Dal culto liturgico al culto spirituale
Le due letture collegate, che registrano, la prima il Decalogo, e la terza la cacciata dei mercanti dal tempio, mi fanno scegliere come tema della riflessione lโanalisi del rapporto intrinseco che deve esistere tra pratica del culto e comportamento morale, un tema che penso sia il caso, ogni tanto, di mettere al centro della predicazione.
Il brano paolino non sembra avere direttamente a che fare con questo tema (meglio sarebbe stato proporre Rm 12,1-2 che parla proprio di ยซculto spiritualeยป), e meriterebbe un trattamento indipendente, anche se, a pensarci bene, il seguire โCristo crocifissoโ ha un riflesso decisivo sulla prassi morale che trova proprio lรฌ il suo cuore e il suo modello: perdere la vita per salvarla (Mc 8,35)!
I primi tre comandamenti e gli ultimi due
La Legge di Dio รจ oggi il punto di partenza della liturgia della parola. Il brano proposto รจ il codice dellโalleanza, piรน noto come Decalogo, nella versione di Es 20,1-17 (unโaltra si trova in Dt 5,5-21). Di solito quelli che sono noti come i dieci comandamenti vengono presentati come due gruppi di โdoveriโ: i primi tre quelli verso Dio, gli altri sette quelli verso il prossimo. A voler essere piรน precisi, forse sarebbe meglio dividerli in tre gruppi: tre obblighi verso Dio, quattro verso il prossimo, due comandi infine che, piรน che relativi ad azioni da fare, riguardano il controllo del desiderio. Lโosservazione non รจ secondaria, perchรฉ lร dove nel vangelo, nel discorso della montagna, Gesรน spiega lโatteggiamento da tenere nei confronti della Legge, sottolinea proprio che, oltre ad evitare di compiere azioni sbagliate, รจ necessario sorvegliare e custodire il desiderio (Mt 5,27-28).
Colpisce in ambedue le versioni del Decalogo lโespansione che appare sproporzionata dei comandi che riguardano Dio. Bisogna fare attenzione, perchรฉ pare di poter dire che, nella percezione dei piรน, il primo non conta molto, il secondo si riduce a non โbestemmiareโ, e il terzo รจ lโobbligo di andare a messa la domenica. ร lโeffetto, purtroppo, del ridurre la religione e la fede a โcoseโ da fare o da non fare. Penso sia un problema di tutte le religioni, almeno delle tre, ebraismo, cristianesimo e islam, che si rifanno alla fede di Abramo.
Le โcoseโ sono indubbiamente importanti, perchรฉ senza azioni, i sentimenti e le intenzioni finiscono per essere aria e pii desideri che si perdono nelle nuvole. Il risultato perรฒ รจ il rischio di cadere in quello che viene chiamato โformalismoโ e, nel peggiore dei casi, โmoralismoโ. Si ricordi la preghiera del fariseo, che si sentiva a posto perchรฉ rispettava le โnormeโ, addirittura anche facendo di piรน di ciรฒ che era comandato, ma purtroppo il suo cuore era molto lontano da quello di Dio perchรฉ, tutto gonfio della sua โgiustiziaโ, finiva per โdisprezzareโ chi non faceva โle coseโ che faceva lui (Lc 18,9-14): si ricordi che la parabola fu raccontata ยซper alcuni che avevano lโintima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altriยป.
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Forse oggi sarebbe il caso di soffermarsi sui primi tre e sugli ultimi due comandamenti, e cioรจ chiedersi su che idea abbiamo di Dio e in quale considerazione teniamo i nostri desideri.
Purtroppo, il catalogo presentato nei catechismi, e che resta nella nostra mente, recita ยซIo sono il Signore tuo Dio: non avrai altro Dio fuori di meยป. La frase, disgraziatamente, omette le parole che descrivono proprio chi รจ questo Dio: ยซIo sono il Signore tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra di Egitto, dalla condizione servileยป. Lโomissione proietta gli ordini in una sfera generica, fa uscire Dio dalla โstoriaโ nella quale invece il Dio della Bibbia entra in continuazione e in vari modi, non solo con la creazione, ma anche attraverso quegli eventi che chiamiamo โstoria della salvezzaโ.
