La vedova povera getta due monete, il gesto si offre a me con una domanda: qual รจ il criterio con cui scelgo di dare?
Il verbo dare ha mille tentacoli, raggiunge in qualche pretenziosa maniera tutte le dimensioni dellโesistenza. Ho bisogno di restringere il campo della riflessione, altrimenti sarร necessario un saggio o un romanzo o una vita intera per rispondere a quel punto interrogativo. Penso ad esempio allโambito del lavoro โ o dello studio.
Qui rientra anche il dovere, mi si presenta un contratto: lavoro, studio stando allโinterno dei confini e delle possibilitร di un contratto, e ho dei precisi doveri e dei diritti. Il discorso, tuttavia, non รจ esaurito dal contratto. Anche qui si fa strada, un poco sgomitando, il verbo dare. Sul posto di lavoro decido di dare, studiando decido di dare.
E intravedo almeno due modalitร โ potrebbero essercene anche altre: posso dare obbedendo a tutto, caricando sulle mie spalle anche ciรฒ che esula dai doveri in nome di una relazione ansiosa, feticistica, magari addirittura simbiotica con le cose da fare; posso dare, osservando i miei doveri e guardando ai miei diritti, in nome del senso, in nome della sensatezza che appartiene al mio lavoro, al mio studio, che incontro nelle risonanze personali e comunitarie. Posso dare secondo la misura del senso, che non coincide nรฉ con la qualitร nรฉ con la quantitร , ma entrambe le comprende in un orizzonte piรน ampio.
Carmine Carano SJ
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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato



