Sembra che lโuomo possa riscoprire il nucleo della vita anche a partire dal fatto che ogni cosa ha un suo tempo. E dopo il tempo del silenzio, viene il tempo per parlare. Dopo il tempo in cui lo strumento del cuore di Zaccaria viene accordato con il la di Dio, viene il tempo del parlare che sfocerร nel canto del Benedictus che ascolteremo domani.
Il tempo del silenzio รจ il tempo per raccogliere, รจ il tempo per conservare. Il tempo cioรจ per ricentrarci su Dio per ripartire in modo nuovo dallโuomo.
Normalmente questo รจ il tempo del pianto e dellโamore vero. ร il tempo cioรจ in cui la nostra sofferenza viene raccolta nellโampolla delle braccia di Dio il quale la custodisce meglio di quanto saremmo capaci noi. La custodisce come humus per il terreno dellโesistenza dellโumanitร . La nostra sofferenza, il nostro silenzio, il nostro custodire, non รจ cosa che riguarda solo noi, รจ humus per tutta lโumanitร . Humus che Dio si incarica di spargere a piene mani nel campo degli uomini. Humus che non รจ solo mio รจ nostro; humus che non รจ nostro: รจ mischiato con lโhumus della sofferenza di Dio.
Nel silenzio si accorda lo strumento del mio cuore sul la del cuore di Dio. Da qui possiamo riconoscere quando รจ il momento di parlare, quando รจ il momento di cantare. ร bello vedere nel silenzio di Zaccaria un parlare silenzioso con Dio in sintonia con Elisabetta.
Dicevano gli antichi che dare il nome, dire il nome di una persona, significa dire la persona stessa, dire lโuomo stesso. Lโunisono nel dire il nome di Giovanni da parte di Zaccaria il muto e di Elisabetta la sterile, la dice lunga al riguardo. La loro giustizia viene a galla come un delfino che danza sulle onde del mare. Il muto ritorna a parlare dicendo il nome e cantando il Benedetto Dio; la sterile ritorna a partorire e a dare alla luce colui che chiude lโera dellโAntico Testamento, inaugurando la nuova alleanza fra Dio e gli uomini, alleanza celebrata sulla croce e pattuita col sangue del Figlio di Dio.
Si ritorna a parlare e a cantare la bellezza della vita, perchรฉ il tempo รจ maturo, perchรฉ il tempo favorevole รจ giunto a noi. ร giunto a noi nel parto del bambino, nel dono della vita. Sapessimo ancora riconoscere, nonostante il nostro essere malati di tecnicismo e di pseudo scientismo medico, la vita come un dono. Al di lร di chi compie i gesti del generare, del fecondare, del gestire, del partorire, riuscire a vedere lโamore di Dio che giunge a compimento: che bella festa sarebbe.
Nelle nostre chiese si suona la campana quando uno muore, ed รจ bello suonare il canto degli angeli. Nelle parrocchie dove sono stato si suonava la campana anche quando una vita veniva al mondo. Il bello di riuscire a capire che la vita รจ vita comunque, anche quando la vita che veniva generata era la vita di un figlio di mussulmani: siamo riusciti a suonare anche per loro la campana perchรฉ il paese facesse festa per il dono di una vita che, qualsiasi essa sia, รจ dono di Dio.
E Zaccaria ritorna a parlare dopo che Elisabetta ha detto il nome del figlio e, dunque, la sua missione. Zaccaria รจ un nome passato, un nome da promesse. Giovanni รจ il nome dellโoggi e del futuro, รจ il nome di un Dio che realizza le sue promesse.
Le attese diventano gioia per la realizzazione di queste stesse attese. Non รจ piรน il tempo del pianto, รจ il tempo del ridere e della gioia. Non รจ piรน il tempo dellโattesa, รจ il tempo della presenza. Non รจ piรน il tempo per fare lutto, รจ il tempo per danzare.
E il cuore canta la danza di Dio. Dio danza il canto degli uomini. Le due rive sono un fiume in piena di amore che con il suo humus e il suo limo, raggiunge il terreno di ogni uomo fecondandolo.
โTutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cieloโ, dice Qoelet. Ora รจ il tempo dei tempi nuovi, รจ il tempo dei nomi nuovi, รจ il tempo degli uomini nuovi. ร il tempo della meraviglia per la novitร di una vita. Novitร che sempre รจ accompagnata dal timore, perchรฉ incerta รจ la via ma soprattutto perchรฉ il desiderio di comprendere tutto รจ un desiderio che rimane sempre insaziato, e il timore del non conosciuto si frammista con lโintuizione che qualcosa di bello รจ venuto alla luce.
โChe sarร mai questo bambino?โ, รจ la domanda che โtutti custodivano in cuor loroโ? Eโ la domanda che ci accompagna oggi correndo lungo il declivio che porta al Natale ormai imminente. Giorno di Incarnazione, giorno in cui Dio rompe ogni indugio e pone la sua tenda fra di noi, abita in mezzo a noi. Giorno in cui la creazione, senza che ce ne accorgiamo, dal di dentro viene sconvolta perchรฉ abitata dallโamore di Dio che non abita piรน i cieli ma la terra fin nelle sue viscere, fin nelle sue profonditร . Quel Dio che abita le viscere e le profonditร del cuore di ogni uomo. La speranza รจ che ogni uomo possa ritornare a cantare il canto di Dio in coro con i propri fratelli.
Venite fedeli, venite fratelli, nasce per noi il Salvatore del mondo!
AUTORE: p. Giovanni Nicoli
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