Luciano Manicardi – Commento al Vangelo di domenica 1 Agosto 2021

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Lโ€™opera della fede

Con la pagina evangelica odierna il Lezionario dellโ€™annata B ci fa entrare in quel discorso sul pane di vita, contenuto nel capitolo sesto del IV vangelo, che ci accompagnerร  ancora per alcune domeniche. Il testo inizia parlando di una ricerca ansiosa da parte delle folle nei confronti di Gesรน. Unite ai precedenti vv. 22-23, le annotazioni di Gv 6,24-25 mostrano lโ€™affanno delle folle che tentano di capire dove sia Gesรน ricostruendo dove, come e quando possa essersi spostato. Importante รจ lโ€™annotazione di Gv 6,23 che menziona il luogo dove le folle โ€œavevano mangiato il paneโ€. Lโ€™annotazione del narratore indica ciรฒ che รจ rimasto impresso nel cuore e nella mente, nella memoria delle folle. Ciรฒ che ricordano di quanto avvenuto: โ€œhanno mangiato il paneโ€. Questo dato interiorizzato muoverร  la loro ricerca. Il carattere un poโ€™ confuso di questa descrizione โ€“ che ci fa entrare nellโ€™ansia delle folle che vedono solo una barca e che Gesรน non era salito con i discepoli sulla barca (Gv 6,22), che poi vedono altre barche giunte da Tiberiade (Gv 6,23), e che infine si rendono conto che Gesรน โ€œnon era piรน lร โ€ (Gv 6,24) sicchรฉ esse salgono a loro volta su barche e si dirigono a Cafarnao โ€“ mostra una ricerca abitata da angoscia, piรน frenetica che lucida. E, quando trovano Gesรน, chiedendogli โ€œQuando sei venuto qua?โ€ (Gv 6,25), sembrano interessate piรน alla concreta modalitร  dei suoi spostamenti e a come abbia potuto sfuggire al loro controllo che non ad altro.

Nel lettore sorge la domanda: โ€œChe cosa cercano cercando Gesรน?โ€. E, in effetti, le parole di Gesรน mettono in questione la loro ricerca. E ne svelano il motivo recondito: โ€œVoi mi cercate non perchรฉ avete visto dei segni, ma perchรฉ avete mangiato di quei pani e vi siete saziatiโ€ (Gv 6,26). Vi รจ dunque una ricerca di Gesรน le cui motivazioni sono discutibili, anzi, sono apertamente criticate da Gesรน stesso. Una ricerca che fa di Gesรน colui che soddisfa un bisogno, che colma un vuoto, che sazia una mancanza, e che dunque rinchiude lโ€™uomo nelle proprie necessitร  senza aprirlo al desiderio. Questa ricerca รจ centrata sul bisogno dellโ€™uomo, non sulla gratuitร  di Dio, e il suo orizzonte resta quello del presente, senza aprirsi alla novitร  e al futuro di Dio. Questa ricerca resta nella logica della pretesa, e si amputa la dimensione della speranza. Il passaggio che Gesรน chiede di fare, dicendo โ€œOperateโ€, โ€œDatevi da fareโ€, โ€œMettetevi allโ€™opera per il cibo che non perisce, ma che dura per la vita eterna e che il Figlio dellโ€™uomo vi darร โ€ (Gv 6,27), รจ passaggio dalla logica del bisogno a quella del desiderio.

E il desiderio รจ per sua definizione inesauribile, essendo il senso che lo seduce e lo attrae. La ricerca del Signore รจ chiamata a diventare desiderio di Dio. Il desiderio รจ costitutivamente segnato da una non pienezza, e si interessa al Donatore piรน che ai doni. Il desiderio cerca la relazione e si apre alla libertร  dellโ€™altro. Quando Gesรน rimprovera le folle dicendo che esse lo cercano non perchรฉ hanno visto dei segni ma hanno saziato il loro appetito, dice appunto che esse non hanno saputo passare dal dono del pane al Donatore, non hanno colto simbolicamente la realtร , non hanno riconosciuto in Gesรน colui che narra e testimonia la presenza del Dio che โ€œdร  il pane a ogni carneโ€ (Sal 136,25). Non hanno fatto il salto della fede e sono rimasti ancorati alla materialitร  del dono e dunque alla schiavitรน del bisogno.

