Leggere questa parabola staccata dai brani successivi che piรน si concentrano sulla ricchezza e sullโuso dei beni da parte del cristiano ci aiuta a non perderne la forte valenza escatologica, lโurgenza di conformare il nostro comportamento alle esigenze del Regno che viene in un tempo che si รจ fatto breve con la venuta del Signore nella carne. Del resto, per Luca la problematica ricchezza-povertร che attraversa tutto il suo vangelo ha una portata rivelativa prima e piรน ancora che etico-morale: ci sarebbe infatti poco di etico nel comportamento dellโamministratore infedele.
Infatti, come giร nella parabola del โfigliol prodigoโ, il climax, il punto culminante e illuminante dellโintera vicenda giunge soltanto alla conclusione. Qui come lร ci sono degli antefatti che non lasciano intravvedere nulla di positivo per il โpeccatoreโ che ci rappresenta tutti: anzi, ci sono prospettive di vicolo cieco sia per il figlio minore uscito di casa che per lโamministratore di iniquitร . Qui come lร cโรจ una rapida, astuta, โprudenteโ (cioรจ accorta, scaltra) pausa di riflessione: โMi alzerรฒ, andrรฒ da mio padreโ (Lc 15,18); โSo io che cosa farรฒโ (v. 4). Un abile calcolo alla ricerca del male minore, di una soluzione di sopravvivenza minimale una volta percepita la perdita della vita piena. Il figlio โritornรฒ in sรฉโ (Lc 15,17), lโamministratore โdisse tra sรฉโ (v. 3). Accortezza della disperazione, scaltrezza da cielo chiusoโฆย
Ma la conclusione, di cui il protagonista รจ il padre, il signore-padrone, รจ sconvolgente: un abbraccio e una festa, una lode pubblica anzichรฉ una punizione ancor piรน severa. Eccessiva bontร di un padre, ingiusto verso il figlio maggiore? Dabbenaggine di un padrone due volte defraudato da un amministratore che allo sperpero aggiunge la truffa, con la complicitร interessata di debitori a loro volta disonesti? O non piuttosto follia dellโamore di Dio, scandalo di una croce vissuta in riscatto di peccatori iniqui e non di persone dabbene?
ร di Dio che ci parlano queste parabole, รจ del nostro rapporto con lui, di un rapporto nel presente e nel futuro o, meglio, del rapporto futuro che irrompe nel presente. E in questo tempo che si รจ fatto breve ci sono dei beni, poca cosa rispetto al molto che ci attende, ma sufficienti per determinare la qualitร di ciรฒ che ci attende. La ricchezza, come diranno i versetti immediatamente successivi al nostro brano, รจ di per sรฉ di iniquitร perchรฉ, letteralmente, non รจ equa, non รจ condivisa, non รจ patrimonio comune. E quanto ci viene affidato รจ sempre altrui, non รจ nostro, non possiamo diventarne i padroni, i signori. Per quanto scaltri, iniqui, accorti possiamo essere, non possiamo mai far sรฌ che la ricchezza sia nostra per sempre: il ricco colto dalla morte mentre sogna nuovi granai ce lo ricorda. Perรฒ possiamo determinare o, meglio, svelare di chi รจ la vera ricchezza, possiamo dare un volto al vero padrone delle nostre vite. La nostra condotta quotidiana dichiara chi รจ il Signore dei nostri beni piรน cari: Mammona-Denaro oppure il Dio misericordioso?
Abbiamo tra le mani dei doni che non ci appartengono e che sono figura efficace della ricchezza vera che ci attende. Se pretendiamo di disporne come nostra proprietร privata assoluta, ci sentiremo dire dal Signore: โAmico, io non ti faccio torto โฆ Prendi il tuo e vatteneโ (cf. Mt 20,13.14). Se invece ne avremo disposto nella condivisione e nella solidarietร , come proprietร altrui, lโaltro, Dio stesso ci dirร : โFiglio, tutto ciรฒ che รจ mio, รจ tuo! Entra anche tu nella gioia del tuo Signore!โ (cf. Lc 15,31).
fratel Guido
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