Non so se si รจ pensato che noi non cโentriamo niente con lโEgitto, ma si dimentica che il vero centro della frase รจ che Dio รจ venuto a noi come un โliberatoreโ, e che dunque i suoi โordiniโ si muovono nella stessa linea: sono una scuola, un cammino che ci porta alla nostra vera liberazione.
Il quarto ci invita alla riconoscenza e al rispetto, il quinto a rispettare la vita, il sesto a rispettare il nostro corpo e quelli degli altri come โtempio abitato da Dioโ, il settimo a rispettare ciรฒ che non ci appartiene, lโottavo ad essere trasparenti e a non mentire ingannando gli altri con la falsitร .
I primi tre, poi, hanno la funzione di educare una fede retta, che prevede
1) una corretta idea di Dio, quel Dio che Gesรน, il Figlio unigenito fatto carne, ci ha โnarratoโ (cf. Gv 1,18) con le sue parole e il suo esempio, da non confondere con tutti gli idoli che siamo molto bravi a crearci: potere, denaro, sesso;
2) un parlare seriamente di lui, evitando di usare il suo nome a vanvera, con la bestemmia e con futili chiacchiere;
3) santificare la festa consacrandola al โriposoโ, che รจ ben di piรน che andare a messa, che non vuol dire solo nรฉ soprattutto ascoltare la predica, ma capire sempre meglio il significato dei riti (che andrebbero spiegati ogni tanto!) per aderirvi con il cuore, e far sรฌ che, allโuscita, ci sentiamo un poโ diversi da come siamo entrati.
E, alla fine, cโรจ da dare i conti con il desiderio circa ciรฒ che appartiene al nostro prossimo, moglie e casa, servi e serve ecc. In prosa: si tratta di controllare quellโistinto allโโingordigiaโ, radice di tutti i mali (cf. 1Tm, 6,10).
Se poi si vogliono altri esempi, non resta che prendere il testo di Rm 12, anche solo in parte, ottima base per condurre lโesame di coscienza, quello quotidiano e quello con cui ci prepariamo alla confessione, dove si spiega con ricchezza di dettagli in cosa consista il โsacrificio spiritualeโ, che dร veritร al โsacrificio cultualeโ che celebriamo nella messa.
La croce come dono di sรฉ
Sul secondo brano (1Cor 1,22-25) si puรฒ transitare velocemente. Collocato nella linea delle letture di oggi, basta sottolineare che, come seguaci di Gesรน crocifisso, siamo chiamati a portare la nostra croce ยซogni giornoยป (Lc 9,23) intendendo con โcroceโ, non solo la pazienza nelle prove, ma anche e soprattutto la generositร gratuita che si esprime nel dono di sรฉ in aiuto di quanti possono aver bisogno di noi.
Come i comandamenti sono la via della libertร vera, cosรฌ la croce puรฒ essere fonte della gioia piรน pura (cf. 2Cor 7,4), cosa che sarร anche ยซscandalo per i giudei e stoltezza per i pagani, ma per coloro che sono chiamati, sia giudei che greci, Cristo รจ potenza di Dio e sapienza di Dioยป, potenza e sapienza rivelate proprio nella croce.
Comandamenti: i primi tre e gli ultimi due
Il vangelo (Gv 2,13-25) presenta una tentazione facile: quella di sproloquiare contro i โmercanti del tempioโ, contro le โricchezze della Chiesaโ e magari pronunciare anatemi contro il โcommercio di souvenirsโ per i pellegrini che affollano i santuari.
La scena รจ descritta da Giovanni con toni di una violenza inaudita, ed รจ facile esserne contagiati. Ma non perdiamo tempo in queste denunce. Sfoghi del genere, soprattutto in predica, non servono a niente.
