Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 10 Febbraio 2022

Seppur in una cornice diversa, anche in questo terzo brano del capitolo sette del vangelo di Marco, troviamo negli insegnamenti e nei gesti compiuti da Gesù il desiderio di mostrare cosa sia e a chi è chiesta la purità.

Il Maestro non si trova nella terra promessa. È in una regione posta al di fuori, abitata dunque da non ebrei, i quali, qualora transitassero da quelle parti, rischiavano di contrarre impurità. Marco sottolinea con forza questo aspetto: il Nazareno entra in una casa, dunque un luogo impuro. Incontra una donna che racconta della figlia posseduta da uno spirito: ancora persone e scene che i farisei e gli scribi classificherebbero non puri. Una donna cui l’evangelista preme anche di descriverne le origini e la cultura, richiamando l’occidente (lingua greca) e l’oriente (era di origine siro-fenicia). Nessun accenno alla Giudea.

L’Emmanuele non è venuto solo per la salvezza di qualcuno. Il suo messaggio è rivolto a tutte le creature, ed in particolare a quanti sono in una condizione difficile e faticosa: le beatitudini insegnano molto a riguardo.

Al di là delle prescrizioni, al di là di quanto praticato e vissuto in quell’epoca e in quel contesto, Gesù non si sottrae “all’impurità” secondo la visione degli uomini per offrire la “purezza” che deriva dal cuore. La bambina sarà sanata. Chi invece non lo è ancora sono proprio i primi destinatari del nuovo messaggio proclamato dal Galileo.

Alla donna sono state sufficienti le briciole per credere nel Signore. Ai giudei non è bastato il pane sostanzioso offerto loro nelle parole e nei gesti di chi viveva con loro tutto il giorno.

Per riflettere

La buona notizia portata da Gesù rompe gli schemi conosciuti. Non c’è nessuno, ieri come oggi, che possa arrogarsi una prospettiva di salvezza esclusiva. Anche le “genti” sono invitate a riconoscere il Dio misericordioso che guarda al cuore delle persone
È il Dio-con-noi.