il Signore salva.
Il giorno di Santo Stefano del 1958 un โservo senza importanzaโ papa Giovanni XXIII incontra i detenuti del carcere di Roma dicendo loro: โIo metto i miei occhi nei vostri occhi, ma no, perchรฉ piangete? Siate contenti che io sia qui. Ho messo il mio cuore vicino al vostro. Il papa รจ venuto, eccomi a voi.โ
Questa รจ forse lโesegesi piรน bella e autentica del vangelo che abbiamo meditato, ci sia dato di essere semplici testimoni di questa speranza nei nostri incontri quotidiani e umani, umanissimi.
fratel Nimal
Per gentile concessione del Monastero di Bose
Puoi ricevere il commento al Vangelo del Monastero di Bose quotidianamente cliccando qui