Il brano, che nei sinottici appare alla vigilia della cattura di Gesรน e della sua passione (Mt 21,12-13; Mc 11,15-19; Lc 19-45-48), รจ messo invece da Giovanni nelle primissime pagine del suo vangelo. La prima scelta sottolinea nellโepisodio la causa prossima dellโarresto e della condanna di Gesรน (Mc 11,18; Lc 19,47); Giovanni, al contrario, vede nella โpurificazione del tempioโ una sorta di programma di partenza in cui leggere uno degli scopi principali per cui il Figlio รจ venuto nel mondo, e anche โ e soprattutto โ per dire subito che il tempio ha esaurito la sua funzione, e che ora il โluogoโ principe della presenza di Dio sulla terra รจ il corpo di Gesรน di Nazaret.
Siamo in Quaresima, tempo di conversione e di penitenza, progettato per aiutarci ad โagitare le acque del nostro battesimoโ. La conseguenza prima e piรน importante รจ capire che le parole di Gesรน, oggi, sono rivolte a noi. La prima reazione che dovrebbero suscitare in noi รจ la lode e il rendimento di grazie: non รจ questo il significato di โeucaristiaโ?
Lโincarnazione del Figlio di Dio, infatti, ha portato il segno della sua presenza non piรน in un mucchio di pietre, ma in un corpo vivo. E questo cambia tutto. Sono personalmente molto contento di vedere quante cose magnifiche lโarte cristiana ha prodotto nei secoli, chiese e monasteri, incluse le tante gloriose rovine che costeggiano i paesaggi della nostra Europa. Ma quando entro in una grande cattedrale, o visito unโabbazia, anche nei suoi resti gloriosi, mi viene istintivo pensare alle tante folle che hanno pregato in questi luoghi: ยซLa mia casa si chiamerร casa di preghiera per tutti i popoliยป (Mc 11,17): รจ questo che rende sacro il luogo del culto.
ร quanto annota T.S. Eliot nella visita a Little Gidding, un villaggio inglese dove, nel 1626, fu fondata da Nicholas Ferrar una comunitร religiosa molto simile a quella di Port-Royal frequentata da Pascal. Nella comunitร trovรฒ rifugio il re Carlo I in fuga dopo che era stato sconfitto dallโesercito puritano guidato da Oliver Cromwell, che, una volta diventato Lord Protettore, la soppresse.
Ecco il brano: ยซSe passate da queste parti / Per una qualsiasi strada, venendo da qualsiasi parte, / In qualunque tempo e in qualunque stagione, / Sarebbe sempre lo stesso: dovreste disfarvi / Dei sensi e della ragione. Non siete qui per verificare, / Per istruirvi o soddisfare la vostra curiositร / O per fare un rapporto. Siete qui per inginocchiarvi / dove la preghiera รจ stata valida. E la preghiera รจ piรน / Che un ordine di parole, o lโoccupazione consapevole / Di una mente che prega, o il suono della voce che prega. / E quello per cui i morti non trovavano parole da vivi, / Ora che sono morti ve lo possono dire: la comunicazione / Dei morti ha lingue di fuoco al di lร del linguaggio dei vivi. / Qui, lโintersezione del momento senza tempo / ร lโInghilterra e nessun luogo. Mai e sempreยป (Quattro Quartetti, โLittle Gidding / Iโ).
La seconda reazione al racconto della cacciata dei mercanti dal tempio potrebbe essere quella di chiederci quanto di โmercantileโ puรฒ esserci nel nostro modo di vivere la fede, ed รจ questo che in noi deve essere โpurificatoโ. Ma lo spazio รจ esaurito, e di questo si รจ giร detto quanto basta sulla necessitร di passare da un culto liturgico al sacrificio spirituale alla luce di Rm 12.
Fonte – Settimana News | Commento a cura di Nico Guerini