Richiesti di operare per il cibo che non perisce, gli interlocutori di Gesรน gli chiedono che cosa debbano fare per compiere โ€œle opere di Dioโ€ (cf. Gv 6,28). Appunto: che fare per operare per il cibo che rimane? Che fare per compiere ciรฒ che piace a Dio? Rispondendo, Gesรน non rinvia a โ€œopere buoneโ€, non chiede di compiere le opere del digiuno, dellโ€™elemosina e della preghiera. La risposta di Gesรน spiazza la domanda attuando il passaggio dalle molte opere allโ€™unica opera, e addirittura identificando lโ€™unica opera con la fede: lโ€™opera รจ la fede! La diatriba tra fede e opere รจ superata da Giovanni con lโ€™affermazione che la fede รจ lโ€™opera essenziale e necessaria. Lโ€™opera che dร  senso, orientamento e sacramentalitร  alle opere. Lโ€™opera di Dio, cioรจ che consente a Dio di operare nellโ€™uomo, รจ la fede, โ€œcredere in colui che egli ha mandatoโ€ (Gv 6,29).

Ovvero, in quel Figlio dellโ€™uomo su cui si รจ posato lo Spirito santo (Gv 1,33), che dice le parole di Dio e dona lo Spirito senza misura (Gv 3,34) e proprio cosรฌ nutre la fame profonda dellโ€™uomo. La risposta di Gesรน spiazza anche le dicotomie e le sterili contrapposizioni che spesso affliggono i cristiani: tra fede e opere, tra dimensione verticale e dimensione orizzontale, tra contemplazione e azione, tra servizio e preghiera. In veritร  la fede รจ lโ€™unica cosa necessaria. Il problema non si situa dunque sul piano del โ€œche fare?โ€, ma del โ€œchi sono?โ€: il cristiano รจ anzitutto un credente. Uno che fa della fede la propria responsabilitร , il proprio lavoro, la propria fatica, la propria lotta. In una parola: la propria opera quotidiana. Credere รจ un lavoro. E la fede รจ lasciare che Dio operi nellโ€™uomo.

In quellโ€™โ€œoperare per il donoโ€ vi รจ anche lโ€™equilibrio tra sforzo e grazia, tra tensione umana e dono divino: si tratta di disporre tutto se stessi per essere pronti a ricevere il dono di Dio, aperti alla sua azione. La fede apre a questa feconda sinergia.

Ma la risposta di Gesรน non viene recepita e compresa in profonditร  dai suoi interlocutori che gli chiedono di nuovo un segno che legittimi la sua autoritร  e li abiliti a โ€œvedere e credereโ€ (cf. Gv 6,30). E per dare fondamento e forza alla loro richiesta, le folle citano lโ€™episodio avvenuto durante lโ€™esodo dei figli dโ€™Israele dallโ€™Egitto, quando il dono della manna legittimรฒ lโ€™autoritร  di Mosรจ (Es 16,4.15; Sal 78,24). La rinnovata richiesta di segni รจ in realtร  richiesta di prodigi, di miracoli: siamo ancora nellโ€™ottica aborrita da Gesรน per cui chi ha visto i suoi segni vuole farlo re (Gv 6,14-15). Siamo nellโ€™ottica del mercimonio: โ€œdacci pane, saziaci e noi ti crederemoโ€. Ci si situa sul piano dello scambio dei favori. Una logica interna alle dinamiche del potere. In realtร , alla logica del โ€œvedere per credereโ€ delle folle, Gesรน oppone di fatto il โ€œcredere per vedereโ€. Non dirร  forse Gesรน a Marta: โ€œNon ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?โ€ (Gv 11,40). Mentre Tommaso formulerร  questa sorta di sconfessione di fede: โ€œSe non vedo, โ€ฆ io non credoโ€ (Gv 20,25). E Gesรน proclamerร  la beatitudine di chi crede senza avere visto: โ€œBeati quelli che non hanno visto e hanno credutoโ€ (Gv 20,29). La fede apre gli occhi e consente di risalire dal segno al suo significato profondo, dal dono al Donatore, dalla realtร  materiale alla sua dimensione simbolica, dal pane materiale al โ€œpane della vitaโ€ (Gv 6,35), il โ€œpane veroโ€ (Gv 6,32), il โ€œpane di Dioโ€ (Gv 6,33), il pane che non รจ frutto della terra, ma โ€œche discende dal cieloโ€ (Gv 6,33).

Ora, alla citazione scritturistica presentata dai suoi interlocutori (Gv 6,31), Gesรน risponde cosรฌ: โ€œNon รจ Mosรจ che vi ha dato il pane dal cielo, ma รจ il Padre mio che vi dร  il pane del cielo, quello veroโ€ (Gv 6,32). Gesรน ribatte operando un passaggio: non Mosรจ, ma Dio, anzi, โ€œil Padre mioโ€ (Gv 6,33); non โ€œdiedeโ€, ma โ€œdร โ€: il passaggio รจ dal passato allโ€™oggi, allโ€™attualitร  del dono. E soprattutto, il punto culminante del passaggio, che diviene anche indicazione del compimento della liberazione dellโ€™esodo e della storia di salvezza, รจ la rivelazione che questo pane รจ il Cristo stesso: โ€œIo sono il pane della vitaโ€. La pericope evangelica di questa domenica si arresta su questa autorivelazione: โ€œIo sono il pane della vita; chi viene a me non avrร  fame e chi crede in me non avrร  sete, maiโ€ (Gv 6,35).

Ora, il Cristo nutre il credente anzitutto essendo Lรณgos, rivelazione di Dio, Sapienza, Parola. Come giร  la manna nellโ€™Antico Testamento era pedagogia divina affinchรฉ i figli dโ€™Israele capissero che โ€œlโ€™uomo non vive di solo pane, ma di quanto esce dalla bocca di Dioโ€ (Dt 8,3), cosรฌ ora, Gesรน, quale pane di Dio, รจ cibo celeste, parola che dร  vita, rivelazione di Dio. In Gesรน pane di vita che dona vita al mondo si condensano le figure della Legge, della sapienza, della rivelazione, della parola di Dio che lโ€™Antico Testamento presenta come capaci di nutrire spiritualmente lโ€™uomo. Il capitolo sesto di Giovanni mostra Gesรน quale pane di vita nel duplice senso di parola di Dio e di cibo e bevanda eucaristici (questo, soprattutto nella sezione eucaristica di tale discorso: vv. 51c-58). Anche la parola di Dio รจ nutrimento. Mangiare la parola (della Legge: Sal 119,103; profetica: Ger 15,16; Ez 2,8-3,3; sapienziale: Pr 9,1-6; 24,13-14; Sir 24,19-21) รจ accogliere il dono di Dio, assimilare la sua volontร , entrare nella sua vita lasciando che la sua vita entri in noi e ci trasformi. Occorre qui pensare alla tradizione patristica, ripresa dal Concilio Vaticano II, della duplice mensa della Parola e dellโ€™Eucaristia. Ha scritto san Gerolamo: โ€œPoichรฉ la carne del Signore รจ vero cibo e il suo sangue vera bevanda, secondo il senso anagogico, questo รจ lโ€™unico bene nel mondo presente: cibarci della sua carne e del suo sangue non solo nel mistero dellโ€™altare, ma anche nella lettura delle Scritture. Pane di Cristo e sua carne sono la Parola di Dio e lโ€™insegnamento celesteโ€ (Comm. in Eccles. III,13).


A cura di: Luciano Manicardi
Per gentile concessione del: Monastero di Bose